Conversazioni d'archivio

Dalla battaglia a ritroso. Il territorio della Bicocca e della Bassa Novarese nel tempo

Paolo Cirri e Giampiero Morreale - 8 maggio 2014

A chiusura del programma di manifestazioni per Novara risorgimentale 2014 nella sala Paolo VI alla Bicocca, giovedì 8 maggio, Paolo Cirri e Giampiero Morreale hanno intrattenuto un attento uditorio parlando dell’area circostante la Bicocca nei secoli.
La frazione della Bicocca è posta, geologicamente parlando, sopra l’ampia formazione collinare morenica che, partendo da Vespolate, ha il suo punto più elevato sulla collina di Novara nella zona del castello.
La parrocchia, si sviluppò a partire dal XVI secolo quando, con l’ampliamento della vecchia cinta muraria, e l’allontanamento dell’abitato dalle mura, dalla vecchia parrocchia di Santa Croce fu tolta la parte fuori dalle mura affidata a S.M. della Bicocca.
La frazione era caratterizzata da una forte variabilità di popolazione per la periodica presenza di stagionali richiamati nei periodi di intenso lavoro nelle cascine della zona. Fino alla seconda metà dell’800, quando l'arrivo sull’altopiano di abbondante acqua per l'irrigazione permise l'estensione della cultura del riso, le coltivazioni prevalenti erano state quelle di cereali, ortaggi, vite (essenzialmente per la produzione di vino a bassa gradazione alcolica per il consumo contadino) e dei gelsi per la bachicoltura.

Disegno di Gregorio Magnino su una mappa del territorio novarese anno 1767

Le cascine possono essere classificate in tre tipi edilizi principali: il più antico e diffuso è costituito da un corpo di fabbrica lineare, con cortile aperto, ben esemplificato dalla cascina San Gaudenzio; questa tipologia si diffonde sul territorio nei secoli XV e XVI, quando l’aumento della popolazione rese necessaria la coltivazione anche di questa zona collinare poco irrigata.
Il 2° tipo, sostanzialmente assimilabile al precedente, è quello delle cascine a corte cintata, come la cascina Farsà, posta sul ciglio della costa orientale o come la cascina Michelina.
L’ultimo, e più notevole, è quello delle cascine a corte, ove la recinzione è definita dagli edifici di servizio; le ampie dimensioni e la struttura possente ne suggeriscono l’utilizzo come appostamenti difensivi, a volte molto evidenti come in san Maiolo, edificio quattrocentesco caratterizzato da torrette difensive sugli angoli, o come la Scaplina, con le sue torri angolari; giova qui ricordare che le due cascine sorgono sul lato ovest della morena, in corrispondenza del guado sull’Agogna, in posizione quindi adatta al "controllo" del passaggio dei viaggiatori.
Cirri ha osservato come molte delle cascine siano caratterizzate dalla sopravvivenza di strutture a torre benché costruite in epoche in cui non vi fossero esigenze difensive che le giustificassero e ha ipotizzato che esse ripetessero modelli già esistenti, sullo stesso sito o nelle vicinanze.
Questo tipo di cascina, ricordiamo ad esempio Cavallotta e Castellazzo, sorgeva spesso su basi antiche, altomedioevali o romane e si componeva di un edificio più “importante”, generalmente abitazione padronale o del gestore della masseria e della sua famiglia, fiancheggiato dalle abitazioni dei manovali e dagli alloggiamenti degli stagionali edagli edifici di servizio: stalle e casseri.

La cascina Abbadia già Abbazia di San Bartolomeo di Vallombrosa

Al margine orientale della piattaforma collinare sorgono la grande cascina di Buzzoleto vecchio, centro di un importante possedimento, la cascina Abbadia che, fino all’Ottocento, era l’abbazia di Santa Maria di Vallombrosa, della quale sono ancora visibili importanti resti e la cascina di Cortenuova, di proprietà della diocesi, che vi aveva un centro amministrativo (Corte vecchia era all’interno della città).
La cascina maggiore è quella delle Prelle, notevole anche architettonicamente, con un corpo adibito ad abitazione padronale e un’ampia corte; anche presso Prelle sono state rinvenute cospicue tracce di una preesistente villa romana.

cascina Cavallotta nella valle dell'Arbogna, fu al centro di cruenti scontri durante la battaglia di Novara

Cirri ha poi citato la più recente cascina Bertona, eretta nel 1765 per volere del vescovo Balbis Bertone e la cascina Luogo regio o “cassina d’i bal” nella cui muratura rimasero infisse le palle di cannone austriache lanciate durante la battaglia della Bicocca.
Con questo è terminata la panoramica generale che ha riportato l'interesse dei presenti verso un patrimonio edilizio, testimonianza del nostro recente passato, che rischia di scomparire nell’incuria e nel disinteresse generale.
Un patrimonio che, senza intenti nostalgici, meriterebbe di essere meglio conosciuto, conservato e valorizzato.
Il successivo intervento di Giampiero Morreale, di più difficile sintesi in mancanza del ricco apparato iconografico e cartografico, si è focalizzato sulla lettura di alcune particolarità morfologiche della zona e della relazione con la localizzazione delle cascine più antiche, per evidenziare come il territorio della Bicocca fosse luogo di incontro dell’importante percorso che dal guado dell’Agogna verso Lumellogno incrociava la strada della Lomellina.

La valle dell'Arbogna fra Cavallotta e Mago

Morreale ha sottolineato come il corso quasi rettilineo dell'attuale corso XXIII marzo sia una realizzazione di epoca molto recente laddove il tracciato originale della starda diretta verso sud seguisse il ciglio del rilievo morenico, compiendo un’ampio arco che avendo origine presso porta Milano proseguiva verso la collina di San Nazzaro e determinando di conseguenza la posizione delle cascine.
Il relatore ha poi avanzato una ipotesi per spiegare l’anomalia della piana sotto lo strapiombo della costa morenica orientale, ipotizzando che essa fosse un antico letto del torrente Terdobbio quando ancora le acque non erano impoverite dal prelievo per le risaie cominciato nel Quattrocento e il piccolo fiume, molto più ricco d’acque, era forse una via navigabile; Morreale, confrontando antiche mappe ha individuato quella che “potrebbe” essere stata una zona di porto fluviale proprio presso Olengo; il relatore ha però rimarcato come si tratti solo di una ipotesi suggerita, più che suffragata, da piccoli indizi sparsi nel territorio.

Relazione di Luigi Simonetta

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