Bollettino Storico per la Provincia di Novara - CXIII (2022) I/II


«Contro l’apatica indifferenza dei cittadini novaresi»

di Sandro Callerio

Nel 1973, un trentenne Umberto Silva, in Ideologia e arte del fascismo, edito nella collana “Cultura e classe” per i tipi di Mazzotta, aveva tentato di fornire una chiave interpretativa ad un tema, l’arte del Ventennio, che, all’epoca, poteva ancora sembrare tabù, ma che, almeno per l’architettura, aveva già trovato una prima seria trattazione in L’Architettura in Italia 1919-1943 di Luciano Patetta.

Il testo di Silva, tutt’altro che libero da ogni pregiudizio - «l’ideologia fascista è solo uno degli strumenti, il più potente forse, coi quali il capitalismo, nella sua particolare espressione che è il fascismo, impone alle masse la propria dominazione» [1] - aveva però il pregio di presentare a corredo un buon numero di immagini, pittura, scultura, architettura, grafica di propaganda, pubblicità, che poteva costituire una discreta base di studio. Il capitolo «Il fascismo e l’arte», riprendendo, tra gli altri, alcuni scritti apparsi a partire dal 1926 su Critica fascista, ci fornisce qualche spunto di riflessione ancora valido:

… nel campo dell’arte, della scienza, della filosofia, la tessera non può essere una situazione di privilegio o d’immunità. La rivoluzione qui non c’entra … ma l’ingegno…. [2]

… il regime non si lasciò mai andare, grazie anche alla presenza moderatrice di Bottai, a forzature aperte in campo artistico; preferì una politica di assorbimento, in omaggio a un residuo rispetto della crociana ineffabilità e individualità dell’opera d’arte. [3]

Le nostre ricerche cercheranno di verificare se queste affermazioni abbiano ancora, alla luce dei documenti consultati, una base di “verità”.

La persistente difficoltà di affrontare “storicamente” il periodo è dimostrata, ancor oggi, dalla prefazione di Pierluigi Battista all’ultima, e non particolarmente brillante, fatica critica di Vittorio Sgarbi:

… le ricerche d’archivio hanno rivelato che furono oltre ottocento gli artisti, gli scrittori, i registi, gli intellettuali che pure nel dopoguerra post fascista si sarebbero ritrovati magicamente dalla parte del Bene riscoprendosi, a guerra finita, fieri sostenitori delle ragioni morali dell’antifascismo, senza tuttavia ammettere mai di essere stati beneficiati nel ventennio maledetto dalle munifiche sovvenzioni elargite stabilmente dal Minculpop» [4].

Anche senza voler esprimere giudizi moralistici sulla facilità con la quale taluni individui sanno compiere lo scacchistico “salto del cavallo”, è manifestamente evidente come sia sufficiente consultare qualunque pubblicazione del Ventennio e del Dopoguerra per incontrare una gran parte degli stessi nomi, negli stessi ruoli...

(1) «Premessa» in Umberto Silva, Ideologia e arte del fascismo, Gabriele Mazzotta Editore, Milano 1973, p. 9.
(2) B. Mussolini, 10 ottobre 1928.
(3) Umberto Silva, op. cit, p. 106.
(4) «La grande rimozione. Prefazione di Pierluigi Battista» in Vittorio Sgarbi, Arte e fascismo, La nave di Teseo, Milano 2024.

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«Falange di ingegno e di volontà»:
il Convegno degli Amici dell’Arte

di Roberto Bottacchi

La cultura novarese degli anni Venti e Trenta è stata generalmente considerata una sorta di provinciale deserto monocromo, riecheggiante concetti, se non proprio fascistissimi, quantomeno fortemente allineati. Unica eccezione, quel manipolo di giovanotti dei quali si accorse Giuseppe Antonio Borgese, scrivendone come è noto sul Corriere della Sera il 20 giugno del ’29, ma che a Novara non fecero ai tempi loro grande scalpore.

Del resto la “polemichetta” tra i moine de trente, radunati sotto l’insegna della rivista e casa editrice La Libra, e quelli “che fino a ieri rappresentavano la giovane letteratura” [1] non doveva risultare molto appassionante né per gli anzianotti professionisti della cultura cittadina, troppo impegnati a galleggiare tra le infide correnti di una nuova nazione in fieri, né per i lettori abituali di periodici, in gran parte poco avvezzi a questioni di critica letteraria, né tanto meno per i coetanei loro, che, in scontata maggioranza, preferivano le cronache sportive, peraltro in quegli anni piuttosto gloriose per i colori locali.

D’altra parte, non era a quell’uditorio che, nelle intenzioni, erano rivolte le dotte considerazioni – chiaramente troppo legate all’ambito accademico – dei collaboratori della rivista, peraltro, in buon numero, nemmeno novaresi...

(1) M. Bonfantini, «Dai venti ai quaranta», La libra, anno II, num. 5-6, settembre ottobre, Novara 1929.

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«Da qualche anno a Novara
la vita intellettuale si va risvegliando»

di Sandro Callerio

Ill.mo Sig. Dott. Prof. A Viglio,
Ella avrà già saputo attraverso L’Italia Giovane della imminente inaugurazione di una Galleria d’Arte, nella nostra città.
La Direzione della Galleria non può, pertanto esimersi dal comunicare ufficialmente a Lei, da tanti anni valorosamente sulla breccia per la valorizzazione artistica di Novara, il nascere di questa istituzione, che, sorta per iniziativa privata, intende portare un valido contributo al perfezionamento di quell’ambiente artistico di cui a Novara si sente la necessità [1].

Questa la comunicazione che Filippo Cotronei invia, il 5 giugno 1930, ad Alessandro Viglio, allora Direttore dei Musei Civici e Presidente dell’Istituto Fascista di Cultura novarese.

La cronaca della cerimonia di inaugurazione appare, qualche giorno dopo, su L’Italia Giovane, a firma Piero Maironi...

(1) ASNo, Fondo Viglio, busta 88 foglio 333; lettera 5 giugno 1930, Galleria d’Arte, via Negroni 1.

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Il sacrario dei caduti fascisti di Novara:
la statua della Vittoria
[1]

di Marta Tomesani

L’area del Colle della Vittoria, situato presso il convento cappuccino di San Nazaro e il cimitero comunale, fu adibita dal 1934 a Parco delle Rimembranze, in commemorazione dei caduti novaresi nella Grande Guerra.

Nonostante la circolare ministeriale di Dario Lupi risalisse al dicembre 1922 [2], nell’estate del 1934 tale proposito era ancora irrealizzato. Ciò non significa tuttavia che dall’emanazione della circolare al 1934 non vi fosse stato alcun segnale di ricezione della stessa: a essa infatti era seguita nel giro di breve tempo l’istituzione di un comitato esecutivo cittadino incaricato di realizzare un viale delle rimembranze. Questo elaborò differenti soluzioni, non realizzate probabilmente per mancanza di mezzi finanziari [3], per definire poi nell’aprile 1929 il «colle della vittoria» come luogo preposto alla realizzazione di un parco delle rimembranze...

(1) Questo contributo è un estratto rielaborato dalla tesi di dottorato dell’autrice, Marta TOMESANI, Denkmäler und sacrari für die Helden des Faschismus in Italien, 1922-1943. Tesi di Dottorato in co-tutela fra la Philipps Universität Marburg e l’Università degli Studi di Milano, A.A. 2022-2023, XXXV ciclo.
(2) Cfr. Lettera circolare ai Regi provveditori agli studi n. 73 del 27/12/1922, pp. 25-26, in Bollettino Ufficiale, n. 52 del 28/12/1922. Sottolineando la necessità di adibire al progetto un luogo situato nel centro abitato, affinché potesse essere facilmente raggiungibile, l’amministrazione comunale fu incaricata di designare un sito adatto. Cfr. Archivio di Stato di Novara, sez. III, b. 61, f. 3, 12/01 e 23/01/1923. Le prime informazioni in merito a progetti di un parco delle rimembranze risalgono al 1925: cfr. ASNo, Comune di Novara, parte III, b. 61, f. 2 s.d.; cfr. ASNo, Comune di Novara, parte III, b. 61, f. 3. 12/11/1925 e 24/11/1925.
(3) Cfr. ASNo, Comune di Novara, parte III, b. 61, f. 1, s.d.

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Una vita lunga più di un secolo

di Maria Luisa Picchetti

Se n’è andato Mario Troso, storico legato alla città di Novara per ragioni professionali e culturali. Ragioni di lavoro per il servizio prestato alla Pavesi come direttore dell’Ufficio Pubblicità e Sviluppo dai primi anni ’50, quando la ditta si trasforma da negozio a impresa: i biscottini di Novara assumono il nome di Pavesini e la produzione si intensifica, diversifica e promuove se stessa sperimentando nuove forme di comunicazione attraverso la pubblicità, anche mutuando e adattando alla realtà locale alcuni stili promozionali americani...

 

Pavesini