Conservare la memoria

Trionfi barocchi a Novara in un’opera ritrovata di Girolamo Antonio Prina
I Prina-Piccinino
[nota di Luigi Simonetta]

Il cognome Prina (1) (Prini, de Prinis), come i consimili Perini e Perotti, trova la sua origine nel diminutivo del nome Pietro (Petrino-Perino-Prino) ed è cognome di antica presenza nell’area novarese, dove un Guido de Prinis è elencato fra i decurioni cittadini nel 1223.
Dal casato sortirono da allora numerosi funzionari pubblici laici ed ecclesiastici, segnando una costante e importante presenza, nella storia cittadina, della famiglia, imparentata con numerose casate antiche e, in particolare, con quella dei Brusati.

I Prina avevano diritto, nel consiglio decurionale, a una “voce”, detenuta, per via ereditaria, dal ramo primogenito, l’unico che nel XVII secolo poteva ancora mantenersi a livello nobiliare senza abbassarsi a esercitare professioni borghesi.
Dal ceppo principale si staccò nel XVI secolo un ramo secondario che gestiva in città una spezieria, con un Gianbattista che troviamo assieme ai fratelli Gianantonio e Gerolamo soci in affari di un parente, Gabriele Prina mercante in Roma; questo Gianbattista era figlio di un Giuseppe, identificabile con il Giuseppe console di giustizia dal 1543 al 1583 e padre anche di Nicolò continuatore del ramo principale (da cui poi discenderà quel conte Giuseppe che fece “la fine del povero Prina”).
Gianbattista sposò Isabella Tornielli vedova Occhetta che viene detta, nel contratto nuziale del 1585, Isabella Spadina in quanto la madre, Margherita Porzio Spagnolino di Romentino (sorella del calegaro Ercole e del reverendo Battista parroco di Sant’Agabio) aveva sposato, in seconde nozze, Giuseppe Piccinino Spadino.
Dalle nozze di Isabella e Gianbattista nacquero almeno due figli maschi, Francesco, poi entrato nell’esercito spagnolo dove raggiunse il grado di alfiere e Gerolamo Antonio, sposato a Barbara Doglia.

Giuseppe, primogenito di Gerolamo Antonio entrò in seminario (sarà poi il primo titolare della cappellania Spadina) e l’attività di speziale fu continuata da Cesare Gaudenzio, che ebbe come padrino di battesimo il capitano Francesco Piccinino Spadino, fratello uterino della nonna Isabella.
Il capitano Francesco era una personalità importante della Novara del Cinquecento e di lui ci sono pervenuti scritti di tecnica militare; era proveniente da un famiglia di artigiani (ofellari e sellari) ma aveva scelto la carriera militare e si era arruolato nell’esercito francese (sappiamo che, forse per questo, fu colpito da bando di espulsione dal Ducato di Milano) ed aveva raggiunto il grado di sergente maggiore (era già un grado molto elevato di comando, non paragonabile a quello di sergente maggiore negli eserciti odierni).

Lo Spadino, che nell’anno 1629 durante la guerra di successione del Monferrato, aveva una posizione di rilevo nella piazzaforte di Casale, nel corso dell’assedio, ricordato dal Manzoni nei Promessi Sposi, accettò di consegnare la porta di Casale sotto il suo controllo agli spagnoli in cambio della revoca del bando e della nomina a capitano di un reggimento di cavalleria nell’esercito spagnolo e se ne fuggì poi da Casale in tanta fretta da dover lasciare nella città la moglie, il figlio e un nipote.

Assieme all’odio imperituro dei francesi, il suo tradimento gli fruttò una brillante posizione che gli permise di disporre alla sua morte, di un cospicuo patrimonio che, essendo il figlio morto in giovane età, divise fra i cugini Piccinino, i cugini Porzio (nipoti della madre) e i nipoti Prina discendenti dalla sorella, a cui impose di portare il cognome Prina-Piccinino (2).

La parte più consistente dell’eredità andò poi al capitolo del Duomo di Novara, con obblighi di messe di suffragio, disponendo che ad ogni discendente femmina dei suoi eredi Piccinino, Porzio e Prina fosse assegnata una dote al momento del matrimonio o della monacazione; nel Battistero fu conservato, fino ai restauri del secolo scorso, un suo ritratto; sarebbe interessante accertare se esso è ancora in qualche deposito diocesano.
Cesare Gaudenzio Prina sposò Clara Maddalena Rostiani figlia dello speziale Bernardo, e nipote di quell’Annibale (Balin) Rostiani, oste della Croce Bianca, da cui prese il nome il “Canton Balin”. Rimasto vedovo Cesare Gaudenzio sposò poi la cognata Apollonia Rostiani, vedova di Battista Valli, che allevò i tre figli della sorella: Clemente, Domenico e Gerolamo Antonio.

La chiesa di San Giuseppe in Fara Novarese

Clemente è documentato come fornitore di ostie e vino da messa, Gerolamo Antonio prese gli ordini religiosi, divenne parroco di san Matteo ed è ricordato per il suo “Trionfo di san Gaudenzio” edito in occasione delle celebrazioni per l’inaugurazione dello scurolo, e Domenico proseguì l’attività di speziale, e fece costruire in Fara, nel 1728, la chiesetta di san Giuseppe; Domenico viene spesso erroneamente indicato come canonico, confondendolo probabilmente con il figlio, Giuseppe, canonico del duomo di Novara, che ereditò i diritti di patronato sulla chiesetta.

Il casato si estinse probabilmente con il canonico Giuseppe, perchè anche Clemente non risulta abbia avuto discendenza maschile dai due figli Francesco Antonio, penitenziere del Duomo e Carlo Cesare, sposato a una Boniperti.
Ritengo, in base ad alcuni indizi, da approfondire, che alla famiglia Prina Piccinino appartenesse probabilmente anche il celebre architetto e disegnatore Pietro Francesco Prina e questo al di là della sua collaborazione con Gerolamo Antonio per i disegni del “Trionfo di San Gaudenzio”.

Note

(1) – Vedi anche Il valoroso barone Pestacalda

(2) – Anche molti Porzio adottarono, pur senza averne l’obbligo, il cognome Porzio Piccinino, sia per trarre gloria riflessa dalla parentela con un illustre personaggio, sia per ricordare il beneficio della dote spettante alle discendenti.
Grazie agli alberi genealogici allegati a molte richieste di dote sono riuscito a ricostruire gran parte delle linee di discendenza dei parenti del Capitano Piccinino in moltissime famiglie borghesi novaresi (Console, Gramone, Porzio, Nibbiola, Notari, Varesi, Omar, Rosina, Colla, Reali, Hernandez, de Robles ecc.) e ho anche individuato almeno due discendenti viventi della famiglia.

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