Conversazioni d'archivio

I Nazari e la Cappella dell’Angelo Custode
La cappella dell'angelo custode nella basilica di San Gaudenzio di Novara:
nuovi documenti per Tanzio da Varallo e la famiglia Nazari

Marina Dell'Omo e di Sergio Monferrini - 1 marzo 2011

La Capella dell'Angelo nella Basilica di San Gaudenzio

Del nome della ricca e potente famiglia Nazzari oggi, in Novara, resta ben poco: qualche lapide sotto i busti nel cortile d’onore dell’Ospedale Maggiore e l’intitolazione di una via del centro cittadino, ma la memoria di questo casato verrà certamente tramandata dalle testimonianze artistiche che i Nazzari hanno lasciato nella cappella di loro patronato nella Basilica di San Gaudenzio.
Sergio Monferrini ha presentato, presso l’Archivio di Stato, la storia di questo illustre casato, di cui ha rinvenuto negli archivi notarili corposa documentazione, da cui ha saputo estrarre dettagliate notizie.
Questa famiglia compare sulla scena cittadina agli inizi del XVI secolo, già in una posizione di grande rilievo, tanto che due esponenti della famiglia (Gerolamo e suo figlio Gian Matteo) vengono indicati su documenti notarili con l’appellativo di “magnifico” che spettava, per prassi, a famiglie di rango decurionale.

Giuseppe Argenti 1852 - busto di Ferrante Nazzari nel cortile d'onore dell'Ospedale Maggiore di Novara

Gerolamo sposò una Cattaneo e Gian Matteo una Berciocchi; Barbara, sorella di Gerolamo, era moglie del decurione Defendente Gallarati e suo fratello Bartolomeo sposò la nobile Francesca Avogadro fu Simone dei Conti di Casalgiate.
Bartolomeo trafficava probabilmente in gioielli perchè nell’inventario dei suoi beni (1563), recentemente ritrovato, sono elencate numerose pietre preziose e lasciò alla famiglia una cospicua fortuna, notevolmente incrementata dal figlio Ferrante (detto anche Ferdinando o Ferrando) che gestì la cassa della tesoreria comunale di Novara, portando così la famiglia al vertice della società novarese del XVII secolo.
Dalla moglie, Anna Rabattini, Ferrante ebbe due figli: Ottavio e Bartolomeo; fu il secondogenito Bartolomeo ad avere, alla morte del padre, la parte principale dell’eredità, indice, evidentemente, di un dissidio del primogenito Ferrante col padre, probabilmente dovuto a intemperanze giovanili non gradite in famiglia.
Da Bartolomeo, sposato in prime nozze con Clara Diledi e in seconde nozze con Camilla Zaffira, non sopravvissero figli maschi e l’eredità di famiglia passò al fratello Ottavio che entrò, a pieno titolo fra la nobiltà novarese ottenendo l’ingresso nel corpo decurionale cittadino e una status nobiliare (1).

Giuseppe Argenti 1852 - busto di Ottavio Nazzari nel cortile d'onore dell'Ospedale Maggiore di Novara

Ottavio si era laureato in legge (a ventotto anni dopo aver certo passato più tempo nei divertimenti che negli studi) e risulta iscritto nella matricola notarile dal 1609, ma sembra non abbia mai effettivamente esercitato dedicandosi anch’egli alla moltiplicazione dei beni di famiglia con una rilevante attività finanziaria.
Il ricchissimo elenco dei suoi beni riportato nell’inventario del 1645, fatto dopo la sua morte, testimonia della sua elevatissima posizione sociale.
Con il suo testamento dotò di 1000 scudi la cappellania dell’Angelo custode che aveva eretto nella Basilica di San Gaudenzio e per la quale aveva investito un capitale di 12.000 lire (il valore di un palazzo in città).
A dispetto, o forse in ricordo, della sua gioventù scapestrata, egli istituì sovvenzioni agli studenti, legate però all’ottenimento di buoni risultati nello studio, richiedendo, in caso di insuccesso, la restituzione delle somme anticipate.
Il primogenito di Ottavio: Giuseppe, morì senza prole lasciando erede il fratello Carlo Francesco, la sorella Barbara sposò Francesco Maria Avogadro, i fratelli Ferrante e Ottavio (2) entrarono in religione e Marco morì senza prole.
Il marchese Carlo Francesco (3) si sposò con Livia Tornielli da cui ebbe abbondante discendenza che sembrava garantire la continuità della casata, ma così non fu.
Il figlio Antonio Francesco ebbe una brillante carriera militare ed era tenente colonnello dell’esercito imperiale e comandante dei granatieri quando, nel 1706, morì, a soli 37 anni, senza figli, durante l’assedio di Torino.
Le fortune famigliari avrebbero dovuto essere continuate dal primogenito Giuseppe Antonio, nato nel 1656, che gestì, in qualità di sindaco della Città, la resa di Novara alle truppe austro-piemontesi, comandate dal principe Eugenio di Savoia; purtroppo dalle sue nozze con la marchesa Matilde Visconti non nacque l’erede desiderato e alla morte del marchese Giuseppe Antonio, il 28 aprile 1718, gli unici Nazzari viventi erano quelli che avevano abbracciato la vita religiosa.
Titolo e beni passarono quindi a Giuseppe Maria De Carli, figlio della sorella Ottavia e del nobile Andrea De Carli, che prese il cognome Nazzari-Carli; che trasmise poi al figlio Luigi ultimo discendente a portare il cognome della casata.
Marina Dell’Omo ha poi illustrato le vicende artistiche della cappella dell’Angelo custode nella Basilica di San Gaudenzio di cui i Nazzari avevano il patronato e che arricchirono con marmi e con opere pittoriche di grande valore.

Capella dell'Angelo nella Basilica di San Gaudenzio - Apparato decorativo

Principale committente delle opere fu Ottavio che ottenne la disponibilità della cappella nel 1627 e, nello stesso anno, affidò l’incarico della decorazione pittorica al pittore valsesiano Antonio d’Enrico detto Tanzio da Varallo (Alagna 1575 – Varallo 1633) reduce da un decennio di importanti lavori alle cappelle del Sacro Monte di Varallo Sesia.
Il Tanzio realizzò il Cristo in gloria della volta e i quattro santi di fianco all’ancona (in alto i santi francescani Bernardo e Francesco, sotto i quali erano raffigurati, in onore del committente, i santi Ottavio e Nazaro) con scene bibliche, raffiguranti interventi angelici, sulla lunetta superiore e nei sottarchi della cappella.
Nel 1629 il Tanzio completò anche, per la parete laterale, il grande dipinto della “Battaglia di Sennacherib”, definito dal Testori “capolavoro supremo”.

Tanzio da Varallo 1629 - Battaglia di Sennacherib, particolare

Importante nella cappella l’attività degli artisti che realizzarono, forse su progetto dello stesso Tanzio, la decorazione a stucchi con le incorniciature in rilievo degli affreschi e la cimatura del finestrone al culmine della cappella, con gli angeli a sorreggere lo stemma della famiglia Nazzari.
Dalla documentazione ritrovata risultano attivi nel cantiere gli stuccatori ticinesi Gian Pietro e Antonio Maria Casella, appartenenti a una famiglia di decoratori molto attiva, nello stesso periodo, presso la corte sabauda.

F.M. Richini - paliotto dell'altare realizzato dai marmisti Fossati

L’altare della cappella in pregiati marmi policromi fu progettato da Francesco Maria Richini (Milano 1584 - 1658) e la realizzazione dei marmi fu opera di Silvestro Fossati con i figli Francesco e Camillo (4).
Sopra l’altare venne inizialmente posto un dipinto provvisorio di dimensioni non proporzionate a quelle della cappella, dipinto che solo molti anni più tardi (intorno al 1680) fu sostituito dalla grande tela oggi esistente, opera di Giacinto Brandi (5).
Si è fatta anche citazione dell’importante quadreria raccolta dai Nazzari, documentata negli inventari rinvenuti, ulteriore testimonianza della importanza che ebbe, nel campo artistico, la committenza di questa famiglia novarese.


(1) - Ottavio viene indicato, in alcuni documenti del 1628, come feudatario di Pernate, titolo probabilmente acquisito (per eredità o acquisto) dopo la morte, avvenuta in quell’anno, del cugino Gerolamo Piotti; in seguito però il territorio di Pernate risulta sempre infeudato ai Piotti.
(2) – Ferrante Giuseppe, morto il 18.3.1712, era canonico del duomo, Ottavio Ignazio, nato postumo, si fece cappuccino nel 1660.
(3) – Carlo Francesco ottenne il titolo di marchese di San Raffaele con diploma del Duca di Mantova del 30.01.1693.
(4) – Anche i Fossati, come i Casella, erano originari del Canton Ticino.
(5) – Giacinto Brandi (Roma 1621 – 1691) fu uno dei più celebri pittori del suo tempo, appartenente a famiglia di artisti, studiò a Roma e in Emilia e fu uno dei più stimati interpreti del Barocco, lavorò soprattutto a Roma.

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