LUTTI   [BSPN XLII [1951] s.n.]

Giuseppe Morelli

Chiedo breve ospitalità al Bollettino Storico per ricordare, a ormai un anno dalla sua morte, un uomo dei nostri, che tutta la sua vita operosa e faticosa ha dedicato alla cultura ed alla educazione.

Parlo di Giuseppe Morelli, nato ad Antronapiana, il 29 luglio 1883 e deceduto il 25 settembre 1949, a Torino, Preside del Liceo Statale Vittorio Alfieri.

Di modesta famiglia montanara, egli dovette assaporare la fatica e la rudezza del lavoro prima di volgersi agli studi; fu pastorello ad Antrona e poi apprendista falegname a Domodossola, unendo alle dodici ore di occupazione giornaliera, le dense ore di scuole serali, da lui avidamente procuratesi, come un premio, prima di poter strappare il consenso paterno a diventare studente.

E quando dalle scuole medie volle entrare all’Università dovette guadagnarsi la vita facendo l’istitutore nei Convitti Nazionali (a Novara e poi a Torino) con scarse possibilità di frequentare le lezioni, e con la dura necessità di sacrificare una parte del riposo notturno per dedicarlo allo studio sia delle dispense che gli amici gli passavano, sia dei grossi voiumi della Biblioteca Universitaria.

«Giovane come noi — così scriveva un suo bravo convittore torimese — egli doveva strappare come una grande concessione il permesso di frequentare qualche lezione universitaria: e noi, che nelle ore di studiò, lo sfruttavamo per i nostri compiti di latino e greco, alla notte, svegliandoci, vedevamo la sua tenda illuminata fin oltre mezzanotte: era lui, Morelli, che finalmente poteva pensare a sè ed ai suoi studi».

Questa la sua vita universitaria; ma ciò nonostante egli non solo riusciva a laurearsi in lettere a pieni voti, ma trovava ancora il tempo di collaborare e per alcuni mesi dirigere L’Educatore, organo di classe del personale dei Convitti Nazionali, sul quale combattè vivaci battaglie pedagogiche.

Fu allora, cioè all'alba del 1912, che tra una Borsa di Studio di perfezionamento all’estero e l’offerta dell’insegnamento all’appena progettato Istituto Medio Italo Brasiliano «Dante Alighieri» di Sao Paulo, egli scelse quest’ultima via, pur sapendo che avrebbe trovato più spine che rose, e pur non ignorando i pericoli del clima equatoriale.

Qui c'era più da fare, qui c’era da creare e qui vedeva la sua vita.

Giunto infatti a Sao Paulo col suo magro bagaglio di indumenti, ma con un radioso corredo di ideali, di speranze e soprattutto di volontà di azione, il Professor Morelli trova il magnifico parco del conte Francesco Matarazzo (un parco lussureggiante della più fantastica vegetazione equatoriale), ma nessuna traccia della scuola che ivi doveva sorgere. Deve sono i locali dell'Istituto? Ancora nulla!

Senza scoraggiarsi e sdegnando il consiglio di tornarsene in Italia, egli ottiene prevvisoriameénte due piccoli locali dalla «Dante Alighieri» e con due volonterosi colleghi di matematica e scienze giunti poco prima dall'Italia, comincia a far lezione ad alunni raccogliticci di ogni età, sfidando le facili ironie e sforzandosi di attrarre la pubblica attenzione sul programma e le necessità del nascente Istituto.

Oltre alle sue belle lezioni, che attraevano gli alunni, egli tenne molte conferenze e scrisse fervidi articoli sui giornali locali, sventolando continuamente la luminosa bandiera della cultura italiana; furono nove anni di dura lotta e di progressi sempre maggiori; ed ebbe la gioia di veder sorgere il grande Istituto Medio Italo Brasiliano dedicato al divino Poeta; Istituto al quale il Ministero della P. I. concesse l'equipollenza, dopo averlo riconosciuto come una delle più belle e rigogliose scuole italiane all’estero.

Senonchè le fatiche di quegli anni e l'inclemenza del clima equatoriale avevano assai compromesso la salute del Professor Morelli, che a malincuore chiese ed ottenne il rimpatrio.

Rientrato in Italia nel maggio 1921, senza alcuna pretesa di premi e di favori speciali, egli partecipò a regolari concorsi ottenendo dapprima una cattedra al Vittorio Emanuele di Palermo, donde poi si fece trasferire in Piemonte. Con indimenticabile onore insegnò letteratura italiana e latina al Liceo Cavour di Torino fino al 1931, quando fu nominato Preside del Liceo Galluppi di Catanzaro, dove si fermò circa due anni; in seguito passò alla presidenza del Lagrangia di Vercelli, poi a quella del Magistrale Margherita di Torino, lasciando la quale per il Liceo Alfieri, l'istituto già fondava il premio Giuseppe Morelli.

Dopo Sao Paulo, forse sono Catanzaro e Torino i luoghi dove egli profuse più forte e feconda la sua attività. Nella città calabrese trova un liceo ricco di tradizioni, ma così povero e disorganizzato che le lezioni dovevano per certe classi svolgersi in miseri locali non solo senza vetri alle finestre, ma perfino senza banchi; sicché gli alunni dovevano leggere e scrivere seduti su sedie sgangherate, appoggiando libri e quaderni sulle ginocchia! Questo nel 1931!

In soli due anni il Preside Morelli con sussidi ministeriali, con conferenze, banchi di beneficenza, ecc., riuscì a trasformare il Galluppi in un liceo modernamente attrezzato. E molto fece anche per la locale Scuola di Metodo, di cui contemporaneamente ebbe la direzione.

Qualcosa di simile - sebbene sotto altro aspetto - egli fece durante la Presidenza al Lagrangia con la Scuola Professionale Borgogna di Vercelli, della quale era stato nominato Commissario Governativo: stava per essere chiusa ed abbandonata; ma egli la salvò e la fece risorgere.

A Torino certamente la sua opera di Insegnante e di Preside lasciò tracce ancora più profonde negli alunni e nelle loro famiglie. Cresciuto tra il lavoro e lo studio, con il corpo spesse volte affaticato, ma l'anima sempre protesa all’avvenire, il Professor Morelli non era un fanatico della sola cultura e tantomeno un agnostico, ma concepiva la scuola così come fu per lui, una preparazione alla vita. Qui sta il segreto del suo grande ascendente sui colleghi, sugli alunni e sulle stesse famiglie. Bene disse di lui nell’orazione funebre l'Avvocato Bardanzellu a Torino: «Mosso dalle vibrazioni di un'anima aperta a tutte le voci della vita, Giuseppe Morelli mirava al vivo della personalità dell'alunno, creava in lui un mondo nuovo, fatto di lealtà, di calore, di equilibrio e di coraggio. — Educare vuol dire amare — era il suo motto». Perciò sapeva sorreggere i deboli, stimolare i pigri, animare gli esitanti, spingendo la sua missione educatrice fino alle famiglie, che spesso confortò dei suoi consigli preziosi, e talvolta aiutò anche col suo sacrificio quando scopriva casi bisognosi.

Perfino nell'ora più triste d’Italia, quando tra l'incubo della sconfitta e le prime livide fiamme dell'occupazione e della guerra civile, egli dovette accettare il posto di Provveditore agli Studi di Aosta: perfino in quella difficile situazione, seppe essere anzitutto uomo ed italiano. Lo proclamarono alto e forte, nell'ora grigia seguita alla liberazione, gli stessi maestri e professori che furono da lui assistiti e difesi: lo ripeterono alla sua morte con questo telegrafico saluto lapidario: «Era buono, grande, onesto, rigido con se stesso, comprensivo con gli altri. Ha sofferto; ma il bene fatto Gli otterrà certamente la ricompensa di Dio, dato che gli uomini talvolta sono ingrati».

Successivamente Egli potè riavere quello che era stato sempre il suo sogno: il Liceo Alfieri, ove ritornò Preside amatissimo. Come ben rilevò nella sua scultoria commemorazione il Professor Operti «Dopo l’infernale bufera che non risparmiò nessuno, dopo tante devastazioni che avevano deturpato la nostra terra ed intossicato gli spiriti, il Preside Morelli sapeva che il lavoro doveva essere ripreso alla radice, nella scuola; chè la rinascita dell’Italia o sarà una rinascita morale, o non sarà». Più viva e ansiosa che mai riprendeva pertanto la sua azione sui giovani e sui loro insegnanti; ma purtroppo la sua fibra, che a tanti strappi aveva resistito, ormai non poteva più durare. Era giunta la fine. E questa fu un’apoteosi, circondata dal tributo di ammirazione degli umili e dei dotti.

Con una vita così intensamente attiva Egli si era dedicato pure ad opere letterarie e storiche, per le quali aveva non comuni attitudini, dimostrate ne La Satira e gli Ordini Mendicanti (Paravia, 1924), negli scritti pubblicati sul citato Educatore, in conferenze da lui tenute in America e in Italia, in collaborazione all’Enciclopedia Utet, in giornali italiani e stranieri. Un giorno verranno raccolte le sue pubblicazioni, dove traspare la sua grande anima ad ogni pagina.

A Lui vennero a mancare gli anni della ciceroniana serena senectus, nei quali egli sperava di raccogliere e integrare i suoi studi.

Ma più ancora che nelle'biblioteche molto di Lui rimane e rimarrà nelle anime che Egli educò all'amore della scienza e delle virtù civili.

Mi piace chiudere questa breve commemorazione del compianto Amico con le stesse parole con le quali l'avvocato Bardanzellu terminava la sua appassionata orazione funebre. Dopo aver affermato che il Preside Morelli aveva gettato a piene mani il seme che feconda la fioritura di giovinezza delle nostre Scuole, ove alita un vento di perenne primavera (la primavera della nostra Italia dalle molte vite), così esclamava il valente oratore: «Iddio ha accolto Giuseppe Morelli nella Sua grazia. Voi, giovani, l'avete accolto per sempre nel vostro cuore».

Paolino PELLANDA.

P.S. — Ad attestare la «grande eredità d'affetti», lasciala dal compianto Preside, possiamo aggiungere che, subito dopo la sua scomparsa, sì è costituito, con l'appoggio del Provveditorato di Torino, un Comitato per la raccolla dei mezzi finanziari per la istituzione di Borse di Studio intitolate a Giuseppe Morelli, destinate ad alunni medi bisognosi. Il Comitato (che ha la sua sede presso il Liceo Statale V. Alfieri - Via Giacosa, 25 - Torino) ha già raccolto ollre un milione e mezzo.

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Mario Rosazza-Bertina

Nato a Rosazza il 7 luglio 1883, fu educato alla scuola dei Rosminiani nel Collegio di Domodossola e poi si iscrisse alla Facoltà di Legge dell’Università di Torino. Qui ebbe maestro Francesco Ruffini, col quale ebbe rapporti di devota amicizia e vera comunione spirituale. Fu Ispettore bibliografico onorario per il Comune di Biella dal 1932 al 1941 e coprì anche per qualche tempo la carica di Direttore della Biblioteca Civica della città. Si spense a Chiavazza il 20 gennaio 1950. Scarno, adunque, lo schema biografico del Rosazza; ricca, invece, di attività varia e profonda la vita interiore.

Spirito ardente, battagliero, amante della verità e flagellatore dei mali costumi pubblici e privati, partecipò negli anni giovanili alle lotte politiche, patrocinando con fervore di apostolo una rigenerazione morale e un più intimo sentimento cristiano.

Lasciata la politica militante, rivolse il fervido ingegno allo studio delle più svariate discipline, affrontando problemi di attualità dapprima e poi tuffandosi con viva passione nelle indagini storiche.

Ii primo suo articolo, intitolato «La casa di studio», comparve nella Voce, diretta da Giuseppe Prezzolini, il 22 aprile 1909. Nel 1910 fu collaboratore della rivista bimensile di cultura di Romolo Murri, Il Commento, dove pubblicò articoli riguardanti questioni scottanti del tempo, come: cronache religiose, nazionalismo e nazionalisti, la riforma della scuola media e i partiti politici, la crisi morale del Cattolicesimo, della promessa e dei suoi annunziatori, ecc., scritti pieni di brio e che rivelano una sensibilità morale non comune.

Sulla Rassegna settimanale La libertà economica, di Alberto Giovanni uscirono due suoi saggi: «Liberalismo» (1912) e «Democrazia» (1914).

Dal giugno 1912 all'aprile 1917, la rivista romana Bylichnis ospitò sette suoi articoli interessanti: «Del metodo nello studio della Storia delle Religioni» (1912); «L’ "Orpheus" di Salomone Reinach» (1912); «Il problema di Lutero e la critica moderna» (1912); «La religione del nulla» (1913); «Fedi crepuscolari» (1914); «La guerra, la religione e l'Italia» (1915); «Il ritorno di Machiavelli» (1917). La sua attività di scrittore ebbe una sosta, dovutà alla malferma salute, per circa cinque anni; ma nel 1922 lo rivediamo sulla breccia, come collaboratore della Rivista Biellese. Sono articoli, quattordici complessivamente, di soggetto vario, contemplanti usi, costumi, personaggi e vicende della sua terra, il Biellese, che egli amava profondamente. Accolsero suoi scritti i periodici Schi Club Biella, l'Ascesa, il Radio Corriere, l'Eco del Santuario d’Oropa, Illustrazione Biellese (1932-1933), il Bollettitto Storico della Provincia di Novara (1935-1940), sul quale, nel numero aprile-dieembre 1937, comparve il saggio: «Memorie intorno a due Santi propiziatori di Biella».

Il suo nome è legato principalmente ai lavori di più ampio respiro seguenti: Biellese sotto il giogo di Francia (1805) (Memoria presentata al Congresso della Società Storica Subalpina, tenuto in Biella per le celebrazioni centenarie di Quintino Sella il 18-20 settembre 1927); «Il Biellese al tempo di Emanuele Filiberto», in Lo Stato Sabaudo al tempo di Emanuele Filiberto (Studi raccolti da Carlo Patracco nel IV centenario della nascita del Duca, Torino, 1928); Santuario d'Oropa (1929); Biella nobilissima: Storia della infeudazione e delle origini del tribunale di Biella, Biella, 1930; I Misteri Gaudiosi Oropa, Torino, 1932; Itinerari Biellesi, Torino, 1933.

Nel 1935, in collaborazione con Luigi Borello, pubblicò la bella, apprezzatissima Storia d’Oropa (Biella, tip. Guabello), che, al suo apparire, sollevò appassionate discussioni, protrattesi per anni. I due autori, fedeli alla metodologia scientifica moderna, dopo ricerche accurate e raffronti critici, erano pervenuti a risultati comtrastanti con le narrazioni tradizionali. La nuova ricostruzione storicà, urtando sentimenti e credenze radicate nel cuore delle moltitudini, non piacque ai tradizionalisti, i quali vivacementé contrapposero argomentazioni vecchie e nuove. La polemica dilagò e si fece aspra. Allora i due studiosì lanciarono contro gli avversari un nutritissimo opuscolo: Oropa, Santuario, Celti ed altre cose (Cuneo, 1936), che s'impone per la forza dialettica, e il vigore dello stile.

Tra i manoscritti inediti, amorosamente custoditi dalla consorte signora Amalia Quirico, segnalo: Studio storico su Biella ed il Biellese; Bianca Croce di Savoia (Appunti storici sull’evolversi della Dinastia Sabanda); Chiavazza nella storia; La lotta fra i partiti in Italia (1945); e due scritti imcompiuti di altro carattere, nei quali sono pagine di squisita sensibilità interiore: Viaggio intorno all'orto e Mi reco al cinema.

Mario Rosazza, pubblicista, letterato, aveva un'anima delicatissima di poeta e nel contempo la tempra dell’indagatore delle vitende umane del passato. E, in verità, gli studi storici, soprattutto del Biellese, ebbero in lui un cultore dei più acuti e appassionati. La sfera larghissima dei suoì interessi intellettuali lo portò a trattare argomenti disparatissimi, e la sua figura va annoverata fra le più caratteristiche e notevoli dei biellesi contemporanei.

Romolo Quazza

Vita della Società   [BSPN XLII [1951] s.n. - pp. 103-107]

Adunanza del Consiglio direttivo
(19 maggio 1951)


In una sala della Biblioteca Civica Negroni il 19 maggio 1951 si tenne il Consiglio della Società Storica Novarese, assenti i consiglieri Marazza, Ramponi, Boroli, Salsotto e Stoppani. Proposto di sottoporre alla Assemblea la nomina a consigliere del Professore Dr. Renato Verdina, in sostituzione del compianto Comm. Avv. Ettore Bossi. Approvato il bilancio del 1950 da sottoporre all'Assemblea. Dato parere favorevole alla richiesta della Prefettura relaliva alla deliberazione del Comune di Meina, in data 5 gennaio sc., di denominare una nuova strada Via Felice Bedone, già Sindaco di Meina.

Il parere è stato dato anche in considerazione dell’attività culturale del Signor Bedone che redasse una Storia di Arona. Deliberato di interessare il Sovraintendente alla tutela dei Monumenti e delle Belle Arti per il Piemonte, affinché adotti i provvedimenti necessari ad impedire che un affresco del '400 rappresentante una Madonna, esistente sulla facciata di uno stabile nel Vicolo Caccia in Novara, possa essere asportato, giusta proposta fatta da un antiquario al proprietario dello stabile.

Subito dopo si tenne la
 

Assemblea Generale dei Soci

Assenti gli stessi consiglieri suddetti. Il Presidente rievoca con commosse parole il compianto consigliere Comm. Avv. Ettore ossi, ricordandone le molte benemerenze nel campo culturale ed il costante interessamento mostrato alla Società Storica Novarese. Propone di rinnovare le condoglianze alla Vedova rendendola edotta di quanto sopra. Commemora pure i Soci defunti Ing. Carlo Prato-Previde e Cav. Enrico Botteri.

Il Rev. Monsignor Lino Cassani si associa alle parole del Presidente ricordando pure la mirabile attività svolta dal Comm. Avv. Ettore Bossi nel riordinare i Musei cittadini. L’Assemblea approva la proposta del Presidente. Approva poi il bilanciò del 1950. Il consigliere Rev. Monsignor Cassani propone, e l'Assemblea approva, che il numero dei Consiglieri sia portato da otto a dieci, per consentire di chiamare a far parte del Consiglio cultori di studi storici dimoranti anche nelle regioni circostanti.

Approva la proposta di chiamare a far parte del Consiglio, in sostituzione del Comm. Bossi, il Prof. Dott. Renato Verdina.

Da vari soci presenti viene fatta la proposta di:
— far ricerche fra i giovani studiosi per trovare chi possa coadiuvare il Direttore del Bollettino Storico, in qualità di Segretario di Redazione;
— porre in appendice al Bollettino Storico la recensione di libri concernenti studi storici novaresi;
— istituire una rubrica su «Libri recenti e storici» riassumendone il contenuto, anche coll’intento di costituire una biblioteca propria della Società Storica.

Il Presidente riassume l’attività svolta dalla Società nello scorso anno, culminata nelle celebrazioni in onore del Venerabile Carlo Bascapè; e l'Assemblea se ne compiace.

Adunanza del Consiglio direttivo
(26 ottobre 1951)


In una sala della Biblioteca Civica Negroni il 26 ottobre 1951 si tenne il Consiglio della Società Storica Novarese, assenti i consiglieri Marazza, Verdina, Lampugnani.

Il Presidente S.E. Cerruti ricorda l’alta figura del defunto Vescovo Mons. Leone Ossola e propone di offrire la tessera «ad honorem» della Società Storicà Novarese al nuovo Presule Mons. Gilla Vincenzo Gremigni. Si decide che col Presidente tutti i consiglieri si recheranno, in data da stabilire, a rendere atto di omaggio al nuovo Vescovo.

Il Presidente propone e il Consiglio approva alle sia collocata a suo tempo la lapide commemorativa di Ugo Ferrandi nella Casa Cavalli in Piazza Gramsci. La data da ricordare sarà il 6 febbraio 1953.

Si decide di cooptare il Prof. Zammaretti Aguiilino e lo Avv. Alberto Durio tra i consiglieri della Società Storica, salvo a farli approvare dall’Assemblea. Avremo in tal modo con il Prof. Verdina un esponente e rappresentante della regione del Cusio, il Prof. Zammaretti del Lago Maggiore e dell’Ossola e l'Ing. Durio della Valsesia: potranno queste nomine favorire nelle stesse regioni l'aumento delle iscrizioni alla Società Storica.

È concesso l’uso degli zinchi di proprietà della Società Storica Novarese, depositati presso la Biblioteca Civica, a studiosi che ne abbisognassero per le loro pubblicazioni e ne presenteranno relativa domanda.

C. Ramponi

Rendiconto economico esercizio 1950

Istituti coi quali il Bollettino esercita il cambio

Archivio Storico Lombardo, Milano.
Archivium Franciscanum Historicum, Quaracchi (Firenze).
Biblioteca gov. e Libreria civica, Cremona.
Bollettino Soc. Studi Valdesi, Torre Pellice.
Bollettino Storico Cremonese, Cremona.
Bollettino Storico Piacentino, Piacenza.
Commentari dell'Ateneo di Brescia.
Deputaz. sub. st. patr., sez. di Alessandria.
Deputaz. sub. st. patr., Torino.
Ist. Archeol. e St. d. Arte, Roma.
Ist. studi liguri, Bordighera.
Rivista biellese, Biella
Rivista del Seprio, Varese,
Soc. gallaratese per gli studi patrii, Gallarate.
Soc. pavese di storia patria, Pavia.
Soc. studi storici, archeologici, artistici, provincia di Cuneo.
Ultrapadum. Bollettino d'Oltrepò, Voghera
 

Istituti a cui il Bollettino è inviato in omaggio

Archivio di Stato di Milano.
Biblioteca Ambrosiaoa di Milano.
Biblioteca della Camera dei Deputati, Roma.
Biblioteca comunale di Milano.
Biblioteche «Negroni» e «Civica» di Novara.
Biblioteca del Senato, Roma.
Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano.

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