Spigolature

Le La «Nota spese» del medico della peste

di Luigi Simonetta

Nei faldoni dell’archivio Tornielli di Vergano, custodito presso l’Archivio di Stato di Novara, vi sono anche le carte della nobile famiglia Trevì (detta anche Trevirio o Trevilio), che nei Tornielli si estinse. Era famiglia antica e nobile, documentata con continuità dal XV secolo, con dimora in Cerano e Novara; in Novara aveva diritto a un seggio nel consiglio decurionale ed era imparentata con i Tornielli, i Baldi, i Barbavara, gli Scauri, i Caccia, i Vespolati e i Barba di Sanfront. La discendenza maschile dei Trevì si estinse il 3 gennaio 1783 con Giovanni Maria, morto in esilio nella fortezza di Civita Castellana, bandito e diseredato per aver assassinato il fratello Giuseppe Maria; l’eredità andò alla sorella Marianna sposata a Luigi Tornielli di Vergano.

La famiglia diede numerosi personaggi di rilievo: canonici, militi, giureconsulti e medici, fra questi ultimi spicca il dottor fisico Gian Pietro Trevì, laureato a Pavia nel 1604 e stimato esponente del collegio dei fisici della città di Novara, sposato a Margherita Tornielli sorella del vescovo di Novara, mons. Antonio Maria.

L’archivio conserva un interessante fascicolo di documenti manoscritti, suoi e di altri medici suoi corrispondenti, relativi ai più disparati casi clinici, con l’analisi della evoluzione della malattia e l’annotazione delle cure prestate e dei medicinali somministrati. I pazienti appartengono in gran parte a importanti famiglie o sono ufficiali della guarnigione spagnola: nel 1619, ad esempio, il Trevì riporta il caso dell’ill.mo Aloisius de Cordova “dux peditum(1) morto, dopo due settimane d’agonia, per le conseguenze di una ferita al capo. Vi sono poi relazioni di febbri terzane e note su alcuni casi di “lue gallica” - la sifilide - in soldati spagnoli insieme con numerose relazioni su malattie dell’apparato urogenitale femminile; è inserita nel fascicolo anche una sua relazione, per una causa di divorzio, su un novarese dei sobborghi di incerta virilità, glabro, con voce muliebre e con un apparato riproduttivo di “parva magnitudine e longitudine”.

Nel novembre 1629 il Trevì fu incaricato dai Conservatori della Sanità della Città di Novara e del Contado di recarsi nei paesi vicini per verificare la situazione sanitaria, dando le necessarie disposizioni qualora avesse riscontrato casi di peste; a tal scopo lo munirono di una patente, firmata dal cancelliere Gian Pietro Tarabia (2), che gli permetteva di accedere in ogni luogo sospetto per verificare la situazione e far attuare, anche forzatamente dalla forza pubblica, le disposizioni emanate.

Nell’archivio non vi è purtroppo una relazione completa ma possiamo ricavare interessanti indicazioni da una sua nota spese dell’anno 1630, a partire dal mese di gennaio fino ad agosto, che riporta tutte le visite effettuate, a Cerano, Trecate e nella Biandrina:

Gen. 1630 - Nota delle giornate et visite fatte da me Gio. Pietro Trevì suddetto come conserv.re et deputato per interesse di sanità come nelli atti presso il sr. Tarabia lasciati.

Primo. Andato a Cerano col d.o sr. Tarabia cancelliere, dove si esaminò et sequestrò il Barbiere d’ordine del tribunale di Mil.o, giornate tre.
E più sono andato deputato come sopra a Vicolongo a visitar tutti li infermi de quella terra per veder se vi era mal contagioso, dove feci esami a diversi, e diedi diversi ordini che osservassero, col sr Tarabia et stetti anco a Biandrate l’istesso giorno, giornata una.
E più a Gargarengo col sr Pietro Legnano, dove sequestrai in casa l’hoste, et il padre di un figlio che era morto con segni di peste, un giorno.
E più sono andato col sr Franco Testa et il sr Tarabia un giorno che piove tanto che trovassimo le acque cresciute tanto che ritornassimo indietro per non haver potuto passare che andammo a Vicolongo un giorno.
E più sono andato con li sodetti un’altra volta a sospender la detta terra di Vicolongo, et far visite, dove si fece molti ordini come dalli atti si può vedere da dove andassimo ancora a Biandrate e Landiona, un giorno.
E più sono andato col sr Tarabia alla cassina della Pieve presso Biandrate a dar li opportuni ordini per far la quarantena al sr Henrico Gritti (3) da dove andai a Biandrate a visitar due chiese campestri per far la quarantena a certi di Vicolongo dove si diede altri ordini per interesse di sanità, quindi andai per di fuori Vicolongo dove trattai col sr medico et altri per diversi interessi di sanità, puoi andai a Mandello dove hebbi molto da fare in hesami et visite di vivi et morti, et trovai scoperto il mal contagioso, dove bisognò visitar ancora alquanti già sequestrati, sequestrar alcune case et dar molti ordini c.a al governo et interessi di sanità come dalli atti et di qui andai a Castellazzo per veder se vi era alcun male, giorni duoi.
E più ho visitato il cadavero di una giovane figlia di mr. Alberto Tosino, zechini 17
E più ho visitato in Mandello duoi cadaveri, 34
E più ho visitato ivi una donna moribonda, 17
E più ho visitato ivi un giovane con un carbone, 17
E più alli 24 maggio ho visitato duoi cadaveri in s.to Simone presenti mr Maurizio, il Tarabia et il comis.o Inguino, 34.
E più ho visitato per un mese li infermi et suspetti del lazaretto di s.to Simone (4), 90
E più per nove giornate, 108.
E più ho visitato duoi altri cadaveri in d.o loco. 34
E più sono andato alla casa del sr Pietro Leonardi et il sr Tarabia per causa della s.ra Hippolita Caccia venuta da Milano con tutta la sua famiglia, una giornata, 12
E più sono andato alle Bettole da Trecha a visitar un cadavero, et a Cerano due volte a trattar col sr Franco Gallarato per causa del sr conte Alessandro Lampignano et dil sr Gio. Paulo Cicogna (5), tre giornate. 36
E più alli 6 luglio 1630 sono andato a Biandrate et alla tagliata di Vicolongo per la differenza tra quelli di Biandrate et Vicolongo per le capanne, due giornate, 24
E più un cadavero del zocolaro, un altro della moglie del camparo, sua nuora, un altro alla cassina presso santo Nazaro.
Andata a Vigevano due giornate alli 2 agosto, 24
Li ss.ri commissari mi hanno fatto il mandato per la presente lista di L. 600 et non mi hanno dato cosa alcuna per le visite de cadaveri.

Gio Pietro Trevì

(1) – il maestro di campo Aloisio de Cordova abitava a Novara, sua figlia Isabella sposò nel 1613 in san Giacomo un altro de Cordova abitante in Novara, il capitano Martino.
(2) – il notaio Gian Pietro Tarabia di Suno fu attivo dal 1591 al 1639.
(3) – Enrico Gritti era il figlio naturale legittimato ed unico erede del canonico Alessandro, viveva nel castello di Vicolungo che passò poi all’Ospedale Maggiore di Novara dopo la morte dei suoi figli senza discendenza maschile.
(4) – sembra da questa nota che il lazzareto di Novara fosse nel sobborgo di San Simone, fuori dalle mura a settentrione della città; il Frasconi dice che il lazzareto era in Borgo Santo Stefano ma c’è da dire che i due sobborghi erano contigui e anticamente uniti per cui è possibile che, nell’uso comune si indicasse come Santo Stefano tutta l’area a settentrione della città. Per Biandrate e Vicolungo si capisce dalle annotazioni che era stato fatto un lazzareto comune presso una chiesa campestre, costruendovi delle capanne provvisorie.
(5) – il conte Alessandro Lampugnani era il feudatario di Trecate, il Giovan Paolo Cicogna citato era un capitano dell’esercito spagnolo parente del conte Alfonso Cicogna di Terdobbiate.