Lutti nella famiglia della Società Storica Novarese
   [BSPN XXIX [1935] N. 1/2 - pp. 171-176]

P. Bernardino Balsari

C'inchiniamo reverenti alla memoria del venerando Sacerdote, mancato ai vivi in Roma il 21 gennaio corr.

Lo abbiamo conosciuto e gli abbiamo parlato alcune volte nella sua vegeta vecchiezza. Ci stupiva la modernità delle sue vedute, la chiarezza e l'agilità della sua mente, l'alacrità nell'attendere al suo ufficio di grande responsabilità, nel viaggiare da un capo all'altro del mondo, con tanta disinvoltura, così già carico di anni. Oltre alla sua coltura, alla sua fede coraggiosa, alla sua attività singolare lo rendevano rispettato e amabile molte altre doti d'uomo e di studioso. Gli fummo anche grati per l'affettuosa amicizia che dimostrava verso la nostra Società e la nostra Rivista alla quale fu spontaneamente generoso d'aiuto.

Chiediamo al Dott. C. Viglino, direttore della Rivista Rosminiana il permesso di ricordarlo con la sua vivace e franca necrologia pubblicata appunto in R. R. del gennaio-marzo 1935.

Il Preposito Generale dei Rosminiani, P. Bernardino Balsari, è mancato a Roma il 21 gennaio, a 83 anni. Era entrato nell'Ordine subito dopo la condanna delle 40 proposizioni rosminiane, quando pareva che nessuno dovesse entrarvi più.

La stupida gazzarra che aveva preceduto la condanna aveva portato una confusione tremenda. Su migliaia di proposizioni, affermate da Rosmini in diecine di migliaia di pagine, il S. Uffizio ne aveva semplicemente condannate quaranta perché «catholicae ventati haud consonae videbantur» cioè per la loro apparente non consonanza con le verità cattoliche, senza neanche pronunziarsi sulla consonanza intrinseca. Era il meno che potesse toccare a uno che aveva trattato tutto lo scibile umano e divino, in una maniera così radicale e in tempi così prematuri. Condanna mitissima, che lasciava non solo intatte le virtù dell'uomo e la bontà dell'Ordine Religioso da lui fondato, ma non costituiva neanche la condanna della sua filosofia. Era una riserva sull'ordinamento o sulla chiarezza di alcune poche sue parti. Se fosse stato vivo l'autore, tutto si sarebbe risolto in chiarimenti e spiegazioni, come nel primo esame plenario delle opere finito nel 1854.

Ma le polemiche velenose avevano oscurato le menti; e gli stessi Rosminiani presero la condanna come una condanna di tutta la filosofia di Rosmini, della sua vita, dell'Ordine da lui fondato. Roba da chiodi! A giudicare adesso, fuori della nebbia d'allora, pare impossibile si sia arrivati a questo punto. Il Preposito Generale dei Rosminiani d'allora, dal giorno della condanna nel 1888, a quello della sua morte, nel 1901, non osò più presentarsi al Papa…. E pensare ch'era il caso di presentarsigli il giorno dopo la condanna, con tutti i membri dell'Ordine in massa, tutti gli allievi dei collegi, delle scuole, i domestici, con un treno speciale! Del senno di poi son piene le fosse! Forse noi avremmo fatto lo stesso.

Nella mancanza di senno d'allora, Don Bernardino Balsari, che s'era fatto prete dopo di esser stato medico, si fece rosminiano, proprio l'anno dopo la condanna, nel buono della prostrazione, nel 1889.

Nel 1901 era Preposito Generale. Si presentò subito al Papa, rianimò l'Ordine, e pur dando anch'egli, sotto l'influenza dell'ambiente, alla condanna il peso che non aveva, non se ne lasciò più schiacciare, credette possibile la beatificazione di Rosmini, lo studio delle opere, la pacifica continuazione del suo Ordine. La Beatificazione di Rosmini fu il suo sogno. Egli aveva per Rosmini, morto quand'egli aveva tre anni, un culto che non poteva nutrire maggiore se lo avesse conosciuto. Gli voleva bene proprio come a un padre. Questo culto lo diffondeva come per magnetismo. In questo culto egli si riuniva alle persone più lontane da lui per mentalità e temperamento. Capiva e sosteneva persino me! La cosa che mi commosse di più quando assunsi la direzione di questa Rivista e ne mutai il tono da apologetico in critico, e dissi che i Gesuiti che avevan fatto condannare le 40 proposizioni non erano delle bestie feroci, e che i Rosminiani eran stati affetti da mania di persecuzione; la cosa che mi commosse di più, fu di vedermi sostenuto da lui. Non era attaccato a metodi e sistemi; era attaccato a Rosmini. Quindi capiva tutto quello che potesse giovare a Rosmini. E a Rosmini non giovavano le beghe.

Era un uomo modesto, affabile, sorridente, tenacissimo nelle sue idee e insieme agilissimo nel cogliere le opposte. Una natura sorprendente nella sua semplicità. Il sant'uomo si sentiva subito. Buono, pio, semplice, acuto, tipi d'uomini d'una volta. Certo, conquistava. Io cercavo sempre di scandalizzarlo, di disorientarlo, ma non riescivo mai. Capiva, rideva, mi voleva bene. Era amicissimo di un'altra natura singolare, il P. Sannicolò, suo Procuratore presso il Vaticano, della sua età. Morirono a poche ore di distanza. È un piccolo mondo antico rosminiano che se ne va. Aveva i suoi difetti, ma un attaccamento a Rosmini senza limiti, una pietà profonda, una grande serietà di vita. Questa grande serietà di vita valeva da sola tutte le qualità.

Intanto aveva conquistato persino i Gesuiti. Alla sua morte, il Superiore Generale di questi fece celebrare trecento messe in suo suffragio. Se qualche cosa di questo mondo, in Paradiso, può ancora fargli piacere, questo gli farà certo piacere.

C[amillo] V[iglino]

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Cesare Bernini

Il Grande Ufficiale, Onorevole Cesare Bernini, morì, dopo lunghe penose sofferenze durate più di un decennio, il 29 aprile 1935, a settantatre anni.

Uomo politico, militò nel partito liberale, lottò con coraggio per la difesa delle sue idee profondamente patriottiche; fu due volte deputato per Novara.

Professionista insigne, dimostrò nell'esercizio dell'avvocatura penale entusiasmo giovanile, calda eloquenza, onestà grande e umana bontà di patrono.

Amministratore del Comune, dedicò appassionatamente il suo ingegno e il suo cuore nel reggimento delle molte, delicate importantissime cariche che ricoperse, da quella di Sindaco e di Presidente dell'Ospedale Maggiore alle minori.

Dal 1913 sin quasi alla sua morte, fu Presidente autorevolissimo della Banca Popolare di Novara.

Socio nostro sin dalla fondazione della Rivista e della Società Storica, ci onorava della sua simpatia e del suo conforto.

Quando si dice di Lui che fece moltissimo bene e non fece male ad alcuno, si tesse la sua miglior lode con pienezza di verità e consenso dei galantuomini.

Il lutto cittadino ne fu la testimonianza più grande e sincera. Egli vivrà nel nostro cuore e nella nostra memoria perennemente.

A[lessandro] V[iglio]

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Camillo Cavalli

Nacque a Novara il 16 maggio 1851 da Michele Cavalli e da Marianna De Consoli. Suo padre Michele, nobile anima di artista, era un virtuoso del violoncello, assai apprezzato, quantunque di rado fosse dato di ascoltare in pubblico il suo celebre Stradivarius. Camillo seguì gli studi commerciali presso un ottimo collegio di Genova e, in giovane età, entrò nella allora «Banca Nazionale» (oggi Banca d'Italia). Nel 1878 sposò la novarese Giuseppina Visconti Volonteri, che gli fu fedele compagna per 57 anni di matrimonio, nella più perfetta fusione spirituale.

Camillo Cavalli seguì la carriera bancaria a Benevento, a Ravenna, ed infine all'Aquila, ove diresse quella sede sino al 1907; ovumque amato ed apprezzato per la sua bontà, intelligenza e rettitudine da quanti ebbero occasione di praticarlo. Purtroppo, a soli 56 anni, la salute gravemente compromessa dall'eccesso di lavoro lo costrinse a lasciare l'impiego. Pensionato, tornò nella sua Novara, che non aveva mai dimenticato e che non abbandonò più.

Profondamente affezionato alla sua Città, ne seguiva con amore il crescente sviluppo, pronto ad aderire con entusiasmo ad ogni iniziativa di interesse cittadino. Quando si credette necessaria l'istituzione di una Cassa di Risparmio Novarese, fu tra i fondatori e per diversi anni diede opera utile e disinteressata alla sua amministrazione. Fu pure socio dell'Istituto Brera e dell'Asilo di S. Lorenzo, oltreché della Società Storica Novarese.

Dotato di ingegno versatile, di vastissima e profonda cultura, coltivava gli studi storici; raccoglieva e conservava gelosamente le vecchie memorie Novaresi; si svagava dipingendo paesaggi, da buon dilettante. A quest'arte era stato iniziato giovanissimo dal cugino Battista Cerutti, paesista di fama, che ha lasciato ottime tele al Museo Milanese di Arte Moderna.

Camillo Cavalli aveva avuto la sorte di vivere tutto il Risorgimento. Nato all'indomani dell'abdicazione del Re Magnanimo, aveva visto, bambino, le giubbe bianche croate; aveva udito il cannone di Magenta; aveva sempre seguito con passione la formazione della nostra Nazione, sorretto da profonda incrollabile fede negli alti destini della Patria. Fede che non venne mai meno, attraverso i duri disagi economici e sociali del periodo della guerra e del dopoguerra, attraverso le più crude ansie per le sorti del figlio al fronte. Mai in lui un rimpianto, mai un cenno di sconforto; mai un pensiero egoista e vile.

Un profondissimo affetto lo legava alla famiglia, alla quale si era dedicato col più completo sacrificio di sé. In nessun caso però il tenerissimo affetto per i familiari fece velo al suo giudizio, costantemente improntato all'imparzialità più assoluta. Severo, ma sopratutto con se stesso, alieno dalla critica, ma sempre incline alla comprensione dell' altrui personalità, era modestissimo e schivo di onori. Fino agli ultimi suoi giorni, egli restò sempre il vero pater familias, soccorrendo a ciascuno col saggio consiglio; dotato della rara prerogativa di un'immediata ed esatta intuizione delle cose e dei fatti; sostenuto da un'estrema rettitudine, solo pari alla sua grande bontà.

C. C.

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Emanuele Chinea

Improvvisamente, nella pienezza della sua attività intellettuale, è scomparso l'Avv. Emanuele Chinea di Trecate, amante dei nostri studi, affezionato alla nostra Società e ottimo amico. Lascia largo ricordo di sé per l'eccellente cuore e per l'apprezzata capacità professionale. Egli è morto a Milano l'11 aprile corr. La sua Salma riposa nel paese nativo.

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Giacomo Bertoli

Mentre stiamo per pubblicare il fascicolo ci giunge notizia della morte del venerando Cav. Geom. Giacomo Bertoli.

Ricordiamo di lui l'attività proficua e generosa nelle pubbliche cariche, la sua lunga presidenza dell'Istituto Ornar, la sua apprezzatissima operosità professionale. La sua vita fu tutta spesa nel lavoro utile e benefico.

Si è spento tra il rimpianto di quanti ebbero modo di apprezzarne le qualità di galantuomo d'antico stampo e la tempra di lavoratore indefesso.

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Sezione Novarese della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria   [BSPN XXIX (NUOVA SERIE I) [1935] N. 3 - pp. II]

La Società Storica Novarese trasformata in Sezione Novarese della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria.

Nel prossimo numero daremo più ampie notizie della fusione della nostra Società Storica con la R. Deputazione Subalpina di Storia Patria, voluta da S E. De Vecchi.

La trasformazione lascia intatta l'autonomia della nostra Società e della nostra Rivista alle quali l'alto onore concesso da S E. il Ministro della E N. conferisce nuovo decoro e nuovo vigore.

Contributi per il 1936.

Abbiamo ricevuto - e ringraziamo vivamente -i seguenti contributi per il corrente anno 1935, oltre a quelli già pubblicati nei numeri precedenti:
Consiglio Provinciale della Economia (L. 200);
Provincia di Novara (L. 500);
Comune di Novara (L. 500);
Decio Ing. Giulio (L. 100);
De Angelis Rag. Onorato (L 100);
Giannoni Gr. Uff. Alfredo (L. 100).

Statistiche delle Biblioteche e dei Musei novaresi
[BSPN XXIX (NUOVA SERIE I) [1935] N. 4 - pp. 386-390]

STATISTICA DELLE BIBLIOTECHE E DEI MUSEI

BIBLIOTECHE NEGRONI E CIVICA

In attesa di pubblicare una più ampia relazione intorno ai lavori di sistemazione compiuti dal Comune di Novara e dalla Amministrazione delle Biblioteche. nell'edificio del Palazzo Negroni, diamo per ora la notizia della fine di essi, del trasporto avvenuto di tutto l'ingente materiale archivistico costituente l'Archivio Storico del Comune dal Palazzo del Mercato e del suo riordinamento in sede più opportuna nell'edificio stesso delle Biblioteche.

Così il problema della unificazione dei Musei nel Broletto, degli Archivi e delle Biblioteche nel Palazzo Negroni è ormai risolto per volontà e opera della Podesteria e del Consiglio d'Amministrazione delle Biblioteche, nel periodo relativamente breve di cinque anni.

Museo e Galleria Giannoni
Ingressi dal 1° Gennaio al 31 Dicembre 1935

statistica 1935



Biblioteche Negroni e Civica.

Libri entrati in Biblioteca nell'anno 1935 - XIV.

statistica 1935

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STATISTICA DEI LIBRI ENTRATI IN BIBLIOTECA NEL 1935 SECONDO LE PROVENIENZE

CIVICA: Opere N. 1321

 VolumiOpuscoli
Per acquisto545
Per doni e omaggi274285
Per diritto di stampa31174
Dal Municipio101461
Totali460925

 

Donatori principali alla Civica:

 VolumiOpuscoli
Eredi Comm. A. Tarella169109
Viglio prof. Alessandro1250
Ministero Educazione Nazionale13-
sac. Don A. Ricci12-
Ing. V. De Biasi111
Gr. Uff. A. Giannoni48
Sig. Arturo Merati248

 

NEGRONI:

Opere542
Volumi542
Opuscoli60

Dei quali in dono: Voll. 9, Op. 6.

 

Riepilogo

statistica 1935

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Classificazione delle opere date in lettura secondo le materie nel 1935 - XIII-XIV.

statistica 1935

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Statistica dei lettori per il 1935 XIII-XIV.

statistica 1935

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