Vita sociale - 1928

21 ottobre 1928
Relazione sul Museo di Suno e su altri avanzi archeologici

La nostra Società per la parte archeologica ha realizzato il programma che si era fissato per quest'anno [1927-1928]: la cessione del Museo Archeologico di Suno al Museo archeologico di Novara.
Le pratiche necessarie non furono difficili per la deferentissima adesione di tutti gli enti interessati: furono un po' lunghe e fastidiose per lo smarrimento dell'autorizzazione governativa (che pure era stata la prima ad arrivare) nel passaggio dall'uno all'altro ufficio competente: e furono anche gradite sotto l'aspetto di una gita a Suno di tre Membri della Società per constatare anzitutto se esisteva ancora qualche cosa di quel Museo, che si diceva disperso.
Realmente la copiosissima e rara suppellettile archeologica, disposta su varii ordini di bancate addossate alle quattro pareti di un'ampio salone, quale io stesso avevo ammirato alcuni anni prima della guerra, consistente in numerosissimi fittili, monete, armi, statuette, bronzi, ecc. tutto era miseramente scomparso negli anni del cosidetto bolscevismo, quando a Novara stessa una autorità cittadina di allora, aveva proposto di dare ordine all'Archivio Storico di Novara con uno zolfanello.
Quanto rimaneva però fu bastante per suscitare la nostra meraviglia: 14 cippi o are romane riparate sotto la gronda del tetto nel cortile della casa comunale.
A giorni, cioé non appena l'alto Magistrato, che ora tiene il governo del nostro Municipio, potrà, mantenendo una autorevole parola dataci l'anno scorso, mettere a nostra disposizione i mezzi di trasporto e di ordinamento, noi avremo la gioia di vedere tutte queste quattordici are schierate sul fianco settentrionale del portico della Canonica, là in compagnia di 32 altre loro consorelle ed altri molti marmi letterati romani.
Acquisto cospicuo, per cui Novara potrà andare lieta di una raccolta di marmi romani scritti, quale forse ben poche, o nessuna, città di provincia possa vantare.
Bisogna dire, un patto fatto, che non tutte queste are sono destinate a rimanere nel chiostro della Canonica: alcune, ma pochissime, sono destinate ad ornare i Musei dell'antico palazzo del comune, ossia del Broletto, quando sarà debitamente restaurato.
Al prof. Viglio, che è tanto buono quanto bravo, in premio della sua attività a favore della storia e dell'arte Novarese, daremo (per il suo Museo s'intende) l'ara più bella il «Valerius» di fino marmo bianco, che per eleganza, per il suo interesse e per la conservazione ben paragonabile ai celebri monumenti di Narcisio in Pallanza, di Cisone ed Elarantide e di Appia Faventina di Novara.
Se non gli basterà gli daremo anche il celebre «Mogetius» di granito. Qualora volesse proprio di più, per dare risalto ai Musei del risorto palazzo del Broletto, prenda pure anche il «Premius fidelis», che tornato illeso dalla guerra scioglie un voto alla vittoria.
Ma non di più. Il resto starà bene nel chiostro che il gran Longobardo Novarese, S. Adalgiso, al tempo dei Franchi, ha innalzato per il clero Maggiore della città, nella casa cioé più antica (nonostante gli infiniti cambiamenti di stile) di Novara; e dove dormono le più antiche carte della nostra storia.
Per questo acquisto noi dobbiamo dire grazie all'illustriss. sig. Podestà di Suno, comm. avv. Gaspare Voli, al quale la Società nostra vorrà mandare io spero un plauso di lode e di gratitudine.

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Passando ad altro; come semplice notizia, posso comunicare che quest'anno gli scavi casuali nel nostro territorio sono stati archeologicamente negativi, fatta eccezione di tre belle anfore allungate venute in luce questa estate nello scavo in piazza S. Giovanni, e precisamente dietro alla statua di Carlo Emanuele III.
Esse giacevano a tre metri di profondità, a ridosso una dell'altra, con la bocca rivolta ad oriente, senza alcuna preparazione né pel giacimento, né per la difesa intorno. Probabile segno di collocazione non originale.
La prima fu spezzata dagli operai che la credettero uno di quei camini in terra cotta, cosidetti Bottacchi.
Le altre, salvate per merito del prof. Rinaldo Lampugnani, che sul luogo sorvegliava i lavori del Teatro Coccia, non poterono essere estratte intere per la difficile loro giacitura o forse più per l'imperizia degli operai.
L'ultima venuta in luce e che pareva difesa dai cocci di un'altra maggiore, rotta pur essa, conteneva terriccio con cenere e carboni, ma senza fibule, bronzi, ambre, o altro segno qualsiasi come si trovano nelle vere sepolture.
Comunque questa zona di terra ha gi dato altri monumenti, che si trovano nella Canonica; e sta bene tenerla d'occhio.

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Forse non sarà fuor di luogo dire una parola sui ruderi, messi in un piccolo recinto esterno e dentro il cortile del nuovo palazzo della Banca d'Italia.
Preciserò:
1.) sulla area della chiesa di S. Marco, della casa Tarella, Banca d'Italia e vie adiacenti sorgeva nell'epoca romana un'edificio publico di grande entità se lo si giudica dagli avanzi, di cui nel Gallarati, da cruste marmoree, dalle formelle per stufa, mosaici, ecc. venuti in luce di recente e principalmente dalle amplissime linee delle fondamenta come dal loro spessore.
2.) Sgraziatamente ben poco fu conservato di questi segni di grandezza romana.
3) Tra il Ministero della P. I. e la Direzione della Banca d'Italia fu fatta una convenzione in cui si stabiliva che i blocchi delle fondamenta di questo edificio fossero messi là, dove furono messi, e là fossero conservati.
4.) Il Senatore Schiaparelli si era riservato, a suo agio e a spese della Banca d'Italia, sempre in base alla predetta convenzione, di dare poi egli — con metodo — un contorno a questi blocchi, illustrandoli anche con un disegno delle fondamenta inciso su d'una tavola di marmo.
5.) Che questi ruderi non si debbano toccare lo dice anche un processo penale dolorosamente avvenuto.
6.) Quando il Sen. Schiaparelli, dopo di avere preparato, sulla carta, la sistemazione metodica di questi ruderi si preparava ad attuarla, per sventura morì.
7.) Nell'attesa della successione dello Schiaparelli fu suscitata nella stampa novarese una campagna contro questi ruderi.
8.) La reggenza della Soprintendenza delle Antichità del Piemonte e Liguria, debitamente e ripetutamente informata di tutto, non osò prendersi la responsabilità di mettere la mano sui ruderi in questione.
9.) D. Lino, da quel che dicono, perché io non ho letto, ha fatto le spese delle lagnanze della stampa; ma D. Lino, che non aveva la facoltà di nominare il successore del Sen. Schiaparelli, ha informato debitamente di tutto l'Autorità Superiore ed ha riconosciuto, come riconosce la libertà di stampa e anche, come si dice in latino macheronico, il ius murmurandi.
Ma il ius di gettare nell'Agogna ruderi romani non lo ammetterei se non per i barbari.
Nel centro di Roma, in uno spiazzo erbato, si vedono alcuni ruderi perfettamente simili ai nostri di Via Bescapé; sono gli avanzi delle antiche mura serviane. Ciò di cui si gloria Roma non può essere vergogna a Novara se non per chi Roma ignora.

[Lino Cassani, «Atti della Società Storica Novarese», in Bollettino Storico per la Provincia di Novara,XXII [1928] n. 4