Recensioni e Segnalazioni

Il presente non basta. La lezione del latino

Il latino evoca un lascito non solo storico, cultuale e linguistico ma anche simbolico: si scrive «latino», ma si legge «italiano, storia, filosofia, sapere scientifico e umanistico, tradizione e ricchezza culturale».
Non è un reperto archeologico, uno status symbol o un mestiere per sopravvissuti; è il tramite che – oltre Roma – ci collega a Gerusalemme e ad Atene, l'eredità che ci possiamo spartire, la memoria che ci allunga la vita.
È un'antenna che ci aiuta a captare tre dimensioni ed esperienze fondamentali: il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica.
Come mater certa, anzi certissima dell'italiano, il latino – lingua morta eppure resistente nell'uso comune, dal lessico economico a quello politico, medico e mediatico – ci restituisce il volto autentico delle parole, responsabilizza il nostro parlare, consente quell'«ecologia linguistica» che fa bene anche all'anima; come lingua della temporalità, ci costringe a confrontare tradizione e innovazione, ci libera dall'assedio del presente e ci rende immuni dal «provincialismo di tempo»; come lingua della res publica, della politica quale «cosa di tutti», ci ricorda che l'uso più alto della virtus risiede nel «governo della città» e che il pronome più naturale e più bello è «noi» e non «io».
Questa riflessione è tanto attuale quanto urgente di fronte alle nuove sfide delle scienze e alla pervasività delle tecnologie digitali, che possono e debbono trovare negli studia humanitatis un'alleanza naturale e necessaria. Un compito da consegnare in primo luogo alla scuola: palestra dei fondamentali del sapere e crocevia del futuro.

Dalla presentazione dell'editore