Spigolature

La scherpa – Donne di seta

di Luigi Simonetta

Raggiera di spilloni in argento con spuntone e fiori in filagrana

La corona di spilloni, entrata nella memoria collettiva come acconciatura della Lucia manzoniana, viene citata dalla Marchesa Colombi, nel racconto In risaia come elemento costitutivo della dote delle popolane novaresi:
dicevo che la Nanna ha diciassette anni a momenti, e bisognerà comprarle gli spilloni d’argento. Questo carnovale potrebbe andare a marito, ma se non ha l’argento in capo nessun giovine si presenterà
Così ragionava la madre di Nanna, contadina della periferia novarese, per convincere il marito a comprare i 24 spilloni a 3 lire l’uno che avrebbero costituito il complemento necessario per completare il corredo; non solo elemento di bellezza ma piccola riserva di valore che, in caso di necessità, si poteva anche impegnare al Monte di Pietà per ottenere un prestito.
Questa raggiera di spilloni era detta anche Corona Lombarda perché di uso comune in Lombardia, particolarmente nella Brianza; la diffusione nella nostra Provincia risale probabilmente all’inizio dell’800, perché, pur avendo esaminato moltissime assegnazioni dotali di popolane di Novara e dintorni, tra XVI e XVIII secolo, non ne ho mai trovato traccia.
Nella mostra La scherpa: un percorso tra i corredi dotali del Novarese allestita presso l’Archivio di Stato, a corredo della giornata di studi “Pacta Dotalia”, viene presentato un corredo completo di queste raggiere, composto da 24 spilloni, dallo spunton, il grande spillo con le testate alle due estremità, che stava alla base dell’acconciatura e da due eleganti “tremolini”, fiori pendenti in filigrana d’argento che venivano messi sotto allo spunton.
Questo è uno dei tanti elementi del corredo femminile esposti a corona dei numerosi documenti dell’archivio che riportavano vari esempi di assegnazioni dotali a Novara e nel circondario, che andavano dalle ricche doti dei Serazzi, Leonardi e Simonetta, dove ad un ricco corredo si accompagnavano rendite, terreni e denaro contante per 80-100mila lire, fino alle modeste scherpe delle trovatelle di sole 163 lire imperiali più un corredo del valore di 40 lire.
Jacopo Colombo, conservatore del museo Fanchini di Oleggio, ha illustrato ai presenti i più interessanti oggetti in esposizione: biancheria ricamata, antiche scarpette, gioielli popolari (catenine, spille, coralli, granate) guanti, veli, busti, cappelli e altri capi di vestiario.

Campana in vetro con Maria Bambina in cera

Oggetti che riportano ad un mondo ormai scomparso, come gli stretti bustini in cui le nostre bisnonne si facevano stringere per apparire più snelle oppure i bizzarri cappellini ornati di piume e penne, i lunghi guanti di seta o di pizzo trasparente e le lenzuola con relative federe tutte ornate di elaborati ricami frutto del lungo lavoro di pazienti e abili ricamatrici.
Commovente, nella sua semplicità, la piccola campana di vetro con il simulacro, in cera, di Maria Bambina, rivestita di pizzi; l'originale era stato realizzato, nel Settecento, da una suora clarissa di Todi che ne aveva donato una copia al card. Alberico Simonetta di Milano.
Nel 1885, una donna gravemente malata guarì dopo aver toccato l’antica teca di Maria Bambina all’Ospedale Ciceri di Milano; il culto ebbe da quell’anno un ulteriore sviluppo in Lombardia e divenne uso comune regalare alle giovani spose l’immagine di Maria Bambina quale augurio di fertilità.

Colombo ha poi accompagnato i presenti alla vicina sala Casorati, per visitare la mostra, curata da Simona Gavinelli e Francesco Gonzales, Donne di seta.

Abiti, del XIX secolo, di manifattura inglese e americana

In questa esposizione, promossa dalla Provincia in collaborazione con Archivio di Stato, Scrinium e i musei più sotto citati, possiamo ammirare una decina di abiti femminili, principalmente della fine dell’Ottocento di manifattura americana e inglese e qualche abito di manifattura italiana provenienti dall’Associazione Culturale Progetto Tanzio, dal Museo Fanchini di Oleggio e dal Museo Villa Caccia di Romagnano .

Abiti ottocenteschi - museo Villa Caccia di Romagnano

L’allestimento, molto elegante e scenografico, è completato da accessori, stampe a tema con abiti femminili, copie di riviste di moda dell’epoca, foto e dipinti attinenti al fenomeno della “moda”.
Quelli in mostra sono infatti abiti di lusso, appartenenti a un ceto femminile che faceva dell’abito anche uno status symbol, donne alla moda che si vestivano adottando le fogge e le stoffe del momento; si vedano ad esempio l’elegante abito da passeggio con gale e passamaneria, o il raffinato abito in seta perlacea con strascico bordato di pizzo.
Notevole il gruppo di tre abiti ottocenteschi, provenienti da Villa Caccia, che, a dispetto dalle belle stoffe e dell’elegante fattura, erano fatti, come appare dalle proporzioni, per rivestire donne piccole e robuste, che non ricordano certo le tre Grazie.