Spigolature

In posa davanti al cannone

di Luigi Simonetta

Dopo l’invenzione della fotografia il ritratto ebbe una rapida diffusione: la borghesia ottocentesca aveva trovato nella ripresa fotografica, pittorialmente ritoccate e incorniciate, un sostituto dei ritratti di famiglia che nobili e ricchi ostentavano nelle loro dimore.
Per i ceti più poveri, e in particolare nelle campagne, la foto rimase, ancora per lungo tempo, un oggetto quasi sconosciuto ed estraneo alla mentalità popolare: per la ripresa fotografica occorreva andare, con il miglior abbigliamento, presso un fotografo di città dal quale tornare in seguito a prendere la foto stampata; si trattava quindi una sensibile perdita di tempo, oltremodo onerosa, che le famiglie dei lavoratori rurali non potevano permettersi se non in casi eccezionali; guardando infatti le foto ottocentesche relative a famiglie di modesta estrazione sociale, ci si rende conto che si tratta, generalmente, di ritratti eseguiti in uno studio fotografico, quasi unicamente in occasione del matrimonio.

Dopo l’Unità d’Italia, di cui abbiamo celebrato il 160° anniversario, con la coscrizione obbligatoria si diffuse, fra i giovani chiamati alla leva, l’abitudine di inviare ai parenti lontani una foto ricordo di questo primo, e in molti casi unico, soggiorno al di fuori della località natale.

Fu però con la Prima Guerra mondiale che l’abitudine di inviare proprie foto "in divisa" raggiunse maggior diffusione in chiara relazione con il numero di soldati richiamati e della durata delle ostilità. Le foto che qui propongo quale documento e ricordo della Grande Guerra appartengono al piccolo archivio della mia famiglia che nel ramo paterno era stata toccata dalla guerra prima della maggior parte delle famiglie italiane: la prozia Rosa aveva infatti sposato un commerciante tedesco, Wilhelm Rassmann. Già nel 1914 a casa dei nonni si attendevano con ansia le lettere con le notizie dello zio Willi richiamato, anche se non più giovanissimo, e inviato sul fronte russo.

Il carteggio continuò, per tramite dei parenti svizzeri, anche dopo l'entrata in guerra dell’Italia quando mio nonno Luigi e il prozio Angiolino furono chiamati alle armi per combattere da parte opposta.

Wilhelm Rassman

Questa foto fu mandata nel 1917 dallo zio Whilhelm alla nonna Anna dall’Ospedale militare di Bad Gruna, in Sassonia dove, quasi quarantenne, era stato inviato ed assegnato ai servizi di sanità; sul retro della foto qualche frase scherzosa e l’assicurazione di stare “assai bene”, tanti affettuosi saluti alla giovane cognata Pinuccia e alla suocera che chiama “mammina”.

Luigi Simonetta
Angelo Simonetta

Nella sua lettera Wilhelm si informa anche dei due cognati che combattono sul fronte opposto e che, nel frattempo avevano anche loro mandato alla famiglia le loro foto tanto simili a quelle che ritroviamo in molti piccoli archivi famigliari immagini a figura intera con il militare in divisa che cerca di dare un’immagine rassicurante che tranquillizzi i famigliari. Mio nonno omonimo appare sereno e forte in una foto scattata a Verona durante una breve licenza dal fronte e suo fratello Angelo ostenta un’aria spavalda appoggiato a una sciabola da ufficiale (ma era soldato semplice).

Primo Landone
Carlo Martelli

L’altro nonno, Primo Landone, mandò invece alla fidanzata una foto con tutto il suo gruppo di artiglieri immortalato in posa sopra al cannone; suo cognato Carlo Martelli mandò invece alla famiglia una foto in studio, in cui riesce a mantenere, anche nella semplice divisa da soldato, l’eleganza che l’aveva fatto soprannominare “il Conte”, nel nativo Borgo san Martino.

Primo Landone

Anche le famiglie a casa, nella speranza di dare gioia ai loro cari al fronte, andavano a farsi fotografare, vestendo i figli il meglio possibile, per mandare poi ai combattenti l’immagine che questi avrebbero baciato e portato sul cuore andando all’assalto; in questa foto scattata nel 1917 la nonna Anna è con la figlia Angelina di tre anni e con la piccola Lisetta nata nel 1916. L’immagine cela un piccolo segreto: al momento dello scatto, la nonna era prossima a diventare madre per la terza volta; il nonno quando era in licenza non perdeva tempo.

Karl Seiner [quarto da sinistra in alto con fiocco bianco]

Chiudo con una immagine di pace; dopo la guerra le condizioni della popolazione austriaca erano disperate, miseria e fame colpivano la quasi totalità della popolazione ormai stremata dalla guerra: si temeva che molti bambini non riuscissero a passare l’inverno e si mobilitarono allora molte associazioni umanitarie internazionali. In Italia si mosse l’unione dei comuni socialisti, capeggiata dal sindaco di Milano Emilio Caldara, che fece arrivare da Vienna 2224 bambini, 500 rimasero a Milano, gli altri furono divisi fra i comuni aderenti che li ospitarono dal dicembre 1919 al maggio 1920. La foto ritrae i bambini che giunsero a Novara, dove furono ospitati perlopiù da modeste famiglie proletarie; il quarto da sinistra in alto con un gran fiocco bianco al collo passò l’inverno nella povera ma amorevole casa dei miei nonni materni, Primo e Caterina che ancora in tarda età ne ricordavano il nome e l’indirizzo: “Karl Seiner, via Mullinger, Vienna”.