Bollettino Storico per la Provincia di Novara - CIX (2018) I/II
Ancora sulla Grande Guerra

La guerra è finita.

di Sandro Callerio

Protocollo delle condizioni d'armistizio

Terminiamo con questo numero la nostra, certamente parziale, (ri)lettura delle vicende della Grande Guerra.
Dopo il “Diario” di Luigi Vercelli [1], che ci ha trasportati in uno scenario di guerra sconosciuto o quasi dimenticato, i quattro agili studi che proponiamo ci riportano in un contesto “locale”, ma non per questo meno stimolante.

Enrico Fuselli, profondo conoscitore dell’attività della Guardia di Finanza, ne descrive le attività nell’area settentrionale della provincia, che allora si estendeva fino al confine con la Svizzera, la cui formale neutralità non evitò di destare fondati sospetti.

Renzo Fiammetti, rappresentante novarese dell’Österreichische Schwarze Kreuz [2], ci presenta un quadro dettagliato dell’utilizzo dei prigionieri di guerra austriaci e tedeschi quale mano d’opera a basso costo, evidenziando anche le possibili criticità “sindacali”, a ulteriore dimostrazione della contraddittorietà delle umane vicende.

Maria Carla Uglietti Rogate descrive una piccola città di provincia, Novara, nella quale convivono, anche durante il periodo bellico, divertimenti popolari come teatri e cinematografi, sport all’aperto, una splendida piscina liberty che si propone come sofisticato centro benessere, bagni e lavatoi pubblici per i meno abbienti; le donne acquisiscono un ruolo di primo piano in famiglia e al lavoro; gli editori, gli uomini di cultura e gli artisti proseguono la loro preziosa attività; sopravvive la piccola imprenditoria locale. La vita continua, tra lutti, requisizioni e restrizioni, ma intanto i novaresi mantengono le loro tradizioni e nel contempo si aprono alle novità degli inizi del Novecento.

Gian Luca Chiericati, infine, ci propone una raccolta di episodi, talvolta paradossali, relativi a conterranei di alcune piccole realtà locali del Novarese e della Lomellina, che riescono talvolta a trasformare la tragica cupezza degli eventi bellici in momenti di surreale comicità.

Gian Luca Chiericati, segretario della sezione provinciale di Novara - VCO dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, ci propone inoltre una personalissima, ma non per questo meno stimolante “Bibliografia da comodino” relativa a studi, recenti o meno, sulla Grande Guerra.

Simonetta Focardi ci propone poi una serie di biografie di caduti novaresi, già allievi dell’allora Regio Liceo-Ginnasio e Convitto nazionale di Novara, estratte dal volume In ricordo e onore degli alunni che militarono durante la quarta guerra d’indipendenza, cui fa seguito una selezione, a cura di Luigi Simonetta, di fotografie di cittadini novaresi attivi nel cosiddetto “fronte interno”.

(1) Bollettino Storico per la Provincia di Novara, CVII [2016], Novara 2018.
(2) La Croce Nera d'Austria è un'associazione austriaca fondata nel 1919 che collabora con il Ministero della difesa austriaco con lo scopo di mantenere viva la memoria dei militari caduti nei conflitti mondiali e, a tal fine, censisce i luoghi di sepoltura ed effettua periodiche visite nei cimiteri e nei sacrari militari che contengono spoglie di soldati austriaci, sia in Austria che all'estero.

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L’attività della R. Guardia di Finanza nell’alto Novarese durante la Grande guerra

di Enrico Fuselli

Nei primi anni del Novecento era ormai chiaro che l’Europa stava avviandosi, lentamente ma inesorabilmente, verso un nuovo, grande conflitto, che, grazie ai progressi dell’industria, sarebbe stato molto più distruttivo rispetto ai precedenti. La maggior parte dei paesi del vecchio continente si preparò alla nuova grande prova, che, al momento dello scoppio, fu accolta dall’opinione pubblica come una sorta di liberazione, scatenando vere e proprie scene di giubilo popolare [1] (per la verità, anche gli intellettuali non restarono indifferenti di fronte al grande conflitto [2]).

Già nel 1912 le autorità militari italiane avevano previsto l’impiego della R. Guardia di Finanza in caso di guerra; nel redigere l’Istruzione riservata per la mobilitazione e l’impiego in guerra della R. Guardia di Finanza, venne sottolineata la necessità di potenziare le brigate del Corpo distribuite lungo i confini di terra e mare del nostro paese, con lo scopo di «meglio assicurare l’adempimento dei vari compiti (vigilanza, informazioni, polizia militare, ecc.)» [3]). Inizialmente l’impiego dei battaglioni mobilitati della R. Guardia di Finanza era previsto per la difesa delle coste italiane, ma, a fine novembre 1914, il comando del Corpo di Stato maggiore chiese se gli stessi avrebbero potuto essere “distolti per altri impieghi”; dopo pochi giorni giunse una risposta positiva al quesito [4])...

(1) Impressionanti le parole di Stefan ZWEIG, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, Milano, Mondadori, 1979 (tit. originale: Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europäers, trad. it. di Lavinia Mazzucchetti), pp. 179-181, che descrivono le scene di euforia generale nella capitale austriaca dopo la diffusione della notizia della mobilitazione generale, che precedette di poco lo scoppio della guerra.
(2) Sul documento con cui 93 intellettuali tedeschi giustificarono la decisione del proprio paese di scatenare la guerra si veda Hans WEHBERG, Wider den Aufruf der 93! Das ergebnis einer Rundfrage an die 93 Intellektuellen über die Kriegsschuld, Charlottenburg, Deutsche Verlagsgesellschaft für Politik u. Geschichte m.b.h., 1920.
(3) Roma, Archivio del Museo storico della Guardia di Finanza (d’ora in poi AMSGDF), fondo Miscellanea, Prima guerra mondiale, n. 442 - Varie su mobilitazione, busta n. 6, cart. n. 90 - Disposizioni speciali di mobilitazione. Distribuzione di documenti relativi alla mobilitazione e di quelli riservati, circ. n. 689 r.s. - “Mobilitazione ed impiego di guerra della Regia Guardia di finanza” del 14 settembre 1912 del Comando del Corpo di Stato maggiore - Ufficio del Capo di Stato maggiore dell’Esercito. Sono debitore nei confronti della cortesia e della disponibilità del presidente, gen.c.a. Flavio Zanini, e del direttore, magg. Gerardo Severino, del Museo Storico della Guardia di Finanza di Roma, nonché del personale tutto dello stesso.
(4) Pierpaolo MECCARIELLO, Storia della Guardia di Finanza, Firenze, Le Monnier, 2003, p. 115.


 
 


 
 


 
 

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La prigionia di guerra nel Novarese

di Renzo Fiammetti

L’attenzione sulle vicende dei prigionieri di guerra austro ungarici e tedeschi nel Novarese durante la prima guerra mondiale è tema di acquisizione recente ma ha trovato un riscontro preciso e una vivace attenzione a livello saggistico [1], declinando a livello locale specifici campi di studio della storiografia nazionale [2] che negli ultimi anni ha così colmato una lacuna tutta italiana sul tema [3].

Lo studio delle vicende della prigionia di guerra ha poggiato sul nuovo slancio dato alla ricerca e alla divulgazione di temi legati al primo conflitto mondiale con l’avvio del primo Centenario della prima guerra mondiale [4] e a livello locale novarese l’attenzione si è spostata nel corso di questi anni da un ambito strettamente specialistico a un piano più ampio e diffuso.

Il 27 ottobre 2015 la Giunta municipale di Novara, riunita a Palazzo Cabrino, formalmente abrogava parte della delibera numero 88 del 6 febbraio 1923 e autorizzava la collocazione di una targa, nel pressi dell’Obelisco ricordo dei Caduti collocato nel cimitero urbano, con i nomi dei prigionieri di guerra austroungarici morti a Novara [5]. L’abrogazione si riferiva alla parte della delibera nella quale, l’allora amministrazione cittadina retta dal sindaco Dante Bocci, recependo l’indicazione in tal senso dell’assessore Marchisio, stabiliva che dalle targhe nominative sull’Obelisco fossero depennati i nomi dei prigionieri austriaci, cosa che invece si era riproposta di fare la precedente amministrazione, per questo bollata come «bassa e vile» dalla giunta Bocci, guidata dal sindaco socialista Giuseppe Bonfantini...

(1) Una prima edizione del saggio sul tema della prigionia di guerra nel Novarese, di cui il presente lavoro è un aggiornamento fu: Renzo Fiammetti, «Primi appunti per una storia dei prigionieri austroungarici e tedeschi nel Novarese durante la prima guerra mondiale» , I sentieri della ricerca. Rivista di storia contemporanea, 11/2010, pagg. 99-114. Il tema è stato ripreso, con altri, anche nel volume 1915-1918 Novara in guerra: le donne, i prigionieri, i soldati, i moribondi, promosso dai Rotary club di Novara e Valticino di Novara, Novara 2016, in particolare attraverso le ricerche degli allievi del Liceo Classico Carlo Alberto di Novara.
(2) Cfr. Alessandro Tortato, La prigionia di guerra in Italia 1915 – 1919, Mursia, Milano, 2004. Il saggio di Tortato è quanto di più sistematico e scientificamente fondato su una solida base documentale esista in Italia, ad oggi, sul tema, e vi faremo ampio ricorso per le note che seguono. Un testo, quello di Tortato, che si affianca al saggio di Giovanna Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande guerra. Con una raccolta di lettere inedite, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, sulle vicende dei prigionieri italiani in Austria e Germania. Successivamente al saggio di Tortato, è apparso lo studio di Giovanni Re, Prigionieri dimenticati. Cellelager 1917 – 1918. Mursia, Milano, 2008, tratto dalle memorie di un ufficiale italiano, Niccolò Nicchiarelli, internato nel Gefangenenlager di Celle, nei pressi di Hannover. A questi studi fanno da corollario contributi locali (ricordati nel testo di Tortato e apparsi anche in anni meno recenti) che hanno il merito contestualizzare il tema della prigionia tedesca e austroungarica in Italia nelle singole comunità. É il caso del saggio di Pierangelo Petronio, Caduti e dispersi di Riva Ligure 1915 – 1918, prigionieri di guerra Austro- Ungarici deceduti nel Circondario e profughi di guerra veneti accolti nel nostro Comune, Riva Ligure, 2000, che affronta anche il tema dei profughi dal Veneto invaso; mentre si deve ricordare il saggio di Giuseppe Agnelli, L'ecatombe dell'isola dell'Asinara, Biancardi, Lodi, 1961, come una sorta di antesignano delle ricerche sul tema della prigionia in Italia durante la grande guerra, anche per aver affrontato il tema dell'internamento dei prigionieri austriaci all'Asinara, che ebbe esiti drammatici. Recentemente, sulla vicenda dell’Asinara vedi: Luca Gorgolini, I dannati dell’Asinara. L’odissea dei prigionieri Austro Ungarici nella prima guerra mondiale, UTET, Torino 2011.Va citato inoltre Giorgio Migliavacca, Prigionieri di guerra in territori italiani durante la prima guerra mondiale, Pavia, 1982, così come il successivo contributo di Enzo Maccalini e Lucio Losardo, Prigionieri di guerra ad Avezzano, a cura dell'Archeoclub d'Italia, sezione della Marsica, Avezzano, 1996. Non va dimenticato, infine, quanto si è pubblicato sul prigioniero di guerra più famoso che l'Italia ospita, il filosofo Ludwig Wittgenstein, prigioniero a Cassino, come recita il titolo omonimo del libro di Franz Parak, Wittgenstein prigioniero a Cassino, Armando, Roma, 1978. Più recenti sono i volumi: Roberto Martelli, I prigionieri di guerra in provincia di Cuneo 1915- 1919, Nerosubianco, Cuneo, 2018. Giorgio Madeddu, Damnatio ad metalla. Storia dei prigionieri dell’impero austro ungarico nella Sardegna della prima guerra mondiale, Gaspari, Udine, 2018. Ricordo anche il mio lavoro sui prigionieri austro ungarici internati nel castello di Frinco, in provincia di Asti, presentato a Frinco in un evento in occasione dell’Adunata 2016 di Asti dell’Associazione nazionale Alpini, evento nel quale fu presente anche la Croce Nera Austriaca, con il proprio presidente federale Peter Rieser. Un riferimento ai miei lavori di ricerca sul tema della prigionia di guerra si trova in: «Per un censimento dei campi di prigionia nel Regno d’Italia», in: Cosa video quegli occhi. Uomini e donne in guerra 1913- 1920, vol 2, saggi, Comune di Rovereto, 2019, pag. 223.
(3) Sul versante francese e tedesco, la saggistica sul tema data da più tempo, come ricorda Tortato, con Georges Cahen Salvador,Les prisonniers de guerre: 1914 – 1919, Payot, Paris, 1929) Wenzel Wosecek (Kriegsegefangen und entflohen. Erlebnisse in italienischer und franzosischer Gefangenschaft nacherzahlt von Erich neugebauer, Jasper, Wien 1918, e Hans Weiland,In Feindeshand, Wien 1931; successivo è il saggio di Joel Kotek e Pierre Rigoulot, Il secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio: 1900 – 2000, Mondadori, Milano, 2001, che legge l' universo concentrazionario come una sorta di denominatore comune della storia del Novecento.
(4) In generale vedi i due volumi de La prima guerra mondiale, a cura di Stéphan Audoin Rouzeau e Jean Jacques Becker, Einaudi, Torino 2007. L’edizione italiana del testo è a cura di Antonio Gibelli. Il tema della prigionia di guerra è trattato nei saggi di Uta Hunz, «Prigionieri», pagg. 354-360 e di Giuliana Procacci, «I prigionieri italiani», pagg. 361-373.
(5) Cfr. la Delibera numero 349 della Giunta municipale del Comune di Novara del 27 ottobre 2015.

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L’Italia che non è al fronte: immagini di vita quotidiana nella Novara degli anni 1915-1918

di Maria Carla Uglietti Rogate

Agli inizi della prima guerra mondiale Novara ha più di 50.000 abitanti [1]. La cartografia dell’epoca, conservata presso l’archivio di Stato [2], rappresenta nel dettaglio la struttura del nucleo urbano: qui risultano ancora evidenti il tracciato viario regolare del primo impianto d’epoca romana e, al suo interno, alcuni vistosi interventi compiuti nei secoli successivi per dare spazio ai luoghi più significativi della città (ad esempio le arre corrispondenti al Castello, a piazza delle Erbe, alla basilica intra moenia di San Gaudenzio), la fascia verde che si è andata costruendo nel corso dell’Ottocento intorno al centro storico, ossia le allee e soprattutto la porzione occidentale a ridosso dei bastioni [3], gli insediamenti produttivi che tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo hanno dato slancio all’economia locale [4]...

(1) Per il dettaglio dei risultati del censimento al 31 dicembre 1914 cfr. ASNo, Comune di Novara. Parte III, b. 1411, fasc. 1/6.
(2) Le piante della città risalenti alla fine dell’Ottocento-inizi Novecento sono state pubblicate e commentate in Novara: l’evoluzione urbanistica attraverso l’iconografia storica, a cura di Alberto Oliaro e Andreino Coppo, Tipografia Artigiana, Novara 1983, pp. 70-78; efficace anche la pianta di Novara elaborata dall’Istituto Geografico De Agostini e pubblicata ad esempio in Uno sguardo alla Novara di un tempo nelle cartoline della collezione Bazzano, testi di Emiliana Mongiat, Deaprinting, Novara 2011, p. 47.
(3) Per la questione del verde pubblico a Novara dalla fine del Settecento in poi cfr. Maria Carla UGLIETTI, «“ Deliziosi e ameni giardini…”», in La Novara del Bianchini dal 1828 ad oggi, Lampi di Stampa, Vignate 2018, pp. 83-100.
(4) Una sintesi delle vicende edilizie della città dall’unità d’Italia agli anni 30 del Novecento è stata elaborata da Giovanni GRAMEGNA, Il piano regolatore di Novara: storia, cronache e prospettive, Italgrafica, Novara 2017, pp. 17-18.


 
 

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Spigolature, Medaglie e Medaglioni

di Gian Luca Chiericati

Nel corso degli anni dedicati alle celebrazioni dei centenari della Grande Guerra, dal 2014 al 2018, diversi sono stati gli studi, le pubblicazioni e le commemorazioni inerenti il drammatico evento. Anche il sottoscritto ha impiegato parte del suo tempo in queste ricerche che sono sfociate in due pubblicazioni e uno studio ancora inedito sui protagonisti minori del conflitto [1], cioè su nostri conterranei di alcune piccole realtà locali del Novarese e della Lomellina. Dalle ricerche emergono numerosi casi curiosi e vicende al limite del paradossale, pur nella loro tragicità. Ecco in sintesi i più emblematici...

(1) Gian Luca CHIERICATI e Valter MARCHETTO, “Cuor d’acciaio un lampo in fronte” – Gli ex allievi del R. Liceo Benedetto Cairoli e del Convitto Saporiti caduti sul Campo dell’Onore nella Grande Guerra, Trecate, Grafiche De.Si. s.n.c., 2018; Mauro CANEPARO (a cura di), Non so se torno… San Nazzaro Sesia e la Grande Guerra, Novara, Asinochilegge, 2018 e il manoscritto inedito di Gian Luca CHIERICATI con il contributo di Doriano BELTRAME, Riciätt an guära – Storie dei Recettesi al fronte 1915-1918. A queste opere, ove non diversamente annotato, si farà pertanto riferimento per l’indicazione delle fonti delle vicende qui narrate.


 
 

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Bibliografia da comodino

di Gian Luca Chiericati

A un secolo di distanza dal termine la bibliografia fiorita sulla Grande Guerra è sterminata: si va dalla documentazione ufficiale redatta dagli uffici storici delle FFAA, edita anche parecchi anni dopo, ai saggi patriottardi e nazionalistici pubblicati durante il Ventennio, a quelli ispirati dalla controtendente demolizione del «mito» sviluppata a partire dagli anni della contestazione post sessantottina, basati per lo più su giudizi morali odierni, emessi da una non meno schierata storiografia ufficiale totalmente digiuna, per non dire apertamente ostile, alla Storia militare.

Recenti studi pubblicati durante gli anni dei centenari spesso riescono ad avere il pregio di inquadrare il tutto in un’ottica meno ideologica e più “oggettiva”.

Di particolare interesse sono i contributi dei cosiddetti «storici scalzi», o eruditi locali, che, sebbene parzialmente, e dal basso, stanno ricostruendo minuziosamente taluni episodi dei grandi eventi per tramite di accurate ricerche d’archivio e riscontri su un terreno di cui hanno da sempre conoscenza diretta.

La storiografia ufficiale potrebbe forse assumere la funzione di assemblatore del puzzle costituito da questi preziosi contributi per arrivare, infine, a ricostruire un più verosimile quadro d’insieme di questa Grande Storia.

Alla saggistica sulla Grande Guerra si unisce poi la memorialistica, che comprende tanto il filone redatto dagli ufficiali di carriera, dal comandante in capo Cadorna fino all’ultimo tenentino in SAP [servizio attivo permanente], generalmente più polemica e principalmente orientata a giustificare il proprio operato scaricando disinvoltamente il barile sui colleghi, per “salvare il cadreghino”, quanto la diaristica degli ufficiali di complemento, spesso più affidabile perché, tornati borghesi, non erano ossessionati dall’esigenza di salvaguardare il posto, anche se talvolta, come spesso succede tra pescatori e cacciatori, questi soldati da diporto avevano la tendenza a esagerare un poco il proprio contributo alla salvezza della Patria.

Proprio per la mia non appartenenza al mondo accademico, mi si è chiesto di selezionare, in questa sterminata mole di testi, una “bibliografia critica novarese”. Mi limiterò pertanto a segnalare alcuni tra quelli recentemente passati sul mio comodino, letti più o meno attentamente, a seconda dalla gravità della giornata lavorativa che avevo appena concluso.

A beneficio di coloro che seguiranno i miei “consigli per gli acquisti” prometto di non spoilerare eccessivamente, per non rovinare il piacere della posiibile lettura.

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In ricordo e onore

di Simonetta Focardi

Quanto si vorrà leggere qui di seguito è l’estratto della commemorazione tenuta da chi scrive il 13 ottobre 2018 nell’aula magna del Liceo Classico “Carlo Alberto” in onore dei 48 allievi caduti nella Grande Guerra.

In Ricordo e Onore

Costoro sono ricordati in un annuario che l’allora Regio Liceo Convitto pubblicò all’inizio degli anni ’20, unitamente alla menzione di alcuni reduci, col titolo In Ricordo e Onore, che si è scelto di mantenere per sottolineare la stessa volontà di ricordare che lega come un filo rosso l’iniziativa di un secolo fa a quella attuale.

Per non ridurre a puro elenco le brevi note biografiche contenute in quel testo, si è scelto di organizzare la commemorazione attraverso una carrellata di biografie selezionate. Della selezione è responsabile l’autrice che non intende con questo sminuire quanti non risultino espressamente citati nel suo testo. Un elenco completo dei caduti, oltre che nell’annuario gelosamente conservato nella biblioteca del liceo, figura su una grande lapide commemorativa oggi collocata nella nuova sede del liceo.

Nel frattempo, l’abbattersi del flagello del Coronavirus sulle nostre esistenze potrà consentire di trovare di inquietante attualità la menzione che viene fatta in alcuni casi nell’annuario di decessi “per influenza”, che già era la famosa “spagnola” che proprio nel 1918 aveva preso a circolare anche in Europa.

Con l’arrivo della notizia, il 19 giugno 1916, della morte di Luigi Boglio, classe 1896, freschissimo di licenza liceale e matricola della facoltà di Giurisprudenza di Torino, primo allievo del liceo caduto sul campo, il collegio dei professori prese l’iniziativa di stabilire un contatto con le famiglie degli ex studenti partiti per la guerra, e con altre persone volonterose, chiedendo di ricevere notizie destinate alla realizzazione di una lapide e di un volume commemorativo per i combattenti, caduti e reduci, già allora concepito.

Alla fine del conflitto molte famiglie contribuirono con foto e documenti alla stesura delle brevi biografie cosicché quasi per tutti i caduti l’annuario, pubblicato nel 1920 per i tipi dell’Istituto Geografico De Agostini, è in grado di fornire anche una fotografia.

Significativa per chi si occupi di studi storici la copertina, che non menziona la Grande Guerra bensì la Quarta Guerra d’Indipendenza, così come fu effettivamente percepita, un po’ per profonda convinzione un po’ per propaganda, da molti partecipanti a quel conflitto.

Dalla prefazione scritta dall’allora preside-rettore Professor Augusto Corradi si deduce anche un’altra informazione: il liceo in quel periodo occupava una sede provvisoria ed attendeva di riprendere possesso dei locali “storici” nell’insula gesuitica di Novara.

Tale circostanza provocò il rinvio della realizzazione e della collocazione della lapide coi nomi dei caduti poiché si avvertiva l’esigenza di porla nella sede naturale della scuola. Anche per questa ragione l’esistenza dell’annuario è preziosa perché precede anche la dedicazione della lapide.

L’età media assai bassa dei giovani partecipanti al conflitto fa riflettere ancor oggi sul numero davvero elevato di studenti universitari che persero la vita in quell’olocausto. Alcuni ex allievi del liceo, caduti prima di completare il percorso accademico, ebbero la laurea honoris causa dai loro atenei: anche in questo caso fu un’iniziativa lodevole e opportuna, se consideriamo gli illustri atenei italiani che in occasione del centenario hanno adottato la medesima iniziativa per tutti gli allievi all’epoca iscritti e caduti sul campo.

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Ad Honorem Operum

di Luigi Simonetta

Ad honorem operum

In occasione della Pasqua 1917, a guerra ancora in corso, sia per motivi di propaganda bellica, sia per fini di raccolta di fondi, fu stampato dall’Istituto De Agostini un elegante volume, titolato Ad honore operum che intendeva celebrare lo sforzo bellico del Novarese, in onore, come ci ricorda la prefazione: «di chi lasciò questa sua Terra piemontese – già sacra alla Patria per una battaglia dalla quale germinarono il martirio dell’ora e la gloria del tempo – e alla nuova vita di tutti i Liberi offerse il petto e la giovinezza..» rendendo anche onore anche a chi, rimasto in Patria, aveva contribuito allo sforzo bellico nei molteplici comitati locali di sostegno e beneficenza alle truppe e alle loro famiglie.

Al volume contribuirono con prose e poesie molti noti autori di tutta Italia fra cui citiamo soltanto la scrittrice Matilde Serao, i commediografi Sem Benelli e Giovannino Antona Traversi, il romanziere Guido da Verona e i giornalisti novaresi Ezio Maria Gray e Ida Del Longo; anche la parte grafica e decorativa, molto curata, vide la partecipazione, fra gli altri del pittore novarese Rinaldo Lampugnani e di sua moglie Teresita Ramazzotti.

In quattro grandi tavole il volume raccoglie le foto dei novaresi caduti in quella prima fase e i decorati, fra i primi non possiamo non citare Giovan Battista Morandi fondatore del nostro Bollettino, e fra i secondi Giuseppe “Pinin” Lampugnani pioniere del volo aereo e dell’alpinismo sportivo novarese che fu tra i fondatori della Società Storica Novarese.

In coda al volume vi è poi la celebrazione dell’opera dei civili novaresi che avevano operato nei vari comitati coordinati dal Comitato centrale per i bisogni della guerra, si ebbero così il comitato della Croce Rossa, quello di soccorso alle famiglie dei richiamati, quello per i profughi e infine, l’Ufficio Notizie che si dedicò a mantenere i contatti fra i soldati e le famiglie e a cui si dovette la realizzazione del volume.

Il testo, riporta i nomi e le foto dei volontari, in gran parte donne, esponenti delle famiglie nobili e borghesi più in vista della Novara dell’epoca.