Spigolature

Ladri di polli a Pernate [1571]

di Luigi Simonetta

Le carte dell’archivio notarile novarese sono fonte inesauribile di notizie e curiosità, e gettano nuova luce su molteplici aspetti della vita cittadina. In questo caso il documento oggetto delle presenti note ci offre una notizia interessante sull’alimentazione, notizia probabilmente inedita perché non ne ho trovato traccia altrove.
L’atto notarile, datato 7 settembre 1571, è una richiesta, indirizzata al pretore di Pernate, Giovan Pietro Graziosi, da messer Defendente e messer Francesco, fratelli Cavallotti di Novara, “calegari” ossia calzolai.
Non si pensi che si trattasse di persone di modesta estrazione, la congregazione dei calzolai era, a Novara, una vera potenza economica che gestiva l’ospedale di San Giuliano e i due fratelli non erano semplici lavoranti ma i facoltosi proprietari di una fiorente azienda.
Defendente era sposato alla nobile Vittoria della Sbarra e suo figlio Marcantonio esercitava la distinta attività di aromatario; un terzo fratello, Gerolamo, sposò una Visconti e suoi figli si imparentarono con i Trevirio, i Tornielli e i Brusati.
Questo per far capire che si trattava di una famiglia di rilevanti possibilità economiche che, anche nel cibo, aveva la possibilità di procurarsi “primizie” poco comuni.

Vincenzo Campi - La pollivendola

I due Cavallotti richiesero l’intervento del pretore perché erano stati oggetto di un furto di pollame, cosa non infrequente in quei tempi, ma la cosa insolita era l’oggetto del furto, non si trattava infatti di comuni galline ma di alcuni pullos seu gallinas indicas seu Indie.
Che cosa erano dunque questi “polli o galline indiche ovvero polli d’India”? Più avanti i derubati affermano di aver saputo che nel pollaio della cascina di Giovanni Delle Donne detto Roman di Pernate c’erano due degli animali trafugati pullos duos gallinaceos vivos, colloris mixti nigri et albi; polli d’India neri e bianchi! E’ quindi facile capire che si trattava di quelli che oggi chiamiamo tacchini.
Il tacchino [Meleagris gallopavo] era sconosciuto in Europa fino alla scoperta dell’America, dove era invece molto comune e apprezzato come animale domestico.
I primi soggetti furono importati in Spagna nel 1511 e arrivarono in Francia e in Germania nel 1538; la prima raffigurazione di questo animale in Italia è in un affresco del 1576 a Villa Torlonia di Roma, città dove sembra che i "polli d’India" siano arrivati nel 1572 come dono dell’Imperatore a papa Gregorio XIII.
Pare che questi esotici uccelli fossero già presenti a Venezia nel 1557 quando un editto ne favorì l’allevamento vietandone l’uccisione; non ho trovato indicazioni della loro presenza nel Milanese ma senza dubbio i tacchini dei Cavallotti erano comunque ancora una vera rarità, come prova non solo il fatto che essi abbiano dovuto descriverne il colore, evidentemente sconosciuto al pretore, ma anche che il solo possesso di tali animali era chiaro indice della colpevolezza del Delle Donne che non avrebbe mai potuto procurarseli dato il costo ancora molto alto anche se probabilmente inferiore al Luigi d’oro con cui erano stati pagati i tacchini importati in Francia trent’anni prima.
Chiudo con una piccola considerazione riguardante la denominazione: il pollo d’India, così detto nella convinzione che l’America altro non fosse che una parte delle Indie, fu poi sempre conosciuto dai novaresi come pulon ovvero “grosso pollo” mentre in altre regioni,(e anche in Francia e Germania) prese il nome di Dindo o Dindon [d’India]. Il termine tacchino, di area toscana, pare si riferisca al verso tac-tac usato dalle femmine per radunare i piccoli.
Questo ci fa anche supporre che il cognome Tacchini, tipico di Trecate dove è già documentato a inizio Cinquecento, non abbia alcun legame con il volatile ma faccia probabilmente riferimento al “tacco” ovvero rialzo di legno (quello delle scarpe, ma anche la zeppa per rialzare i mobili), come possibile soprannome per un antenato di bassa statura.