Bollettino Storico per la Provincia di Novara - CX (2019) I/II


Pour en finir avec ...
i preconcetti sull’architettura degli anni ‘30

Ci piace far uso di una tipica, e perentoria, espressione della lingua francese per introdurre la nostra, parzialissima, monografia sull’attività novarese di Gino Franzi, con Mario Martelli e Wilelmo Torri.
L’esplicito riferimento è quello a 900. Cahiers d'Italie et d'Europe rivista fondamentale per la comprensione della ricchezza del dibattito culturale del periodo.

La critica architettonica postbellica, impegnata in una manichea battaglia per l’affermazione delle tesi di Leonardo Benevolo da una parte e di Federico Zevi dall’altra, ha trovato nell’affermazine ideologica di una “moralità” antifascista dell’architettura “razionalista” l’unico punto di contatto.

Ciò ha prodotto, per contrasto, nell’opinione comune, la superficiale, e generica, identificazione di gran parte delle costruzioni realizzate durante il ventennio con un presunto, e deprecabile, “stile fascista”, la cui articolazione formale e i cui riferimenti alla realtà internazionale vengono messi in secondo piano.

Solo a partire dalla seconda metà degli anni ‘70 la critica accademica ha iniziato un accurato processo di “revisione critica” – ben lungi dal quasi parallelo processo di revisionismo storico – sfociato nella fondamentale opera di Giorgio Ciucci e del suo allievo Paolo Nicoloso.

Quando Pagano scrive «ora l’architettura moderna è arte di stato», non fa che evidenziare come esista una sorta di duplicità fra un’idea di architettura come “stile” di un’epoca, fascista o europea poco importa, e un’idea di architettura come “immagine” di un regime, questo sì fascista, che è giovane, che non può non essere polemicamente intransigente, che inizia a credere nel suo ruolo internazionale.

E ancora

Gli architetti del Gruppo 7 sono nati all’architettura razionale leggendo Vers une architecture di Le Corbusier; ora che Le Corbusier diviene anche mistico, essi pensano di correre con lui la loro avventura: lo sanno vicino alle loro idee, anche politiche, lo vogliono in Italia, a Roma, cercano di farlo incontrare con Mussolini, presentandolo come l’adepto di una «mediterraneità» che è idea tutta «italiana» e «fascista», come colui che avendo per primo compreso che lo spirito classico è fondamento delle forme razionali, pone la propria capacità al servizio del fascismo.

Ecco quindi che l’opera dei tre giovani professionisti, ai quali la ricchezza delle esperienze internazionali è certamente nota per il tramite delle riviste di settore e, almeno nel caso di Franzi, per la personale frequentazione del più esclusivo milieu professionale grazie al lavoro per il Palazzo della Società delle Nazioni ginevrino, ci offre l’occasione di osservare con un occhio meno ingenuo l’ambiente professionale (e politico) locale e di cogliere la complessità delle dinamiche che legano il mondo della “creazione” architettonica con quello delle esigenze “funzionali” e “rappresentative” delle amministrazioni locali.

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«Se avanzo seguitemi!»

di Sandro Callerio

Sironi, L'architetto

Da un necrologio sul Corriere della Sera sono venuto a sapere che lo scorso 19 febbraio [1971] è morto a Milano Luigi Franzi, detto Gino, l’unico grande architetto cui la nostra Verbania (nello specifico Pallanza) abbia, sino ad ora, dato i natali.

Così inizia la biografia di «Un grande architetto», a firma di Giobatta Zancarini, apparsa in rete nel 2010 e nella quale mi imbattei del tutto casualmente nei primi mesi del 2014.

Mi riproposi immediatamente di capire chi fosse questo architetto verbanese, autore di opere così importanti, quasi totalmente assente nella storiografia accademica e ancor meno noto al mondo professionale locale.

La fortuna, unita ad un po' di caparbia insistenza, mi permisero di identificare dei possibili discendenti che, contattati, diedero la massima disponibilità e ogni sostegno per l'inizio di una metodica ricerca, che ha permesso di correggere alcune imprecisioni contenute in quel testo e messo in luce l’opera di un progettista di straordinario interesse per la ricostruzione della vita professionale, non solo novarese, degli anni '30.

Con la sola eccezione della tesi di laurea discussa nel 1993 da Patrizia Mazzella presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma, l’opera di Gino Franzi rimane ancor oggi pressocché sconosciuta tanto al grande pubblico quanto all’universo professionale.

Questo lavoro, grazie soprattutto all’insperata disponibilità dell’archivio personale di Mario Martelli, limitandosi al contesto novarese tra le due guerre, e facendo solo un breve cenno all’attività come scenografo, vuole cercare di porre le basi, ed essere di stimolo, per un successivo approfondimento.

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Studi e ricerche

Riprendendo lo spirito della rubrica “Thesis” degli anni ‘80 e ‘90, i lavori di due giovani ricercatori: un breve studio di Bambina Chiavelli su Luigi Camoletti autore drammatico e un saggio di Vito Nardulli dal titolo Nascere servito e vivere per servire. La carriera politica di Giuseppe Benedetto Maria Tornielli prefetto e nobile di camera, frutto della rielaborazione del proprio lavoro di tesi.

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Luigi Camoletti, autore drammatico

di Bambina Chiavelli

Luigi Camoletti (Novara, 1803-1880)1, intellettuale poliedrico, fu giornalista, fondatore e direttore di testate, scrittore, commediografo, librettista, attore e cantante lirico, pittore scenografo, stilista e costumista, critico e storico del teatro nonché direttore del Teatro Sociale di Novara.

Era noto soprattutto per la composizione di drammi sentimentali, lacrimosi, romanzeschi e “ad effetto”, che esaltavano gli animi delle platee romantiche anche per merito delle performaces di attori valenti, ispirati alla feconda produzione teatrale francese coeva, dalle tinte forti: prodotto di una mente eclettica, geniale ma volubile.

Si viene a conoscenza delle principali notizie biografiche sull'autore grazie alla autobiografia Memorie a spizzico di un uomo qualunque dallo stesso scritta nel 1876, edita postuma da Alberto Viarengo nel 2003...

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Giuseppe Benedetto Maria Tornielli di Vergano

di Vito Nardulli

I Tornielli furono sicuramente una tra le più influenti famiglie novaresi e, insieme con i Brusati e i Cavallazzi, dominarono la scena politica comunale sin dalla prima età medievale.

Pochi documenti relativi al casato, conservati nell’Archivio di Stato di Novara, sono anteriori all’XI secolo.

Fonti posteriori affermano che i primi Tornielli discesero in Italia, nel 568 con Alboino, re dei Longobardi; altre sostengono che discesero nell’area padana al seguito delle invasioni ungare tra la fine del IX e l’inizio del X secolo.

Certo è che la genealogia di questa dinastia comitale abbraccia almeno otto secoli di storia, andando dal XIII secolo, quando le notizie sui Tornielli iniziano ad essere molteplici, all’inizio del XX secolo quando, nel 1908, con la morte di Giuseppe Tornielli-Brusati di Vergano, il ramo maschile “di Vergano” poté considerarsi estinto...

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