Bollettino Storico per la Provincia di Novara - CI (2010) I

La società novarese nell’età della Restaurazione

di Giulio Quirico e Bianca Maria Sguazzotti


Lo studio si sviluppa su tre livelli tra loro concatenati.
Il primo livello di indagine analizza il contesto più generale dell’epoca mettendo in evidenza i rapporti tra Romanticismo, Restaurazione e prodromi risorgimentali.

Ritratto del cardinal Giuseppe Morozzo della Rocca (1758-1842), vescovo di Novara dal 1817 al 1842

Il secondo livello affronta la situazione novarese, caratterizzata da forti vincoli fra trono e altare, dall’assoluta subordinazione di un vescovo, il cardinale Morozzo - assai influente a Novara - ai voleri dei Savoia, dalla sopravvivenza dell’ancien règime con la ancor forte presenza del clero e della vecchia, tradizionale aristocrazia decurionale.
Eppure in questo scenario, a dispetto di chi detiene il potere, vanno emergendo i nuovi protagonisti delle famiglie borghesi, come i Serazzi e i Prina, protagonisti di un cambiamento sociale che si manifesta con le aperture all’istruzione popolare, con lo sviluppo edilizio, l’incremento della produzione agricola, l’apparizione delle prime forme di attività industriale, favoriti dall’avvento al trono di Carlo Alberto nel 1831. L’apparente sonnolenza di una città di modesta ampiezza, sacrificata dalla sua posizione di avamposto militare, ai margini dei grandi dibattiti dell’epoca, deve essere corretta alla luce di queste considerazioni e di un dato illuminante quale il raddoppio della popolazione, che raggiunge nel 1843 20.205 abitanti.
Simbolo dei nuovi tempi che stanno maturando la demolizione delle vecchie mura, iniziata nel 1841: il ristretto vecchio centro si apre ai sobborghi, avviando così la nuova vocazione commerciale di Novara.

Il collegio Gallarini in una foto di inizio Novecento

Al terzo livello gli autori accostano la lente d’ingrandimento su una realtà più ristretta, il significativo microcosmo del Collegio Gallarini, visto nelle sue origini e nel suo sviluppo. Il Comune di Novara, in un soprassalto di laicità, della quale è emblema il Giovanetti, riesce a sventare l’arrogante pretesa del vescovo, intesa ad annettere il collegio ai già esistenti quattro seminari, lo amplia secondo il progetto Melchioni, nonostante le difficoltà economiche, ne fa uno dei punti di riferimento dell’interesse per l’istruzione a Novara.

Busto di Pietro Scavini (1791-1869) Vicario generale della diocesi di Novara dal 1820 al 1856 e rettore generale dei seminari diocesani


A questo punto, proprio in quel 1841 che è ritenuto dagli Autori cruciale, il canonico Tadini, rettore del Gallarini, accusato di efebofilia, dapprima addebita le voci alle calunnie dei Gesuiti, poi fugge all’estero, fermandosi successivamente a Parigi, dove non avrà fastidi, anzi farà fortuna, a dispetto dei dodici anni ai lavori forzati comminatigli nel 1849. Lo scandalo viene soffocato: il vescovo e l’onnipotente vicario Scavini non hanno scrupoli in tal senso.

Gli autori ritengono di aver guadagnato nella loro indagine la verifica di alcune ipotesi storiografiche. Mantenendo lo schema, che non va inteso rigidamente, dei tre livelli si può dire che è stata rafforzata la tesi di un più stretto collegamento tra Romanticismo e Risorgimento italiano (rispetto al rapporto Illuminismo-Risorgimento). In secondo luogo è stato illuminato il deciso riformismo operato da Carlo Alberto all’indomani della sua ascesa al trono.

Ercole Marietti (1).

Particolare insistenza l’indagine ha riservato ai limiti – religiosi e politici – dell’operato del vescovo Morozzo, incapace di cogliere gli spunti di rinnovamento presenti nelle aperture dei suoi predecessori Balbis Bertone e Melano di Portula. Quest’ultimo in particolare si era adoperato nel clima delle riforme napoleoniche per una nuova funzione sociale del clero e per il superamento del devozionalismo.
Quanto infine alla grave vicenda Tadini si è evitato lo scandalismo per mettere in evidenza la logica abbietta della pedofilia, la violenza a cui sono sottoposti i ragazzi e le sue conseguenze immorali, la degradazione del pedofilo, la tecnica perversa della seduzione: tutto ci è dimostrato dalla documentazione della istruttoria del processo integralmente riportata. Si è voluto in qualche modo risarcire la memoria dei ragazzi violati, divenuti poi quasi tutti non impeccabili sacerdoti. Tra di essi Ercole Marietti, poi rettore del Gallarini per un quarantennio e prolifico architetto.
Va da sé, essendo sotto gli occhi di tutti, che quella logica dell’insabbiamento, della copertura da parte delle autorità ecclesiastica per quei vergognosi delitti, apparentemente vincente sui tempi brevi, ha infine portato all’esplosione odierna di casi che hanno sottoposto la Chiesa cattolica ad una durissima prova.

(1) – Ercole Marietti era uno degli allievi del Gallarini molestati dal Tadini; divenne poi sacerdote e fu nominato (in quanto discendente del fondatore) Rettore del Gallarini.
Appassionato di architettura e definito da Antonelli l'architetto in sottana lavorò a chiese e privati edifici in provincia di Novara. Fra i suoi lavori ricordiamo la decorazione in cotto del Collegio Gallarini, la chiesetta della Madonna del Bosco e la parrocchiale di Galliate.