I presidenti - EZIO MARIA GRAY

Ezio Maria Gray nacque a Novara il 9 ottobre 1885 da Luigi e da Licinia Santini. All'età di diciotto anni intraprese l'attività giornalistica, esordendo nella Riforma di Ferrara, per poi passare alla Provincia di Ferrara. Fu anche collaboratore de L'Azione, diretto dall'esponente sindacalista Enrico Leone. Dall'ottobre 1910 all'ottobre 1912 diresse a Forlì il settimanale radicale La Difesa e nel 1911 seguì la guerra di Libia come corrispondente dell'Agenzia Stefani e dell'Illustrazione italiana, manifestando pieno sostegno a quell'impresa. Abbandonate le posizioni della democrazia radicale, aderì all'Associazione nazionalista italiana. Nel 1914, dopo essere stato inviato della Gazzetta del popolo nel Belgio invaso, il G. fu molto attivo, con articoli, libri e conferenze, nella propaganda a favore dell'intervento in guerra dell'Italia. Prese quindi parte, come volontario, al primo conflitto mondiale: capitano di fanteria, fu decorato con una medaglia d'argento e una di bronzo.

Nel dopoguerra partecipò per un breve periodo all'organizzazione civile e militare in Dalmazia e si stabilì poi a Firenze, dove diede vita, insieme con Enrico Corradini, ai primi nuclei antisocialisti d'azione. Analoga iniziativa il G. assunse a Novara, dove il 24 nov. 1920 si iscrisse ai Fasci di combattimento. L'anno successivo divenne segretario del fascio di Novara e fu eletto alla Camera dei deputati in una lista del Blocco nazionale. Nella pattuglia di deputati fascisti il G. volle subito caratterizzarsi imprimendo al proprio mandato parlamentare il segno di una duplice fedeltà alla monarchia e al nazionalismo. Nel maggio 1921 non esitò a schierarsi contro lo stesso Mussolini che aveva richiamato la tendenzialità repubblicana del fascismo. Poi, contravvenendo alle direttive degli organi dirigenti del fascismo, il G. decise di aderire, insieme con A. Misuri e R. Paolucci, al gruppo parlamentare nazionalista.

Rieletto alla Camera nel 1924 per la circoscrizione lombarda, il 9 luglio di quell'anno il G. fu nominato commissario straordinario della federazione fascista di Pisa, al centro di un clamoroso caso di dissidenza interna.

Bruno Santini, figura di grande carisma, aveva ingaggiato una battaglia contro i "ras" locali e l'estremismo squadrista, a favore di una politica normalizzatrice, riuscendo ad aggregare la gran parte dei fascisti pisani con il consenso della borghesia cittadina. Ma quando, per superare la crisi seguita al delitto Matteotti, Mussolini cercò e ottenne il sostegno del cosiddetto fascismo provinciale, il destino del dissidentismo pisano apparve segnato. Il G. venne appunto inviato a Pisa con il compito di riabilitare e riportare in auge quegli esponenti locali dello squadrismo intransigente, che Santini aveva espulso dal partito.

Del resto, proprio durante il dibattito al consiglio nazionale attorno alla crisi del fascismo e alle misure per uscirne, il G. aveva chiaramente fatto intendere quale fosse il suo pensiero al riguardo. Dopo aver affermato che il delitto Matteotti non è affatto un delitto fascista e che se una parte del fascismo è responsabile delle conseguenze del delitto, è la parte annacquatrice pacifista tendente alla conciliazione affaristica - e aggiungeva, tanto è vero che se vi è una provincia dove non ci sono violenze e speculazioni, è quella di Cremona -, il G. si dichiarò convinto che per uscire dalla crisi il fascismo avrebbe dovuto fare appello alla vecchia e solida fanteria contadina (Canali, p. 72). Cosa che puntualmente egli fece, rivitalizzando lo squadrismo agrario pisano e schierandolo contro il fascismo normalizzatore cittadino.

L'aspro scontro sfociò, l'11 sett. 1924, nella costituzione da parte dei dissidenti del fascio pisano di combattimento e, l'11 ottobre, del nuovo fascio ufficiale, tenuto a battesimo dallo stesso G. e da G. Buffarini Guidi. Le due fazioni si dotarono anche di propri organi di stampa: il 6 ottobre uscì La Provincia di Pisa, diretto dal G. e il 12 ottobre Camicia nera, giornale dei dissidenti.

Il 26 novembre, dopo che il congresso provinciale fascista aveva ratificato la sua opera restauratrice, il G. concluse il suo mandato. Intanto, a riprova della fiducia di cui godeva presso Mussolini, dall'agosto il G. era entrato a far parte del direttorio nazionale del Partito nazionale fascista e del Gran Consiglio del fascismo, restando membro di entrambi fino al giugno del 1925. Luogotenente generale della Milizia e membro della Camera dei fasci e delle corporazioni, di cui fu vicepresidente dal giugno 1941 al luglio 1943, il G. ricoprì numerosi altri incarichi: dal 1926 al 1934 diresse la rivista Economia nazionale, dal gennaio all'agosto del 1933 fu commissario straordinario dell'Istituto Luce; dal 1934 al 1943 fu vicepresidente della corporazione delle professioni e arti. Fu inoltre vicepresidente della Società Dante Alighieri e presidente della Compagnia italiana del turismo.

Il G. ebbe un ruolo preminente nella propaganda del regime, soprattutto come commentatore di politica estera dai microfoni dell'Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR). I suoi editoriali - dal settembre 1936 per Cronache del regime e quindi, dal maggio 1938, per la rubrica Commenti ai fatti del giorno - erano particolarmente seguiti perché si riteneva recassero il sigillo dell'ufficialità (Cannistraro, p. 264).

Nel settembre 1937 al G. venne affidata la presidenza di una commissione permanente per lo studio dei problemi politici e didattici della radiofonia per le scuole, istituita presso il ministero dell'Educazione nazionale. Nel 1938 il G. fu chiamato a far parte della cosiddetta commissione per la bonifica libraria, il cui compito era "fissare i criteri precisi e studiare i mezzi più rapidi e più idonei per addivenire ad una revisione totale della produzione libraria italiana e di quella straniera tradotta in italiano […], tanto più necessaria in relazione alle superiori direttive di carattere razziale" (ibid., p. 118).

Dopo l'8 sett. 1943 il G. aderì alla Repubblica sociale italiana, venne nominato commissario dell'EIAR e, dal 17 genn. 1944 al 26 apr. 1945, diresse il quotidiano torinese Gazzetta del popolo.

Arrestato il 24 maggio 1945, il G. venne processato dall'Alta Corte di giustizia, davanti alla quale rivendicò la piena e intera responsabilità per l'attività politica svolta durante il regime fascista. Condannato, l'11 ott. 1945, a venti anni di reclusione, venne scarcerato nel 1946, grazie all'amnistia concessa per l'avvento della Repubblica. Accusato di partecipare all'attività di gruppi clandestini neofascisti, il G. venne inviato al confino.

Tra i fondatori del Movimento sociale italiano (MSI), contribuì alla stesura dei 10 orientamenti programmatici e dell'Appello agli Italiani, e ne divenne vicesegretario. Nel 1948 fondò il settimanale Il Nazionale, che diresse per venti anni. In seno al MSI il G. sostenne negli anni Cinquanta una politica d'intesa con i monarchici, volta a creare una grande forza di destra, ma successivamente si schierò con la corrente Rinnovamento, guidata da G. Almirante, che contestava il moderatismo conservatore del segretario A. Michelini e propugnava una linea di intransigente "opposizione al sistema". Nel 1953 il G. tornò a sedere in Parlamento, risultando eletto deputato per la circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone. Ricandidato nel 1958 nella medesima circoscrizione non riuscì a tornare alla Camera. Nel 1963 fu eletto al Senato nel Collegio di Roma VI, ma nel 1968, candidato in due collegi senatoriali di Roma, non ottenne i suffragi necessari per la riconferma.
Il G. morì a Roma l'8 febbraio 1969.

tratto da GRAY, Ezio Maria in Dizionario Biografico degli Italiani leggi tutto