Il museo storico archeologico di Suno e l'opera del notaio Bartolomeo Zanetta

di Erminia Zanetta - BSPN XXIX (1935) n. 4

A Suno Novarese, dal 1867 al 1887, fu segretario comunale mio Padre, il Notaio Bartolomeo Zanetta, nativo di Maggiora, ed io, ancor bambina, e cioè dal 1882 al 1880, fui l'unica amanuense, dell'attivissimo studio e la compagna proferita di mio Padre quando conduceva qualcuno a visitare il Museo Storico Archeologico. Ho perciò imparato da Lui il culto delle antichità, ed ho sempre avuto nitido il ricordo del materiale del Museo di Suno, che nel 1875 fu sistemato nella Casa Comunale, in apposita sede, nella via detta allora del Municipio e del Museo Patrio, e colà trasportato dall'oratorio di San Michele, sua sede primitiva.
Ricordo, come fosse ieri, lo studio di mio Padre ornato di piccolo materiale di scavo, come patere, urne cinerarie, vasi lacrimatori, tutte cose che gl'ingenui terrazzani guardavano con meraviglia mista a compatimento, non potendo capacitarsi come si potessero ricercare, conservare con tanto amore e. quel che è più, pagare dei vecchi cocci, «scciapèli tùti!».
Ma, più di tutto, durante la mia giovinezza, ho sempre ricordato un incarto di documenti riguardanti il Museo di Suno, contenente, tra l'altro, alcuni autografi di Teodoro Mommsen che mio Padre, con religioso orgoglio, mostrava a chi poteva capire ed apprezzare.

Dopo l'improvvisa morte del Notaio Zanetta — 9 ottobre 1887 — le sue giovanissime figlio lasciarono Suno per sempre, mentre il figlio, maggiore di loro, era già stabilito in America da cui non tornò più.
Cominciò allora il vandalismo a danno del povero Museo, di cui attualmente rimangono soli 11 monumenti lapidari e tre sono senza epigrafe passati nell'ottobre del 1928 al Museo Lapidario della Canonica di Novara, e ora a quello Civico (1).
Tutto le carte di mio Padre, salvo la parte passata all'Archivio Notarile di Novara, risentirono delle dolorose vicende della famiglia, e quando io, matura d'anni e meno incolta, volli cercare il prezioso incarto con gli autografi del Mommsen, non mi fu dato rinvenirlo.

Finalmente, nel 1920, quando ogni speranza era perduta, in un solaio della casa materna di Varallo Sesia, ultimo pacco sul fondo di un sacco ignorato e dimenticato, fu rinvenuto il piego prezioso. Se fosse stato nel Museo di Suno, avrebbe subita la sorte della ricca raccolta di monete, vasi, armi, di tutto insomma il materiale facilmente asportabile. Benedetto quindi il sacco e benemeriti i topi che lo rispettarono!
Per varie vicende della mia professione e della mia salute, non mi fu possibile far subito un completo riordino dei documenti ritrovati per una consapevole e ordinata donazione di essi al Museo Civico di Novara.
Intanto, il Bollettino Storico per la Provincia di Novara — Fascicolo III, anno XXV (IX) del 1931 — pubblicava il bellissimo lavoro del Prof. Oreste Scarzello: «Il Musco Lapidario della Canonica e gli antichi monumenti epigrafici di Novara» in cui i superstiti monumenti dell'ex Museo di Suno sono illustrati da par suo.
Conobbi tale studio per caso, solamente molto tempo dopo la sua pubblicazione, e più vivo e più imperioso sentii il dovere di affrettare la donazione di tutto l'incarto paterno, tanto per ciò che era di assoluto dominio del Notaio Zanetta, quanto per ciò che era stato a Lui affidato dall'Avv. Ravizza, onde farne dono al Museo di Suno, dolente io più che mai, che casi più forti della mia volontà mi avessero assolutamente impedito di farlo prima.
Senza questo mio ritardo, il Prof. Scarzello avrebbe forse avuta una più ampia documentazione per il suo lavoro, e al nome del benemerito Ravizza avrebbe certamente unito quello di Zanetta, fra i creatori del Museo di Suno. Riparo ora come so all'incolpevole ritardo.
Premetto, intanto, che la donazione di tutto il ritrovato incarto al Museo Civico di Novara è fatta anche a nome di mio fratello il Prof. Attilio, residente a La Plata (Rep. Argentina) e delle mie sorelle Giacinta ed Abigaille, e che l'incarto, nella sua prima parte, riguardante esclusivamente il Museo di Suno, comprende:
a) N. 5 lettere autografe di Teodoro Monimsen: due dirette all'Avv. Ravizza e tre al Notaio Zanetta;
b) N. 47 tra lettere e cartoline ed altri scritti dell'Avv. Ravizza, quasi tutti diretti al Notaio Zanetta, dal 1872 al 1879;
c) N. 8 tra disegni e autografi del Notaio Zanetta;
d) N. 6 autografi degli Archeologi e cultori dell'Archeologia: Brazza, Mella, Morbio, Rusconi, Henzen;
e) Un elenco di donazioni.

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Dice il citato Bollettino Storico per la Provincia di Novara - Fasc. III - anno XXV (IX) del 1931 a pag. 1:... più tardi (gli avanzi dei tempi romani) trovarono ricercatori intelligenti ed appassionati che li raccolsero, cercando salvarli dal pericolo di nuove dispersioni.
Tra costoro merita di essere segnalato l'Avv. Giuseppe Ravizza, che, verso il 1870, formò un notevole Museo coi resti romani dissepolti nelle campagne o ritrovati tra le macerie di antiche chiese di Suno.

Sì, l'ottimo Avv. Ravizza fece assai in potenza ed in desiderio per il Museo di Suno, come per la gloria storica di Novara e d'Italia, e dall'incarto Zanetta che Lo riguarda escono tali voci in suo onore che, leggendolo, rileggendolo, annotandolo, mi sono vivamente commossa.
E vorrei che specialmente i giovani conoscessero quelle carte, e riverenti mandassero come me un saluto alla memoria di Giuseppe Ravizza, onorando in Lui quanti come Lui, anche dopo la loro morte, insegnano l'entusiasmo e la fede che si traducono in tacite e costanti opere di bene; il disinteresse che va fino al sacrificio e l'amore alla coltura ed al risorgimento del Paese, perseguito contro ogni forza avversa o deleteria.

Ma fra i «ricercatori intelligenti ed appassionati» di cui dice l'egregio Prof. Scarzello, tecnici solamente per amorosa autodidattica, ma che pure concorsero a creare il Museo di Suno, noi discendenti del Notaio Zanetta sentiamo il dovere ed il compiacimento, non solo di figli, ma di educatori e di italiani, di annoverare anche nostro Padre, documentando quanto Egli fece per il lustro di quel Comune rurale in cui, allora, in fatto di luce di storia antica e di archeologia, era il solo raggio, come era l'unico spirito fattivamente entusiasta e disinteressato.
Credo anzi di far opera grata al nobile e generoso spirito dell'Avv. Ravizza, così affratellato con quello dello Zanetta in una comune idealità, cominciando dai suoi scritti e togliendo solo qua e là qualche tratto significativo.
Infatti, nelle sue Memorie Storiche di Suno pubblicate nel 1872, all'epoca del solenne trasporto dei SS. Genesio Notaio e Comico patroni di Suno — a pag. 26-27 egli scrive: ... altri 4 cippi eguali od are di granito furono scoperti nell'anno 1859 fra i ruderi che coprono il suolo ove prima era la parte anteriore della della chiesa, il battistero ottagono ed il portico che congiungeva l'una all'altro. Devesi la loro conservazione alla solerte cura dell'attuale zelantissimo Segretario Comunale Notaio Bartolomeo Zanetta, del lustro di questo paese amantissimo.
Per chi non lo sapesse, ricordo qui che nel 1843 l'antica basilica Plebana di San Genesio, un gioiello dell'VIII o del IX secolo, fu trasformata in una nuova chiesa senza stile e senza pregio; fu distrutto quanto restava dell'antico Battistero ottagono simile e coevo a quello di Novara che ancora rimane presso il Duomo; fu consumata la profanazione storica ed artistica di cui rammento che mio Padre parlava con le lagrime nella voce, se non negli occhi.
Sull'area della Basilica e del Battistero furono trovate delle lapidi che per trascuratezza ed ignoranza andarono perdute, o dimenticate per molto tempo. Ma dopo il 1867, epoca in cui il Notaio Zanetta venne a Suno come Segretario Comunale, cominciarono i ritrovamenti archeologici.
Per opera e merito di chi, se, a quei tempi, a Suno non v'era persona in grado di occuparsene? Del resto, ancora oggi c'è in paese chi ricorda l'opera del Zanetta per non mai spenta tradizione.

Ma ecco quanto dice ancora il Ravizza in un suo lavoro che doveva essere un'aggiunta ad una nuova edizione delle Memorie Storiche, nell'«Avviso al lettore», e nel quale fa un po' di storia della sua attività in favore di Suno:
Nella decorsa estate 1872, chiamato a Suno dall'amicizia, vi ammirai i molti preziosi monumenti romani, ebbi la ventura di coadiuvare a scoprirne alcuni nuovi e riconosciuto quel paese come ricchissimo di antiche memorie, spiacente che nessuno finora ne avesse scritto la storia, esternai desiderio di scriverla io stesso al meglio che per me si potesse.
Sì, il Ravizza scrive la Storia di Suno, ma l'«amicizia» che si rivolge alla generosa e disinteressata sua competenza è quella del Notaio Zanetta, come si vedrà più avanti, negli scritti del Zanetta stesso.

Nella lettera dell'8-1-1875 dice l'appassionato Archeologo novarese:... Mi duole assai che a Suno la divisione dei partiti abbia fatto sparire quella bella unione che tanto favoriva il progresso. Mi duole assai che per tali cose abbiano dispiaceri ... e lei (Zanetta) a cui, me lo lasci dire, molto si deve di quel tanto che si è fatto a Suno....
In lettere successive si può leggere:
1 Ottobre 1875.La lodo e ringrazio infinitamente della bontà dimostrata a me e delle fatiche fatte pel lustro del paese che, creda pure, tosto o tardi, gli sarà riconoscente. Ha fatto benissimo a raccogliere il Museo come ha fatto, e sarei ansioso di vederlo.
Ha fatto poi benissimo a far scrivere le iscrizioni dei singoli monumenti, cosa che io non ho potuto ottenere di fare a Novara. Mi consolo assai che siansi decretati altri scavi a San Genesio. Oh, perche sono io tanto lontano?.

10 Ottobre 1877.... Lo so che siete una perla degli amici e quindi a voi per tutto mi rimetto (si tratta della compilazione del catalogo) desioso che si cangino le circostanze e possa io pure fare qualche cosa per voi come voi avete fatto tanto per me....

5 Luglio 1878.... Il Comune di Suno, a dir vero, ha verso di voi tante obbigazioni.
E così in tutte le sue lettere fino al 1879, cioè fino a quando la sua appassionata attività in favore di Suno può essere documentata da quanto possiedo: attività appassionata tanto più lodevole in favore di un Comune che non gli fu certo largo né di incoraggiamenti morali, né di compensi materiali, e tanto più meritoria, ìnquantochè il Ravizza era allora occupatissimo nel suo lavoro sul Bescapè.

Anche il Rusconi — allora Presidente della Commissione Archeologica di Novara — a pag. 6-7 dell'opuscolo dell'agosto 1876, uguale all'articolo su «La Vedetta» dell'8 agosto, così parla:... quel che però è certo si è che dagli avanzi dell'antica chiesa di San Genesio...erano già emersi alcuni monumenti romani e moltissimi vanno tuttodì scoprendosi nel rimaneggiamento del suolo, già costituente l'area della chiesa suddetta.
Per guisa che il piccolo Municipio di Suno, mercé l'opera del suo Sindaco e del Notaio Zanetta, emulando Novara, ha potuto non solamente erigere un Museo patrio, dove, tra le olle cinerarie, i vasi lacrimatorii e balsamici, veggonsi saggiamente disposti le antiche e molte are, lapidi e cippi romani, ma seppe altresì infondere nei suoi terrieri una nobile gara di ricerche, affinchè nulla vada perduto.

In una lettera precedente diceva:... Lo squisito patriottismo locale che onora questo Municipio e il suo Segretario... .

Ma il documento principe che da la più luminosa prova e la più autorevole conferma di quanto dicono tutti gli altri documenti a lode del Ravizza e di Zanetta, e attesta quanto, per merito Loro, fosse diventato e potesse anche più diventare il Paese per la sua importanza storica ed archeologica, sta nelle cinque lettere di Teodoro Mommsen, pubblicate integralmente come appendice a questo mio scritto.
Fra esse, quella al Notaio Zanetta — in data 22 settembre 1876 — provocata dall'articolo del medesimo su «La Vedetta» e la richiesta dei calchi per il II Vol. del C.I.L. dimostrano ancora una volta quale parte abbia avuto il Notaio Zanetta nella creazione, nell'accrescimento, nella conservazione e nella notorietà presso i dotti del suo diletto Museo.

Su tale argomento è pure di notevole importanza una lettera al Not. Zanetta del Conte Edoardo Mella, allora Ispettore dei monumenti della Provincia.
È da notare che tutte queste personalità del mondo della coltura archeologica non si rivolgono al Zanetta come Segretario che può essere l'ordinatore e il custode materiale del Museo, ma gli parlano come ad un loro pari — la modestia dei sapienti è sempre in ragione diretta dei loro meriti - e chiedono e danno notizie, consiglio, schiarimenti come ad un uomo animato del loro stesso spirito, illuminato della loro stessa luce.
E che tale veramente fosse, risulla pure dalle carte di Lui, rinvenute con le altre nel famoso piego e di cui si fa dono al Museo di Novara.
Ecco la minuta della lettera del 9 agosto 1872 al Ministro della P. I. per dar notizia dell'avvenuta creazione del Museo e chiedere che l'oratorio ov'era collocato passi in proprietà al Comune per la sede definitiva del Museo stesso.
Ecco i Testimoniali di Stato sulle feste e sull'apertura del Museo, da Lui rogati quale Notaio.
Nell'ultima pagina, elencando doni e donatori del neo-Museo, dice:... e quattro cippi e un avanzo di lapide (furono dati al Comune) dal Notaio Zanetta rogante il presente atto, descritti nella Storia di Suno del Sig. Cav. e Avv. Ravizza ai numeri 11 - 12 - 13 - 11 - 15.
A proposito del N. 15, le testuali parole del Ravizza dicono la fraterna collaborazione dei due Amici in favore di Suno:... un frammento di lapide sepolcrale che nella casa di un villico serviva di piedestallo alla secchia, e fu raccolto me presente dal sudetto meritatissimo Segretario Zanetta....

C'è poi una lettera al Ravizza del 17 luglio 1877 da cui trabocca una gioia quasi fanciullesca per il casuale ritrovamento di una lapide nella località Baraggia verso Fontaneto, lapide adibita a ponticella per il passaggio di un canale irrigatorio.
E non aveva matita in tasca per copiare l'iscrizione, che ritiene a memoria fino a casa.
Nella stessa lettera parla di monete medioevali regalategli da Monsignor Maggiotti di Cavaglietto e di vasi etruschi e romani donatigli dal Pretore di Momo d'allora. Di dove provenivano quei vasi? Non saprei, ma ricordo i bei vasi dalla caratteristica vernice rossa e nera, simili ad altri visti poi in tanti Musei d'Italia.

Fra tutti gli autografi dì mio Padre, la lettera che più commuove, come commuovono alcune del Ravizza sullo stesso argomento, è la seguente, che ancora una volta insegna come nella storia della povera Umanità, ogni progresso, ogni conquista, siano sforzo e sacrificio di pochi in mezzo alla folla degli indifferenti, quando non sia di nemici.

Suno, lì 15 agosto 1877.
Carissimo Amico,
Rispondo argomento per argomento alla vostra lettera. Badate che lo scilinguagnolo l'ho sciolto e credo di essere giusto nei miei criteri...
Per voi ed amici della vostra tempra vi sono corpo ed anima, né voglio ringraziamenti: per quanto posso fare lo faccio spontaneamente e con soddisfazione, senzaché mi vi spinga interesse od ambizione di sorta.
Pel mio Museo ho interessati quanti ho potuto e voi lo sapete, perché a voi principalmente ho fatto fare dei sacrifizi.
Non è colpa mia se al mio fianco vi erano persone ambiziose da cui devo necessariamente dipendere e che tutto mi sfruttano, vulnerando in moltissime circostanze il mio operato. Quante volte mi sono sentito dire del pazzo, dell'utopista!.
Pazienza, dicevo a me stesso, non mi comprendono; col tempo si convinceranno che io batto un sentiero che porterà Suno alla luce del mondo archeologico.
Finalmente nel 1872 ebbi il primo risultato mercè la vostra intelligente opera, quindi con maggior animo proseguii, quantunque più volle scoraggiato.
Ma di ciò basta....

Da questa lettera risulta chiaramente, come dicevo prima, che fu Zanetta ad indurre il Comune a far degli scavi a San Genesio, miniera forse anche oggi inesausta di materiale storico-archeologico e che l'amicizia che chiamò l'egregio e generoso Ravizza a interessarsi del Museo di Suno — fino a prova contraria — è proprio da intendersi quella del Notaio Zanetta.
«Di ciò basta!» conclude la lettera a proposito dei guai che toccano sempre ai pionieri di ogni campo, ma non cessò certo per questo il suo amore per Suno e per il suo Museo, né cessarono le ricerche, i ritrovamenti, continuati negli anni successivi, benché così amari e preoccupati per Lui, come Segretario di Suno e come privato.
A spese di chi furono fatte tutte quelle ricerche?
A Suno, per deferente e illuminata cortesia del Podestà Signor Pozzi, che qui ancora vivamente ringrazio, potei esaminare foglio per foglio tutti i verbali di Giunta e di Consiglio, tutti i copialettere e tutti i registri dei mandati dal 1866 al 1887, e non trovai che questi dati relativi alle spese.

Nel 1876 — l'anno dei portenti nei fasti dell'Archeologia di Suno, — una lettera del Sindaco ai Presidente della Fabbriceria di San Genesio assegna L. 70 per gli scavi che essa farà fare, ma riservando al Comune la assoluta proprietà dei ritrovamenti.
Nello stesso anno sono segnate nel mandalo N. 101 L. 25,50 «pel Museo Zanetta» e in quello N. 108 L. 52 al pittore Negri per iscrizioni relative.
Nel 1877 fu pure assegnata la somma di L. 100 all'Avv. Ravizza quale compenso per spese vive incontrate per la compilazione del suo Catalogo I, ma credo che non gli siano pervenute sollecitamente.
Nel 1879 un deliberato di Giunta assegnava L. 20 a Ferri Carlo fu Genesio che «dietro invito del Notaio Zanetta» offerse materiale archeologico scavato nella regione detta i Balchi.
E non trovai altro. Penso però che ben di più abbia fatto il Comune e che qualche nota importante sia andata smarrita o perduta, come molte altre cose di quell'Archivio, dopo vicende locali e generali come la guerra mondiale, ed in causa dei successivi cambiamenti di sede della Casa Comunale.
Ma se non posso precisare quanto abbia fatto il Comune, so per ricordi miei e per testimonianze familiari, che mio Padre molto vi profuse del suo con la passione e il disinteresse che caratterizzarono la sua vita e lo accompagnarono povero alla morte.

Avrei così finito il caro e doveroso compito di far luce intorno alla figura del Notaio Zanetta ricercatore fervente di materiale archeologico e storico, modesto ausilio ad universali studi, rivendicazione di civiltà nostre che escono vive dai sepolcri grevi dei secoli.
Mi si conceda tuttavia di aggiungere una breve pagina per integrare la Sua figura civile, ponendola tra quelle — sia pure di umile altezza — così vivamente espresse dal nostro Risorgimento Nazionale.
Nella sua giovinezza fu giornalista, mazziniano e garibaldino convinto ed attivo; purtroppo, ogni documentazione di ciò è andata perduta.
Rimane invece il brevetto della sua partecipazione alla campagna del 1860-1861, a dimostrare che al pensiero unì l'azione; rimane il Decreto che Lo fregia della medaglia di benemerenza per l'assistenza prestata a Suno durante l'epidemia colerica del 1867, che afflisse anche quel Comune ove era Segretario da pochi mesi.
Nell'Archivio di Suno esistono memorie che documentano come in quel villaggio, di allora 2850 abitanti, ci fossero scuole serali già nel 1870; come se ne istituissero in seguito delle domenicali.
Benché nessuna vana esibizione di nomi sia scritta nell'attività per la scuola di quel tempo a ricordare, tra i benemeriti dell'istruzione, mio Padre, è nella memoria di tutti quanto fosse intrinseco al suo spirito rinnovatore lo sforzo per la redenzione culturale di quel popolo agricolo; è quindi semplice giustizia attribuire al Suo segretariato gran parte del merito di quello che si potè fare allora per la scuola.

Chiusa questa parentesi aggiuntiva, ritornando allo scopo principale di questa mia memoria, che è quello di illustrare in mio Padre una modesta, ma chiara figura di ricercatore di antichità, ponendola a suo onore nel grande quadro dei Suoi illustri Inspiratori, Collaboratori ed Amici, nonché di giovare con qualche notizia agli studi intorno al Museo di Suno, sarò lieta se la gioventù studiosa ne trarrà ispirazione di qualche riverenza e gratitudine verso questi entusiasti e tenaci suscitatori, custodi di ciò che fu grande nel passato per la luce della Storia.

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(1) Di 21 monumenti parla il Notaio Zanetta nella lettera del 9-VIII-1872 al Ministro della Pubblica Istruzione.
Ne descrisse 17 l'Avv. Ravizza nelle Memorie Storiche di Suno, già stampate a quell'epoca, più una lapide che era sulla porta laterale dell'Oratorio di San Michele;
25 ne descrive il Rusconi nell'articolo del 11 agosto 1870 su La Vedetta di Novara, includendo quelle andate smarrite prima del 1872 e ritrovate più tardi;
22 ne elenca l'articolo del Notaio Zanetta dell'8 aprile 1876 su lo stesso giornale, quando non erano ancora state trovate quelle di Lucio Vero, di Vibio Optato e di Rolando;
28 ne descrive il Ravizza nel suo Catalogo I, edito nel 1877.