IL GENERALE PAOLO SOLAROLI MARCHESE DI BRIONA   [BSPN LXIX [1978] n.1 - pp. 3-12]

Pare incredibile che questo generale novarese, il quale più di uno storico ebbe a definire avventuriero, che tuttavia ebbe certamente una vita avventurosa e fortunata, che si distinse nelle guerre del Risorgimento e nella vita politica della nostra Patria, non abbia mai avuto una biografia completa sulle sue vicende in Italia e all'estero.

Il nostro «Bollettino», in tanti anni di vita, gli ha dedicato solamente brevissimi cenni, come candidato a suo tempo alle elezioni a deputato. Eppure le sue vicissitudini sono tali e tante da meritare ben altra trattazione e più ampia conoscenza da parte dei suoi concittadini.

Vero è che nel 1956, per iniziativa dei Genieri novaresi, auspice il Comune di Novara, fu organizzata una celebrazione in onore del nostro generale. In tale occasione l'allora Presidente della sezione di Novara dell’Associazione Genieri e trasmettitori, il Geom. rag. Eligio Villa, ebbe a pubblicare un fascicoletto di 27 pagine dal titolo «Paolo Solaroli — marchese di Briona — prima medaglia d'oro dell'arma del Genio». La pubblicazione ha due presentazioni, una dell'allora sindaco di Novara, Avv. G. Allegra, e l'altra dell'allora Presidente Nazionale dell’A.N.G.E.T. gen. di C. d'A. Mario Tirelli.

Poche sono le notizie in essa contenute, e più che altro sono interessanti le cinque paginette che riportano lo stato di servizio, le campagne, le ferite, le azioni di merito, e le decorazioni del Solaroli.

Infine non manca il programma della manifestazione, che andava dall'arrivo dei partecipanti alla stazione al corteo con musica aperto da Genieri in uniformi antiche di varie epoche, alla deposizione di una corona ai Caduti in guerra con relativa messa nel cortile del Broletto, alla commemorazione ufficiale tenuta dallo stesso sindaco di Novara, alla mostra storica di vecchi apparati dell'Arma del Genio, all’inevitabile pranzo all'Italia (è detto proprio così, non all'albergo) e in ultimo alla visita alla mostra dei mezzi moderni del Genio nella Caserma Cavalli.

Tutto qui, e, come si può constatare, ben poco poteva restare della biografia del generale novarese, sulle smilze paginette che abbiamo ricordato.

Maggiori notizie, anche se frammentarie e incomplete, troviamo in altra pubblicazione del 1909, edita dalla tipografia Vincenzo Bona di Torino, e intitolata: «Il primo Marchese di Briona — La Galleria d'armi del Castello di Briona; i Freschi del Villaggio di Briona — appunti di Ercole Bonardi».Come si può desumere dal titolo, più che delle vicende del Solaroli, si parla del Castello di Briona; il volume è stato stampato in sole 250 copie numerate, delle quali abbiamo consultato quella che porta il numero 75.

Esso ha questa dedica: «Ai N.N.U.U. Illustrissimi Signori Davide Solaroli, III marchese di Briona, i due suoi figli Paolo e Carlo, l'uno prima e l'altro dopo, suoi alunni, perchè essi, leggendo in questo scritto che narra le nobili azioni del loro grande Avolo, abbiano una degna conferma alla loro Alta Ammirazione per Lui e trovino qualche incitamento a seguirne l'esempio, dedica, con devozione Ercole Bonardi».

Ma è tempo che entriamo in argomento e narriamo le avventure nonchè le vicissitudini militari e politiche di questo Novarese, che fu famoso anche per le sue virtù civiche.

Egli era nato in Novara l’8 dicembre 1796 da certo Antonio e da Antonia Olgusta, famiglia poverissima, tanto che non potè frequentare altra scuola che quella necessaria per leggere e scrivere. Appena fu in età si arruolò volontario sotto le armi e vi apprese il mestiere di sarto, divenendo poi capo sarto del suo reggimento. È leggenda o verità? Non si è potuto appurare, tuttavia il dizionario del Risorgimento Nazionale di Michele Rosi riporta la notizia senza alcuna incertezza.

Ad ogni modo sappiamo che, finita la ferma e scartata l’idea di andare a Torino ad aprire una sartoria, lo troviamo nel 1821 coi Federati ancora a Novara, poi con ufficiali del suo e di altri reggimenti a Savona in procinto d’'imbarcarsi per la Spagna e arruolarsi nella Legione Anglo-italiana, che combatteva contro il re Ferdinando VII. Era la sorte toccata a molti Federati, i quali per scampare alle vendette di Carlo Felice, non trovarono di meglio che espatriare per andare a combattere per la libertà di altri popoli.

Ricordiamo le famose pagine autobiografiche mazziniane, quando il giovane ligure a 16 anni, mentre passeggiava per Genova con la madre e con un amico, vide questi profughi confinati in Sampierdarena in attesa di avere la possibilità di un imbarco. In Spagna nel combattimento detto del Mulino del re (1) resta ferito e ripara in Francia. Ma nel 1822 ritornato in Spagna si intruppa nella legione francese Caran e Favier, e prende parte al combattimento di Bidassoa (2).

Scioltesi anche questa legione egli parte per l'Inghilterra per arruolarsi nella legione di Sir Robert Wilson e con essa ritorna per la seconda volta in Spagna, ma viene nuovamente ferito nella battaglia detta della Corona, ragion per cui gli è giocoforza riprendere la via dell'Inghilterra.

Era un temperamento irrequieto, e appena guarito parte questa volta per l'Egitto, dove viene nominato istruttore delle truppe del vicerè Mehemet Alì. Senonchè avendo il sultano ordinato al Vicerè di andare a combattere contro i Greci, che stavano rivendicando la loro indipendenza, egli si rifiutò di portare il suo braccio contro un popolo che propugnava la sua libertà e preferì andare in India. Così verso la fine dell'aprile del 1825 lo troviamo in servizio nella compagnia inglese delle Indie, in cui militò per poco più di quattro anni.

Durante questo periodo prese parte alla campagna di guerra contro la Birmania, e fu ancora per ben due volte ferito; per il suo valoroso comportamento conseguì il grado di capitano. Ma anche la permanenza nella Compagnia inglese non gli andava e prese la risoluzione di mettersi al servizio di qualche marajà, perchè erano spesso ricercati comandanti europei per le loro truppe e sperava maggior fortuna. Il gen. Sir Robert Brown a cui il Solaroli aveva salvato la vita nella campagna in Birmania, lo raccomandò nel 1830 alla Begum Sombre di Sirdana (3).

Gli fu affidato un battaglione della Guardia, che era armato all’europea, e si distinse talmente, non soltanto nel combattere le tribù vicine, ma nel ricondurre all'obbedienza certe province che la Begum lo nominò colonnello e gli concesse in sposa una pronipote del Sombre e della sua prima moglie, che si chiamava Giorgin o Giorgiana Dyce, in quanto figlia del colonnello Dyce.

Il matrimonio fu celebrato il 3 ottobre 1831 ed in tale occasione il Solaroli era creato cavaliere di 1° classe dell'ordine della regina di Sirdana.

La Begum era ritenuta una Squadena, discendente per lungo ordine di generazioni da Maometto e il suo vero nome era Zeib Bool Nissa, figlia di Lutf Alì Kan; il Sombre l'aveva sposata nel 1757 e non aveva avuto figli. Si era convertita al Cattolicesimo ed era stata battezzata ad Agra il 7 maggio 1781. Dal matrimonio con la Giorgina il Solaroli ebbe ben otto figli: Antonietta, Giovanni, Giuseppe, Paolina, Giulietta, Davide, Paolo, Carlo Alberto.

La Begum il 27 gennaio 1836 moriva all’età di 85 anni e lo stato doveva passare alla Compagnia delle Indie. Il nostro Novarese rimase ancora per qualche tempo in India, tanto che partecipò alla spedizione contro l’Afganistan, poi si decise a lasciare il principato di Sirdana e a ritornare in Italia, dove lo troviamo nel 1843, non senza aver incassato prima ben trenta milioni di allora. Carlo Alberto in riconoscimento delle gloriose imprese compiute in Spagna, Egitto ed India lo creava con Regie Patenti del 23 aprile 1844 Barone e nello stesso anno lo nominava colonnello onorario aggregato al Corpo Reale del Genio in data 21 dicembre.

Era arrivato proprio in tempo per partecipare alle guerre del nostro Risorgimento, questo Novarese giramondo fortunato dalle attività inesauste e dalle vicissitudini più fantasiose. Scoppiata adunque la Prima guerra d'indipendenza nel 1848 egli chiese di parteciparvi e fu assegnato al quartier generale del 2° Corpo d'Armata, comandato dal gen. De Sonnaz. Non mancò anche in questa contingenza di dimostrare il suo valore nei fatti del 28, 29, 30 aprile a Pastrengo e successivamente si distinse in modo così particolare fino a guadagnare la Medaglia d'Oro al Valor Militare nei fatti d'arme dal 22 al 25 luglio sulle alture di Rivoli, Santa Giustina, Sona e Volta. La motivazione dell'alta e prestigiosa decorazione suona così:

«Solaroli bar. Paolo n. il 1796 Novara, colonnello onorario Genio. Per essersi distinto nei fatti d'armi combattuti dalle truppe del 2° Corpo d'Armata sulle alture di Rivoli, Santa Giustina, Sona e Volta dal 22 al 25 luglio 1848, addetto allo Stato Maggiore del 2° Corpo d’Armata, fu sempre primo nelle fazioni, disimpegnando dovunque il proprio dovere con grande vantaggio del servizio»(4).

Il 12 novembre del 1848 veniva nominato maggior generale e destinato al comando della Brigata Casale, ma alla ripresa delle ostilità nella campagna del ’49 lo troviamo al comando della Brigata Provvisoria in Arona, composta di 5500 uomini e la mattina del 19 marzo parte da Arona e attraversando Borgo Ticino, Oleggio, giunge a Novara la sera del 22 e va a prendere posizione tra Galliate e Trecate.

Durante la battaglia della Bicocca il Solaroli alle ore 13 ebbe il primo scontro col nemico, che fu respinto ed inseguito; verso le ore 17 una colonna austriaca di maggior forza fu pure respinta, verso la fine della giornata sostenne altri attacchi nemici. Alla sera dopo l'infausta battaglia, il Solaroli andò ad accamparsi a Cameri, poi proseguì per Oleggio ed Arona.

Qui gli toccò la non piacevole avventura di procedere all'arresto del generale Giacomo Ramorino. Ecco come il conte Luigi Torelli ebbe a narrare l'interessante episodio nelle sue Memorie. «Dopo l'elogio alla Guardia Nazionale di Arona (che aveva arrestato il Ramorino) eravi l'ordine laconico di mandarlo colà (al quartier Generale che era a Borgomanero) sotto buona scorta. Solaroli ed io ci recammo allora all’Albergo della Posta.

Io non conoscevo di persona il General Ramorino, ma ero montato all'estremo grado d’indignazione contro di lui, che, coll'abbandono della Cava il 21, era stato causa del disastro di Novara. Al vederlo, provai una sensazione di ribrezzo; la fantasia può aver avuto la sua parte, ma la sua brutta figura mi colpì: piccolotto, tarchiato con due mascelle interminabili che gli davano un'aria volgare oltre ogni dire. Il generale Solaroli gli annunciò ch'era costituito in istato d'arresto e doveva partire per Borgomanero. — Ei rispose in francese: Je suis innocent, j'ai ici mes preuves, battendo con questo la mano sul petto che pareva realmente imbottito, e poi continuò per provare la sua innocenza. Il buon Solaroli, che del resto aveva realmente delle buone qualità e fra le altre il sangue freddo, era un po' imbarazzato. Quelle prime parole della sua difesa le garantisco, ma non rammento il resto che minacciava andar per le lunghe.

Io, impaziente: Monsieur le General, gli dissi, nous ne sommes pas ici, pour vous juger. Nous sommes ici pour executer des ordres. Ayez la bonté de me donner votre epée, et disposez-vous à partir pour Borgomanero. A questa intimazione divenne pallido come un panno di bucato e tremante si tolse la spada e la consegnò a me.

Ma il generale non era solo, aveva seco due aiutanti; l'uno era un figlio del noto General Mazzucchelli che dal servizio di Napoleone I era passato al servizio dell'Austria ma che era allora, credo, morto e l’altro certo Galanti; nessuno ci aveva fatto la minima menzione di quei due. Il General Solaroli, ritiratosi meco in disparte: E di quei due cosa ne facciamo? — mi dice — Dobbiamo mandarli anch'essi a Borgomanero — rispondo. — Non possiamo fare altrimenti. Li porranno colà in piena libertà, ma noi non lo possiamo. Incaricò me di annunciar loro questa deliberazione.

Rammento in modo positivo d’averlo fatto con garbo. Non avevo nulla contro di loro. Si rassegnarono. Nella corte dell’albergo eravi un legno e ventiquattro dragoni lombardi che dovevano servir di scorta. La corte dell'albergo era piena di gente, come tutte le vie che si dovevano passare per andar a Borgomanero. Il General Ramorino in mezzo a due carabinieri scese in corte, montò in legno e dopo di lui i suoi aiutanti. L'uno dei carabinieri entrò nel legno, l'altro prese posto fuori accanto al cocchiere ed a quello consegnai la spada del Generale, perchè la rimettesse all'Ufficio dello Stato Maggior Generale, arrivando a Romagnano.

Finchè fummo all'albergo la folla stette muta e credo per rispetto a Solaroli ed a me, che conosceva; ma sì tosto il legno uscì sulla via, cominciarono urli e fischi orribili e durarono finchè fu in vista; ma lo difendevano dodici dragoni d'ogni parte ».

Dopo il ‘49 fu attivo nella vita politica e nel dicembre di quell’anno fu nominato nella IV legislatura rappresentante di Novara alla Camera Subalpina, incarico confermatogli in seguito nelle quattro successive legislature (V-VI-VII-VIMII). Non ebbe grande influenza nel Parlamento, anche se pronunciò parecchi discorsi e fece parte di varie giunte e commissioni.

Molte sono le missioni che svolse all’estero: il 20 aprile del ‘49 in Inghilterra; l'11 agosto è nominato membro della Commissione incaricata di riportare in Patria da Oporto la salma di Carlo Alberto per portarla a Torino e inumarla poscia a Superga. Successivamente viene incaricato di recapitare il Gran Collare della S.S. Annunziata al principe Alberto di Portogallo, mentre il Solaroli a sua volta viene insignito della Commenda dell’Ordine di S. Benito d’Aviz (5) del Portogallo.

Nel 1854 essendosi formata una legione Anglo-Italiana allo scopo di andare a combattere in Crimea fu delegato a scegliere gli ufficiali italiani e inglesi che dovevano prendervi parte(6).

Vittorio Emanuele e Cavour ebbero grande stima del Solaroli tanto da affidargli missioni segrete per Parigi e per Londra. Allo scoppio della II Guerra d'Indipendenza, egli chiede di parteciparvi, e con decreto reale del 30 aprile è nominato Aiutante effettivo del re, e tale rimane anche nelle campagne del 1860-'61 e del 1866.

scrive il Castelli (7) a M. Minghetti in data 5 novembre 1859: «E' giunto da Londra a Parigi il generale Solaroli, il quale ha precipitato il suo viaggio per prevenire il Governo che di là giunsero e giungono amici per minare il nostro edificio ». Erano allarmati per la venuta di Garibaldi. Sappiamo che il Novarese presentatosi subito al re fece una particolareggiata relazione sul fatto, scongiurandolo a sventare la minaccia non soltanto per l'onore della nostra politica ma anche per l'onore di Casa Savoia. Il Castelli afferma che la relazione fece molta impressione, il che sta a dimostrare la stima e la fiducia poste nel Solaroli.

Quando si trattò di sistemare la situazione dell'Italia Centrale, il Ministero inglese affermò che l'inviato speciale poteva e doveva essere il Cavour. Il Rattazzi non potè che rassegnarsi ed affidare l’incarico al suo potente avversario. Ma il Cavour per accettare la missione imponeva che si convocassero subito i collegi elettorali, si procedesse quindi alla convocazione della nuova Camera del nuovo regno, perchè era del parere che nelle circostanze straordinarie, in cui ci si trovava, bisognava rientrare pienamente nella normalità costituzionale e del regime parlamentare. Purtroppo questo non si poteva ottenere prima di sei mesi; i due avversari si separarono con maggior irritazione di prima, scrive il Bersezio (8).

Il Cavour a questo punto si presenta al ministro inglese Hudson e gli comunica di aver rotto le trattative col ministero e quindi rifiuta l'ambasciata in Inghilterra. A placare l'ostinato rifiuto del Cavour fu incaricato il gen. Solaroli, il quale, anche a nome del sovrano, di cui era aiutante di campo, tentò ogni mezzo di persuasione per indurre il grande statista piemontese a deflettere dalla sua ostinazione. Allora il Cavour pose le seguenti condizioni: « Se si procede allo scioglimento della Camera e nella relazione che precederà il decreto si dimostrerà la certezza della riunione del Parlamento nel mese di marzo, io accetterò la missione ».

Fu preso in parola e il Solaroli si offrì di portare subito la decisione al Ministero; ma volle, come era logico, che essa fosse messa per iscritto; il Cavour però dichiarò subito che non avrebbe scritto nulla da parte sua. Allora il ministro inglese, a rompere ogni indugio, stese lui stesso la dichiarazione fatta dal Cavour, e il Solaroli, lieto della soluzione presa, credette di aver superato ogni difficoltà. Senonchè il Rattazzi ravvisò sul biglietto la grafia dell'inglese e si adontò come di un’interferenza da parte di una potenza straniera. Ne seguì la caduta del Ministero.

Vediamo ora i riconoscimenti avuti dal Novarese per la sua molteplice attività di combattente e di uomo politico.

Con Regie Patenti del 23 aprile 1844 viene insignito del titolo e della dignità di Barone, trasmissibili ai suoi discendenti maschi per ordine di primogenitura.

Ancora in India era stato decorato della Croce di Cavalleria di Prima Classe dell'ordine della Regina di Sirdhana in data 3 ottobre 1831.

Successivamente con Brevetto dal 7 giugno 1839 veniva decorato della Croce di Cavaliere dell'ordine pontificio di S. Gregorio Magno, divenendo in seguito commendatore dello stesso Ordine in data 16 dicembre 1845.

Ottiene Menzioni Onorevoli per i fatti d'arme svoltisi dal 28 al 30 aprile 1848 per la presa di Pastrengo.

Decorato della Medaglia d'Oro al Valor Militare per il suo comportamento nei giorni dal 22 al 25 luglio per i fatti d'armi svoltisi sulle alture di Rivoli, Sona, S. Giustina e sotto Volta. È da notare che il Solaroli è la Prima Medaglia d'Oro dell'arma del Genio.

Nominato Maggior Generale comandante la Brigata Casale in data 12 acvembre 1848. Intanto con Decreto del 28 ottobre 1848 veniva decorato della Croce dell'Ordine di S.S. Maurizio e Lazzaro.

Nominato Comandante della Brigata Provvisoria di Fanteria e delle truppe dislocate in Arona, in tale sua qualità partecipa alla battaglia della Bicocca.

Il 23 maggio 1849 è nominato Aiutante di Campo Onorario del re, diventerà effettivo in tale carica il 30 aprile 1859 e nominato Commendatore di S.S. Maurizio e Lazzaro il 29 maggio 1859, per passare nello stesso ordine cavalleresco Grand'Ufficiale Diventa pure Grand’Ufficiale dell’Ordine della Legion d'Onore di Francia con decreto 12 aprile 1859.

Decorato della Croce d’Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia per essersi distinto nella campagna Meridionale in data 20 agosto 1861.

Decorato del Gran Cordone dell'ordine di Dannebrog di Danimarca con diploma in data 11 settembre 1861.

Dopo aver partecipato alla Campagna del ’66, nel gennaio del 1869 veniva nominato Cavaliere di Gran Croce e decorato del Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia. Non volle mai accettare alcun emolumento per il suo servizio militare nè per le missioni espletate in Italia e all’estero, dimostrando così il suo disinteresse veramente encomiabile.

Troviamo nel novembre 1870 che il Castelli scrive al Lanza raccomandandogli di includere nella lista degli aspiranti alla dignità senatoria il Solaroli, ma purtroppo tale lista era talmente lunga che difficilmente sarebbe stato possibile accontentarlo; ed infatti non potè essere ammesso al laticlavio.

Ricordiamo a titolo di curiosità che nella guerra del 1866 parteciparono anche quattro dei cinque figli suoi: Giovanni come capitano nel Genova-Cavalleria, Giuseppe quale tenente dei Lancieri di Milano, Davide, quale tenente di vascello, Carlo Alberto come sottotenente nel 1° Fanteria, Brigata Re.

Paolo Solaroli moriva a 81 anni il 10 luglio 1870 e fu sepolto nel sepolcreto del cimitero di Briona.

Il motto del suo casato fu: Virtus fortuna favente e cioè: « Il valore con l’aiuto della fortuna ».

Tale la vita di questo Novarese che fece onore all'Italia e alla sua terra d'origine.

Note

(1) Borgata della Spagna in provincia di Barcellona.
(2) Bidassoa — fiume dei Pirenei Occidentali, al confine franco-spagnolo, sbocca nel golfo di Biscaglia.
(3) Begum in indiano vuol dire principessa e tale titolo veniva usato anche per le mogli dei comandanti militari europei. Sombre in francese significa scuro, accigliato; fu dato come soprannome al marito della Begum dai compagni che erano con lui al servizio del Nabad del Bengala, per il volto abbronzato e per il carattere taciturno. Chi era costui? Pare che fosse un tedesco, certo Walter Reinhard, nato chi dice a Treviri e chi a Salisburgo di Baviera, andato a suo iempo in India a combattere come soldato nelle truppe francesi (donde il suo nome francese!) della Compagnia Est-India.
SIRDANA è un villaggio al centro del Jagir e fu denominato principato di Sirdana.
(4) Dal volume «Le Medaglie d'Oro al Valor Militare» a cura del gruppo M.0. al V.M. Comitato di Torino - dicembre 1925. Troviamo che anche un nipote del nostro Solaroli, marchese Paolo fu pure decorato di M.0. al V.M. per il suo comportamento nella guerra di Libia, dove cadeva gloriosamente alla testa dei suoi cavallegperi appiedati.
(5) Cittadina del Portogallo. Era un ordine cavalleresco sorto nel XII sec. per la difesa del Cattolicesimo contro i Saraceni.
(6) Arrivata a Malta e saputo delle trattative di pace fu sciolta.
(7) Vedi: Carteggio politico di M. Castelli, edito a cura di L. Chiala - vol. 1) (1847-1864) editori L. Roux e C. Torino 1890 - pag. 233.
(8) V. Bersazio - Il regno di Vittorio Emanuele II - Libro settimo - pag. 338 e seg.

A[lessandro] Aspesi

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