La scomparsa del nostro Presidente   [BSPN LII [1961] n.1 - pp. 3-5]

Il nostro Presidente non è più. La Sua scomparsa è per la Società storica novarese una perdita irreparabile, che ha addolorato tutti i soci. Un'attività senza posa, instancabile, ha stroncato la Sua fibra robusta. Da 15 anni presiedeva la nostra Società con un amore e con un interessamento particolari; il Suo intervento era continuo anche nelle cose minute, che spesso sbrigava personalmente. Del resto tutti i soci hanno potuto constatare come ogni anno presiedeva inappuntabilmente radunanza generale della Società, commemorava i soci defunti, discuteva i bilanci della Società stessa, curando lo svolgimento dei lavori col Suo ben noto tratto signorile, compassato, affabile, non adombrato da un neppure lontano tono di sussiego. Coloro poi che ebbero la fortuna e la ventura di lavorare al Suo fianco non possono dimenticare la Sua squisita cortesia, e soprattutto la Sua bonaria comprensione per ogni necessità, il Suo pronto intervento in ogni problema che richiedesse accorgimento, decisione, avvedutezza.

Il vuoto che lascia nella nostra Società storica è incolmabile; sentiamo che è venuto a mancare il maggior sostegno, perché all'azione amministrativa e organizzativa, aggiungeva una cultura vasta, multiforme, un'esperienza di primissimo piano, che davano lustro e decoro alla nostra Società, una dirittura morale, che gli cattivava la stima ed il rispetto di tutti.

La morte della Sua amatissima Consorte aveva intaccato il Suo cuore in quello che aveva di più intimo e di più buono; anche se apparentemente aveva ripreso col solito fervore la Sua quotidiana fatica, il Suo spirito era irremissibilmente piegato, prostrato.

Nel Suo ricordo noi continueremo questa nostra attività; la Società storica novarese, che è stata onorata dalla Sua Presidenza, mentre porge alla Sua memoria l'omaggio più devoto e deferente, si inchina reverente davanti alla Sua opera di studioso, di diplomatico, di italiano che volle servire la Patria e la Sua Città fino all'estremo delle Sue forze.

Alla famiglia dell'indimenticabile Estinto la Società storica novarese porge da queste pagine ancora una volta le sue condoglianze più vive e più sentite.

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Vittorio CERRUTI era nato a Novara il 5 Maggio 1881; si era laureato in giurisprudenza presso l'Università di Roma nel 1903. L'anno successivo entrava nella carriera diplomatica, che iniziava a Vienna, dove rimaneva fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Quando fu presentato nel maggio del 1915 l'ultimatum, il CERRUTI ricordava che Francesco Giuseppe, il quale conosceva molto bene la lingua italiana, ebbe ad esclamare: «Ora ne vedremo delle belle».

Per la vasta e profonda conoscenza che aveva acquisito negli ambienti dell'Austria, durante lo stesso conflitto era stato assegnato al Comando Supremo, raggiungendo il grado di Tenente Colonnello di Cavalleria. Dopo aver partecipato ad una breve missione in Argentina, nel 1919 prendeva parte colla rappresentanza italiana alla conferenza della pace a Parigi.

Subito dopo nel 1920 fu nominato alto commissario a Budapest, proprio durante i tragici e terribili giorni della rivoluzione comunista di Bela Kun, in cui dovette assistere agli orrori delle condanne a morte e alle feroci rappresaglie. Fu in quel tempo che conobbe Elisabetta De Paulay, figlia di Edoardo già direttore del Teatro Nazionale ungherese, donna coltissima ed intelligentissima, scrittrice efficace, che egli sposò il 2 giugno 1923 a Shanghai, essendo stato nominato Ministro plenipotenziario e ambasciatore in Cina. A Pechino ebbe modo di seguire in quegli anni fortunosi i primi sviluppi della repubblica cinese. Nel 1927 lo troviamo ambasciatore a Mosca, dove rimase fino al 1930 e dove ebbe modo di vedere da vicino il mondo sovietico e di conoscere il piccolo padre Stalin.

Successivamente è inviato a Rio de Janeiro, accolto calorosamente e con grandi dimostrazioni di stima e di amicizia. Quivi poteva assistere all'arrivo della crociera aerea di Balbo, evento che il Nostro ricordava ancora con commozione.

Nel 1932 è a Berlino, proprio agli inizi dell'affermazione di Hitler e del nazismo. Non riesce ad andar d'accordo con Goering e con Goebbles, l'occupazione dell'Austria da parte della Germania lo indigna. Eccolo quindi a Parigi nel difficilissimo periodo delle sanzioni contro l'Italia. Egli si da opera a smussare i contrasti, ad attenuare le divisioni, a placare gli animi approfittando delle numerose amicizie che contava in Francia.

Non condivide più la politica instaurata dal governo fascista ed il ministro Ciano nel 1937, dopo ben 33 anni di attività diplomatica, lo esonera dalle funzioni e lo colloca a riposo.

Lasciata la brillante carriera diplomatica svoltasi nelle maggiori capitali del mondo, a 56 anni si ritira a Novara insieme alla Sua consorte. Lo troviamo a riprendere la Sua attivit subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, quale Presidente della Banca Popolare di Novara, che tiene dal 1946 fino alla morte, avvenuta il 25 Aprile 1961.

Egli era anche consigliere della Banca Italo-Francese per l'America del Sud con sede a Parigi, dove si recava spessissimo in questi anni.

Dal 1946 era anche Presidente della nostra Società storica novarese; stava riordinando altri scritti della Consorte, che si ritiene possano uscire presto in un nuovo volume.

Solenni furono le onoranze funebri che la cittadinanza novarese ebbe a tributare all'Estinto; un lungo corteo di autorità, di funzionari di banca, di popolo accompagnò la salma fino alla Basilica di S. Gaudenzio.

Di qui la bara proseguiva per Valenza per essere sistemata nella tomba di famiglia, e dove fu accompagnata da una lunga colonna di macchine, che portavano gli amici, gli estimatori, i conoscenti per un ultimo e affettuoso addio alla salma dello Scomparso.

Premio Città di Novara   [BSPN LII [1961] n.1 - pp. 6-7]

La Commissione nominata, a termini del Bando di Concorso, per il premio «CITTÀ DI NOVARA» si è riunita, in prima seduta ordinaria il giorno 30 Gennaio 1961, per esaminare le eventuali tesi di laurea, discusse nel decorso anno, di argomento storico o artistico riguardante la Città di Novara o Provincia, pervenute alla Società in sequito al Bando stesso.

La Commissione ha preso atto che una sola tesi di laurea sull'argomento era pervenuta, e cioè quella della Dott.ssa Giuseppina GHEZZI, tesi discussa nell’anno accademico 1959-60, e precisamente il 17 giugno 1960, presso la Facoltà di Magistero dell'Università Cattolica del S. Cuore di Milano, essendo relatore il Chiar.mo Prof. Cinzio VIOLANTE, e che ha riportato una votazione di 110/110.

La tesi presa in esame è intitolata: I canonici della Cattedrale di Santa Maria di Novara fino al sec. XII.

La Commissione, dopo aver letto attentamente la tesi, si riuniva nuovamente in data 10 febbraio e formulava il seguente giudizio:

La tesi di laurea della Dott.ssa Giuseppina GHEZZI «I canonici della Cattedrale di Santa Maria di Novara fino al sec. MI» è un accurato lavoro di ricerca storica attorno alla formazione stessa del Capitolo Cattedrale e alla conseguente costituzione del suo vasto patrimonio terriero ora scomparso.

Il lavoro, anche se non ha potuto essere condotto direttamente sulle fonti originarie, ha il notevole pregio di costituire il coordinamento di riordino delle fonti stesse, ottenuto con diligenza e profondità attraverso è vari studi precedenti.

Allo studioso di storia locale esso darà un valido ausilio essendo un preciso e, si potrebbe dire, completo repertorio di tutte le fonti consultabili e di tuttîì gli studi finora attuati su questo argomento nel delicato periodo che conduce al XII secolo, in questo scorcio importante e complesso della storia religiosa e civile del Novarese.

Pertanto la Commissione delibera all'unanimità di proporre per il Premio «CITTA’ DI NOVARA» la suddetta Dott.ssa Giuseppina GHEZZI, la cui tesi verrà, a norma del Bando, pubblicata dal Bollettino Storico per la Provincia di Novara.

Letto ed approvato. Novara, 10 Febbraio 1961.
LA COMMISSIONE
Prof. Dr. ALESSANDRO ASPESI
Mons. Prof. LINO CASSANI - Presidente
Prof. Sac. ANGELO STOPPA - Relatore

Vita della Società   [BSPN LII [1961] n.1]

Verbale dell'Assemblea del giorno 11 marzo 1961   [BSPN LII [1961] n.1 - pp. 97-99]

Nella sala delle miniature del Museo Civico — Palazzo del Broletto — (g.c.) sabato 11 marzo 1961, alle ore 16 in prima convocazione, ed alle ore 16,30 in seconda convocazione, si è riunita l'Assemblea annuale della Società Storica Novarese per discutere il seguente ordine del giorno:
1) Lettura e approvazione del verbale della precedente assemblea
2) Comunicazioni del Presidente
3) Rendiconto economico dell'esercizio 1960, sua discussione ed eventuale approvazione
4) Varie.

Sono presenti il Presidente: Dott. Cav. di Gr. Croce Vittorio Ambasciatore d’Italia CERRUTI; IL Vice Presidente: Dott. Prof. Vittorio LEIGHEB; Il Direttore del Bollettino: Prof. Alessandro ASPESI; Il Segretario Tesoriere: Cav. Remo FUMAGALLI; I Consiglieri: Mons. Prof. Lino CASSANI; Avv. Quintino PIRAS; Dott. Prof.ssa Maria Giovanna VIRGILI; Avv. Cav, Giovanni STOPPANI.

Data lettura del verbale della seduta precedente il Presidente procede alle sue comunicazioni, dì cui si trascrive integralmente il testo.

La S.S.N. ha svolto anche nel 1960 la propria attività pubblicando i due Bollettini storici curati con grande acume e passione dal Preside Professor Alessandro Aspesi. Essi costituiscono un ulteriore notevole apporto alla conoscenza delle vicende storiche, artistiche, economiche della Provincia di Novara. Constano di oltre 140 pagine ciascuno e sono corredate da illustrazioni.

Fu nominata la Commissione esaminatrice dei lavori per aggiudicare il premio «Città di Novara» di Lire 50.000. Il Comitato esecutivo ha infatti ritenuto opportuno di rendere tale premio biennale in modo ch'esso raggruppi due delle annualità di L. 25.000 che il Municipio di Novara eroga a tale scopo. Questo premio toccò alla monografia della Dottoressa Ghezzi di Meina, dal titolo «I canonici della Cattedrale di S.ta Maria dì Novara fino al secolo XII» che sarà pubblicata nel Bollettino Storico del 1961.

Il numero dei nostri soci è aumentato, e questo consenso ci è riuscito assai gradito. L'Assemblea apprezzerà il gesto che è stato compiuto pochi giorni fa dalla Signora Omarini Borroni che rimise alla S.S.N. la somma di L. 50.000 in memoria del suo compianto consorte. Il Comitato Direttivo ha ritenuto di dedicare alla memoria del socio scomparso e rimpianto la somma di L. 20.000, mentre ha destinato le altre L. 20.000 ad iscrivere fra i Soci vitalizi la Signora Rosina Omarini-Borroni.

Non poche furono anche nello scorso anno le ansie che procurò al Direttore del Bollettino Storico la sua stampa, che occorre sia accurata e soprattutto completa ad epoche determinate. Il problema potè essere risolto non senza difficoltà, ma in modo perfetto, anche se fu necessario fare ricorso all'intervento legale del socio Avv. Stoppani per indurre lo stampatore inacempiente a consegnare il materiale in sue mani alla nuova tipegrafia che è quella Riva di Novara.

L’invito rivolto ai Soci, in conformità della deliberazione adottata dall'Assemblea Generale dello scorso anno di elevare la quota annua dei soci ordinari da L. 1.000 a L. 2.000 e quella dei Soci benemeriti da L. 2.000 a L. 5.000 è stato accolto con comprensione, come pure la proposta fatta ai soci fondatori di integrare la quota di L. 10.000 con altra maggiore lasciata alla loro discrezione.

Il bilancio dello scorso esercizio è stato distribuito a tutti i soci. Esso è attivo, con un avanzo di L. 309.547, che, aggiunto a quello anteriore, costituisce la somma di L. 1.067.403.

La S.S.N. ancorché sia il maggiore Ente culturale della Provincia, non potrebbe peraltro vivere ed essere fra le più attive sue consorelle qualora dovesse contare unicamente sui proventi delle quote sociali. Grande è quindi la nostra gratitudine agli Enti che, con le loro erogazioni, ci consentono di perseverare ad indagare e far conoscere la storia, l'arte e le attività economiche ed agricole della nostra regione, che ben a ragione è considerata come una delle fulgide gemme del nostro Paese.

Il Comune di Novara, oltre a darci un contributo annuo di L. 100.000 ci è stato in ogni occasione largo di comprensione e di appoggio, cosicchè il Comitato Direttivo ha deliberato di proporre alla Assemblea Generale che ad esso venga conferita la tessera di «Socio onorario». Avuta la vostra approvazione, dato che il Commissario Straordinario del Comune ha voluto onorare della sua presenza questa nostra assemblea, rimetto al Dr. Luigi Farrace lu tessera stessa unita ai nostri ringraziamenti calorosi che vanno pure alle passate Amministrazioni.

Un'altra proposta vi fa il Comitato Direttivo; pure questa destinata a dimostrare la nostra riconoscenza per la premurosa assistenza e l’alta competenza sempre prestata alla S.S.N. in materia d’arte dalla Sovraintendenza alle Gallerie ed Opere d’arte del Piemonte: quella di rimettere alla Signorina Noemi Gabrielli la tessera di «Socio Onorario» per la Sovraintendenza, alla quale con tanta attività presiede.

L'Amministrazione provinciale, l'Associazione degli Industriali e la Camera di Commercio ci hanno elargito anche nello scorso anno Lire 50.000 ciascuna, L. 25.000 l'Ente Provinciale del Turismo, L. 90.000 l'Ente Cellulosa che assegna contributi alle maggiori pubblicazioni culturali italiane ed infine, ancorché con maggiore larghezza, conforme alla tradizionale sua generosità, la Banca Popolare di Novara ci ha erogato Lire 350.000. La Cartiera Burgo, con gesto signorile, non ha voluto compenso anche nello scorso anno per il quantitativo di carta occorrente alla pubblicazione del Bollettino Storico, quantitativo avente il valore L. 34.967.

Pongo in discussione il rendiconto economico e vi domando di dar ad esso l'eventuale vostra approvazione.

Così come fece nel 1959, la S.S.N. procurerà nelle prossime settimane di collaborare nel modo migliore all'allestimento della Mostra che, nel centenario della costituzione del Regno d'Italia, verrà adunata a Novara, per lodevole iniziativa del Commisario Straordinario del Comune per raccogliere cimeli, ritratti, documenti attinenti al secolo che va dal 1861 ai giorni nostri.

Con ciò avrei terminato la mia relazione, senonchè il fondatore della S.S.N,, Reverendissimo ed amato Monsignor Lino Cassani, la cui instancabile attività forma l'ammirazione di tutti, mi ha fatto presente, dando cosi prova della sua giovanile energia, che sarebbe opportuno ritornare ad una costumanza di alcuni decenni or sono, quella di non chiudere l'Assemblea Generale della S.S.N. senza che sia fatta ai soci preserti una comunicazione che, in questo caso, è una monografia di interesse grandissimo e prova la vasta coltura e la conoscenza che Monsignor Cassani ha di ogni argomento della nostra regione.


Do la parola a lui. Prende quindi la parola Mons, Cassani, che tratta il seguente argomento:

LA COLTIVAZIONE DELL’ULIVO NEL NOVARESE   [BSPN LII [1961] n.1 - pp. 100-102]

Non è una novità e non dovrebbe essere una meraviglia che, un tempo la coltivazione degli ulivi fosse bastantemente diffusa nell’alto Novarese.

Ne abbiamo notizie, e prove, già ancora prima del Mille. La pergamena n. 15 dell'Archivio della nostra Cattedrale, datata 17 giugno 885, (la bellezza cioè dì 1076 anni or sono) ci dà il testamento dell’Arcidiacono Reginaldo, figlio del Conte di Pombia, dove si parla di un uliveto sul Montorfano presso la Chiesa di S. Giovanni a Mergozzo.

Questo Arcidiacono lascia il suo uliveto sul Montorfano al Duomo ai Novara a condizione che l’olio ottenuto dalla raccolta di quelle olive venga usato esclusivamente per questa cattedrale. Anzi aggiunge che, nel caso în cui, per qualsiasi ragione, nel Duomo venisse usato olio proveniente da altri campi, questo oliveto di Montorfano dovesse ritornare in proprietà dei Conti di Pombia, che finiva poi nei Conti di Biandrate.

Da questa obbligazione, si può arguire che l’oliveto doveva essere di una discreta ampiezza. Perchè nelle chiese romaniche, come era îl duomo di Novara, a strettissime finestre, essendovi poca luce, occorreva molta illuminazione; tanto che la fabricceria delle chiese, allora, si chiamava «luminaria» per la grande spesa occorrente. Ed io stesso una ventina d’anni or sono, recatomi sul luogo, trovai, sparsi qua e là, cespugli d’olivi inselvatichiti, in un raggio di spazio molto considerevole. Ond’è che il prodotto non doveva essere scarso. Ma ora il Montorfano, che non produce più olive al suo vertice, è assai generoso alla sua base, o piuttosto nel suo seno, intendo dire nella sua cava di granito, che manda questa durissima pietra in ogni parte d’Italia e dell’estero. Mi permetto di ricordare le ottanta colossali colonne d’un sol pezzo, distribuite in quattro file, con venti colonne ciascuna, nella Arcibasilica del S. Paolo a Roma. Una visione d’imponenza e di eleganza che rivaleggia coi fori e le basiliche deì Cesari.

Ad ogni modo la sopradetta obbligazione di usare nel nostro duomo solamente l’olio proveniente dalla proprietà dei Conti di Pombia, lascia supperre che vi fossero nelle nostre terre altri oliveti pronti a fare la concorrenza.

Infatti da un documento del 998 riportato dal De Vit nella sua «Storia del lago Maggiore» si apprende che la più ampia delle Isole Borromee, era allora chiamata «Insula Olivarum». Ed il Comune di Massîno, neì più antichi documenti è lodato come «terra di vini e dì olivi ferace».

Così pure negli antichi Statuti di Novara (1) al titolo de olivis et amandolis allevandis et plantandis si trova l’obbligo per i proprietari di vigne situate nella costiera che va da Proh a Pratoria (per una ventina di chilometri) e nella costiera che va da Codimonte a Pombia (una quindicina di chilometri) a piantare un albero di olivo ed uno di mandorlo per ogni quattro staia di filare di vite. E alla legge va aggiunta la sanzione di pene gravissime per î trasgressori.

Anche il nostro Vescovo Oldrado degli Oldrardi, nel 1357, come si vede nello studio dell’avv.to Pagani (Bollett. Stor. Nov. an. VII, p. 75), emanò un ordine de olivis et amandolis plantandis, abbligando tutti i possessori di vigne o di aratori situati nella Riviera del lago d’Orta a piantare nel termine di un anno, in ciascun sestario di pertica un albero di olivo ed un altro di mandorlo; e coloro, che avessero minore superficie di terra, piantassero almeno un albero di olivo. E qui la multa per i trasgressori era di cinque soldi imperiali per ogni albero omesso.

Altrettanto fa il Vescovo Giovanni de Urbe (Codegallo, 1402-14) confermando gli ordini del suo antecessore Oldrado, coll’unica differenza di quadruplicare la multa (elevando cioè da 5 a 20 soldi imperiali) per i trasgressori; e si intende per ogni albero omesso.

La stessa toponomastica di alcuni luoghi ci ricorda l’olivo, come «l’Altolivo di Valintragna». A Cannero a Oggiona, sono tuttora ricordati dai vecchi, i campi di olivo.

A Santino, ancora presentemente, si vedono nascere e crescere olivi selvatici abbondantissimi, tanto che nell’occorrenza della Domenica delle Palme, si dànno i rami d’olivo alle parrocchie circostanti per le Sacre Funzioni.

A coltivarli, questi olivi darebbero ancora ottimi frutti: ne portava la prova Mons. Cavigioli nella sua monografia Ghiffa, pubblicatagli con sfarzo dagli antichi suoi parrocchiani quando egli venne canonico a Novara. Ecco le sue parole:

«A Intra, proprio alle porte di Ghiffa, î secolari olivi che incorniciano di severa maestà la leggiadra villa del dottor Bellezza, il quale sa vegliarli con intelletto d'artista e di agronomo, sono la prova convincente di fatto che il nostro clima regge a questa coltura. Quegli olivi, i più imponenti del lago Maggiore, dànno bacche copiose, che, passate al frantoio, producono olio nè più nè meno degli olii di riviera».

Del resto: perche dubitare o meravigliarsi che anche nell'alto Novarese sia allignato e possa allignare l'olivo? I nostri laghi (Mergozzo - Orta - Maggiore - Verbano) non sono forse nella linea isotermica del lago di Garda, dove l’olivo è tuttora coltivato?

Da noi l’olivo non c'è più perchè vi fu soppiantato dalla vigna, che dava maggior rendimento; come al tempo del Vescovo Bascapè il frumento fu soppiantato dal riso; ed ora il riso alla sua volta sta combattendo una ben dura battaglia per sopravvivere all’infausta invasione dei pioppi canadesi.

È quanto sia stata dura la lotta per l'esistenza tra la vigna e l'olivo lo si può arguire dal documento n. DOCCLVIII (850) Tomo I dal Chartarium Historiae patriae Monumenta, in cui si riporta un pubblico istrumento dell’anno 1222, con il quale l'abate di S. Vincenzo e Alberto di Besozzo, con autorità pontificia, delegati dall’Arcivescovo di Milano Enrico da Settala, proibiscono, sotto pena di scomunica, aì Canonici ed a qualsiasi altro ecclesiastico della Chiesa della Città di Novara di tenere osteria e di vendere, per sè o per altri vino al minuto nel recinto della Canonica del Duomo.

Dice il nostro Morandi nella sua Storia dell'Ospedale Maggiore ossia della Carità di Novara, che ai trovatelli del pio luogo si dava ogni giorno, a pranzo, minestra, carne ed un bicchiere di vino; puro si intende; si trattava di bambini, ed erano circa 200.

Ma l'olivo potrebbe ritornare a fiorire ancora tra noi, almeno a titolo di grato e gentile ricordo, nei giardini dei nostri parroci dei Colli e delle riviere di Orta e del Verbano. Ne diede una prova nel 1910 a Grignasco l'arciprete Don Gallavresi. Là, in località «Castello», egli piantò una mezza dozzina di alberelli d’olivo, e per una decina d'anni lì vide crescere, prosperare e dare frutto.

Poi si ebbe la sconsideratezza di trapiantarli in località San Graziano, dove dopo la sua venuta nel duomo di Novara come canonico, nessuno più ne prese cura e furono lasciati deperire e inselvatichire, e sparire.

Anche il Can.co Delsignore, l'attuale mandato Prevosto ad Omegna, da buon rivierasco del Verbano, vi portò un giovane olivo, lo mise a dimora nel suo orto sulla riva della Nigolia, lo coltivò con amore d’agronomo e coll’andar del tempo, un bel giorno il S.to Natale, si vide portare in tavola un cappone arrosto con contorno d'ulive frutto del suo sudore, e che, da allettante in reculinaria, trovò saporitissime.


(1) Edizione Francesco Liberio Caballi - 1719 - libro 2° - pag. 62 a 180 - Confermato da Francesco Sforza 1460 v.di a pag. 187.



La conclusione della relazione di Mons. Cassani fu accolta da vivissimi applausi.

Si passa quindi all'esame del rendiconto dell'esercizio 1960, che viene approvato all'unanimità e quale risulta dall’annesso prospetto.

Prende da ultimo la parola il socio Prof. Mons. Giulio BAROLI, il cuale mentre si compiace per le due tessere di Socio Onorario concesse al Comune e alla Soprintendenza alla Galleria, propone che analoga tessera venga concessa anche alla Banca Popolare di Novara.

L'Assemblea fa sua entusiasticamente la proposta, la quale viene così approvata all'unanimità.

Il Presidente CERRUTI nella sua qualità di Presidente del Consiglio d'Amministrazione della Banca Popolare di Novara ringrazia l’Assemblea per l'accoglimento della proposta di Mons. BAROLI.

Non essendovi più argomenti all'ordine del giorno la seduta è tolta alle ore 17,30.

Rendiconto economico dell'Esercizio 1960   [BSPN LII [1961] n.1 - pp. 104-105]

Rendiconto economico - esercizio 1960

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