Conservare il patrimonio culturale

Carta Italiana del Restauro 1932

Norme per il restauro dei monumenti.

Il Consiglio superiore per le Antichità e Belle Arti, portando il suo studio sulle norme che debbono reggere il restauro dei monumenti, il quale in Italia si eleva al grado di una grande questione nazionale, e edotto dalla necessità di mantenere e di perfezionare sempre più il primato incontestabile che in tale attività, fatta di scienza, di arte e di tecnica, il nostro paese detiene;
convinto della multipla e gravissima responsabilità che ogni opera di restauro coinvolge (sia che si accompagni o no a quella dello scavo); con l'assicurare la stabilità di elementi fatiscenti; col conservare o riportare il monumento a funzione d'arte; col porre le mani su di un complesso di documenti di storia ed arte tradotti in pietra, non meno preziosi di quelli che si conservano nei musei o negli archivi, col consentire studi analitici che possono avere per risultato nuove impreviste determinazioni nella storia dell'arte e della costruzione;
convinto perciò che nessuna ragione di fretta, di utilità pratica, di personale suscettibilità possa imporre in tale tema manifestazioni che non siano perfette, che non abbiano un controllo continuo e sicuro, che non corrispondano ad una bene affermata unità di criteri, e stabilendo come evidente che tali principii debbano applicarsi sia ai restauri eseguiti dai privati sia a quelli dei pubblici enti, a cominciare dalle stesse Soprintendenze preposte alla conservazione e alla indagine dei monumenti;
considerando che nell'opera di restauro debbano unirsi ma non elidersi, neanche in parte, vari criteri di diverso ordine; cioè le ragioni storiche che non vogliono cancellata nessuna delle fasi attraverso cui si è composto il monumento, né falsata la sua conoscenza con aggiunte che inducano in errore gli studiosi, né disperso il materiale che le ricerche analitiche pongono in luce; il concetto architettonico che intende riportare il monumento ad una funzione d'arte, e, quando sia possibile, ad una unità di linea (da non confondersi con l'unità di stile); il criterio che deriva dal sentimento stesso dei cittadini, dallo spirito della città, con i suoi ricordi e le sue nostalgie; e infine, quello stesso indispensabile che fa capo alle necessità amministrative attinenti ai mezzi e alla pratica utilizzazione;
ritiene che dopo oltre un trentennio di attività in questo campo, svoltasi nel suo complesso con risultati magnifici, si possa e si debba trarre da questi risultati un complesso di insegnamenti concreti a convalidare e precisare una teoria del restauro ormai stabilita con continuità nei deliberati del Consiglio superiore e nell'indirizzo seguito dalla maggior parte delle Soprintendenze alle Antichità e all'Arte medioevale e moderna e di questa teoria controllata dalla pratica enuncia i principi essenziali.

Esso afferma pertanto:

1. che al di sopra di ogni altro intento debba la massima importanza attribuirsi alle cure assidue di manutenzione e alle opere di consolidamento, volte a dare nuovamente al monumento la resistenza e la durevolezza tolta dalle menomazioni o dalle disgregazioni;

2. che il problema di ripristino mosso dalle ragioni dell'arte e dell'unità architettonica strettamente congiunte col criterio storico, possa porsi solo quando si basi su dati assolutamente certi forniti dal monumento da ripristinare e non su ipotesi, su elementi in grande prevalenza esistenti anziché su elementi prevalentemente nuovi;

3. che nei monumenti lontani ormai dai nostri usi e dalla nostra civiltà, come sono i monumenti antichi debba ordinariamente escludersi ogni completamento, e solo sia da considerarsi l'anastilosi, cioè la ricomposizione di esistenti parti smembrate con l'aggiunta eventuale di quegli elementi neutri che rappresentino il minimo necessario per integrare la linea e assicurare le condizioni di conservazione;

4. che nei monumenti che possono dirsi viventi siano ammesse solo quelle utilizzazioni non troppo lontane dalle destinazioni primitive, tali da non recare negli adattamenti necessari alterazioni essenziali all'edificio;

5. che siano conservati tutti gli elementi aventi un carattere d'arte o di storico ricordo, a qualunque tempo appartengano, senza che il desiderio dell'unità stilistica, e del ritorno alla primitiva forma intervenga ad escluderne alcuni a detrimento di altri, e solo possano eliminarsi quelli, come le murature di finestre e di intercolumni di portici che, privi di importanza e di significato, rappresentino deturpamenti inutili; ma che il giudizio di tali valori relativi e sulle rispondenti eliminazioni debba in ogni caso essere accuratamente vagliato, e non rimesso ad un giudizio personale dell'autore di un progetto di restauro;

6. che insieme col rispetto pel monumento e per le sue varie fasi proceda quello delle sue condizioni ambientali, le quali non debbono essere alterate da inopportuni isolamenti; da costruzioni di nuove fabbriche prossime invadenti per massa, per colore, per stile;

7. che nelle aggiunte che si dimostrassero necessarie, o per ottenere il consolidamento, o per raggiungere lo scopo di una reintegrazione totale o parziale, o per la pratica utilizzazione del monumento, il criterio essenziale da seguirsi debba essere, oltre a quello di limitare tali elementi nuovi al minimo possibile, anche quello di dare ad essi un carattere di nuda semplicità e di rispondenza allo schema costruttivo, e che solo possa ammettersi in stili similari la continuazione di linee esistenti nei casi in cui si tratta di espressioni geometriche prive di individualità decorativa;

8. che in ogni caso debbano siffatte aggiunte essere accuratamente ed evidentemente designate o con l'impiego di materiale diverso dal primitivo, o con l'adozione di cornici di inviluppo, semplici e prive di intagli, o con l'applicazione di sigle o di epigrafi, per modo che mai un restauro eseguito possa trarre in inganno gli studiosi e rappresentare una falsificazione di un documento storico;

9. che allo scopo di rinforzare la compagine stanca di un monumento e di reintegrare la massa, tutti i mezzi costruttivi modernissimi possano recare ausili preziosi e sia opportuno valersene quando l'adozione di mezzi costruttivi analoghi agli antichi non raggiunga lo scopo; e che del pari, i sussidi sperimentali delle varie scienze debbano essere chiamate a contributo per tutti gli altri temi minuti e complessi di conservazione delle strutture fatiscenti, nei quali ormai i procedimenti empirici debbono cedere il campo a quelli rigidamente scientifici;

10. che negli scavi e nelle esplorazioni che rimettono in luce antiche opere, il lavoro di liberazione debba essere metodicamente e immediatamente seguito dalla sistemazione dei ruderi e dalla stabile protezione di quelle opere d'arte rinvenute, che possono conservarsi in situ;

11. che come nello scavo, così nel restauro dei monumenti sia condizione essenziale e tassativa, che una documentazione precisa accompagni i lavori mediante relazioni analitiche raccolte in un giornale del restauro e illustrate da disegni e da fotografie, sicché tutti gli elementi determinati nella struttura e nella forma del monumento, tutte le fasi delle opere di ricomposizione, di liberazione, di completamento, risultino acquisite in modo permanente e sicuro.

Il Consiglio convinto infine che in tempi così ardui e complessi in cui ciascun monumento e ciascuna fase del suo restauro presentano quesiti singolari, l'affermazione dei principi generici debba essere completata e fecondata dall'esame e dalla discussione sui casi specifici, esprime i seguenti voti

a) che il giudizio del Consiglio superiore sia sistematicamente richiesto prima dell'inizio dei lavori per tutti i restauri di monumenti che escono dall'ordinaria attività conservatrice, sia che detti restauri vengano promossi e curati da privati, o da pubblici enti o dalle stesse Sovrintendenze;

b) che sia tenuto ogni anno in Roma un convegno amichevole (i cui atti potrebbero essere pubblicati nel "Bollettino d'Arte" del Ministero dell'Educazione Nazionale) nel quale i singoli Sovrintendenti espongano i casi e i problemi che loro si presentano per richiamare l'attenzione dei colleghi, per esporre le proprie proposte di soluzione;

c) che sia fatto obbligo della compilazione e della conservazione metodica dei suddetti giornali del restauro, e che possibilmente dei dati e delle notizie analitiche da quelli risultanti si curi la pubblicazione scientifica in modo analogo a quello degli scavi.