Spigolature

Il restauro della cappella dell'Immacolata in san Martino

di Luigi Simonetta

Mercoledì 19 settembre [2018] ha avuto luogo la presentazione dei risultati del 4° lotto dei restauri effettuati nella chiesa parrocchiale di san Martino.
Nelle parole dei relatori traspariva la soddisfazione di chi è ben cosciente di aver fatto un buon lavoro, ottenendo un risultato superiore alle aspettative, avendo riportato in luce opere dimenticate e in grado di fornire nuovi elementi per una significativa riscrittura di un capitolo della storia dell’arte novarese.
L’arch. Anna Rossaro, direttrice dei lavori, e socia del nostro sodalizio, ha evidenziato come il restauro pittorico abbia dovuto essere preceduto dal rifacimento dei tetti e da importanti interventi sulla struttura muraria, che presentava numerose fessurazioni e pericolosi distacchi.

Cappella dell'Immacolata.

Come ha ricordato il vicario don Clemente De Medici, la chiesa novarese di Santa Maria delle Grazie, annessa al quattrocentesco monastero dei canonici lateranensi, espropriata e ridotta ad usi laici in epoca napoleonica, era stata acquistata nel 1831 dai borghigiani di san Martino di Novara per farne la loro nuova parrocchiale ed era stata adattata alla nuova funzione riparando i danni subiti durante il periodo di esproprio, ridecorando volte e pareti e trasportando gli altari marmorei della precedente parrocchiale settecentesca: l’altar maggiore e i due altari laterali di San Bovo e dell’Immacolata.
Nel corso dell’Ottocento erano state decorate anche le altre quattro cappelle laterali e aggiunto un grande organo; infine a inizio Novecento i decori ottocenteschi erano stati ricoperti da affreschi in stile neo-rinascimentale del pittore Albertella.
Negli anni Sessanta la parrocchia decise di riportare in luce gli elementi rinascimentali della decorazione eliminando il coro ligneo, l’organo, il ciborio (opera del Marietti) e i quattro altari ottocenteschi fra cui, purtroppo, anche quello, ligneo, assai pregevole della confraternita degli Ortolani.

Particolare di una delle volte ridipinte dal Mussi.

Dagli “assaggi” emerse, nelle cappelle, nell’abside e sulle volte, traccia di una importante decorazione a fresco risalente all’epoca rinascimentale, il cui restauro fu affidato a Giulio Cesare Mussi.

L’arch. Paolo Mira, direttore dell’ufficio diocesano dei Beni culturali, ha messo l’accento sull’importanza del restauro come recupero non solo dell’opera d’arte ma anche recupero di tecniche e di memorie storiche, restauro che deve sempre essere preceduto da un’attenta e paziente ricerca d’archivio e attuato con prudenza, competenza e con interventi sempre reversibili, criteri manifestamente non seguiti nel restauro Mussi.

Particolare dell'affresco recuperato nel presbiterio.

Si è quindi intervenuti sulle decorazioni di abside e transetto, che sono state riportate alle tonalità originarie, evidenziate dalle ricerche, su un fondo bianco che dona alla chiesa una inattesa luminosità.Nel presbiterio è stato anche restaurato un affresco tombale, con ottimi risultati in considerazione dell'originale molto rovinato.
Ma le sorprese più eclatanti sono scaturite dagli interventi nella cappella dell’Immacolata, dove inizialmente, si prevedeva di ripristinare la decorazione ottocentesca a contorno del settecentesco altare che ospita la coeva bellissima statua lignea della Vergine.
A stravolgere il programma, come ha sottolineato Federico Barbieri, incaricato del restauro pittorico, è stato il risultato dei sondaggi effettuati sul soffitto a grottesche, che hanno subito evidenziato come il Mussi non avesse “recuperato” le pitture originarie ma le avesse ricoperte con decori, realizzati utilizzando pitture acriliche, genericamente similari ma molto semplificate e di tonalità più cupa; il restauro ha invece messo in luce una decorazione di altissima qualità figurativa, con colori assai luminosi.
Massimiliano Caldera, responsabile dell’area funzionale “patrimonio storico-artistico” della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli, ha ricordato come Novara, a fine Quattrocento, fosse parte del Ducato di Milano e che numerose tracce indicano che, sebbene terra di confine - o forse proprio per questo - fosse aperta alle influenze artistiche più moderne.
Sappiamo come proprio i lateranensi avessero commissionato nel 1507 al Bramantino una pala per la chiesa di santa Marta e, in S.M. delle Grazie vi fosse un quadro del Giovenone e si possa ancora ammirare, pur se danneggiato, uno splendido Battesimo di Cristo attribuito al Lanino; anche in san Nazzaro, qualche anno fa è stato ritrovata un’Annunciazione di altissima qualità, oltre naturalmente ai bellissimi dipinti e affreschi del Ferrari e del Lanino presenti in Duomo e in san Gaudenzio.

La volta della cappella restaurata

Caldera ha ricordato come la decorazione “a grottesche” si sia diffusa a partire da fine Quattrocento sull’onda della “riscoperta” dell’antico a seguito dello studio delle decorazioni con figure antropomorfe e chimeriche nelle “grotte” della romana Domus Aurea e come fra i primi a diffondere nei nostri territori questo tipo di decorazione fosse proprio il novarese Gaudenzio Ferrari.
Si consolida quindi un’immagine di una città all’avanguardia dove le novità artistiche rinascimentali si erano rapidamente affermate ed erano apprezzate dalla committenza.
Le grottesche ora riscoperte in S.M. delle Grazie, databili all’inizio del Cinquecento, sono quindi espressione di grande modernità e propongono un evidente contrasto alle coeve immagini dei santi, dipinti nella navata, ancora nell’antiquato stile proprio dalla locale bottega dei de Bosis.
I sondaggi effettuati hanno anche individuato interventi decorativi sei-settecenteschi come una bordura nell’abside che riprendeva i motivi decorativi dei capitelli marmorei e un gradevole trompe-l’oeil, sempre nella cappella dell’Immacolata, raffigurante una finestra con inferriata; immagini comunque documentate e di notevole interesse, ma ricoperte in seguito alla decisione di mettere in luce la sola fase cinquecentesca.
Il restauro, assai laborioso, ha richiesto la rimozione dei diversi strati di ridipintura succedutisi nel corso del tempo e, occorre dirlo, si è rivelato molto oneroso. Si auspicano quindi interventi finanziari che consentano alla parrocchia di proseguire il lavoro nelle altre cappelle, nel transetto e sulla facciata.
Il risultato è comunque eccezionale ed è legittimo quindi l’orgoglio dei restauratori e della parrocchia committente per aver riportato in luce questa pagina importante della storia artistica novarese.