Recensioni e Segnalazioni

Le Tentazioni di sant’Antonio Abate. Arte e letteratura

Il dipinto che incantò Gustave Flaubert.
Durante il suo primo viaggio in Italia del 1845, Gustave Flaubert (1821-1880) rimase profondamente affascinato dalla città di Genova. Nella capitale ligure il giovane scrittore, che all’epoca non aveva ancora pubblicato nulla, rimase stupefatto di fronte ai meravigliosi palazzi di marmo e ai tesori d’arte in essi custoditi: «mi trovo in una città bellissima, una città davvero splendida, Genova. Si cammina sul marmo, è tutto marmo: scalinate, balconi, palazzi. Passando per strada si vedono i grandi soffitti patrizi tutti dipinti e dorati», scrive all’amico Alfred Le Poittevin.

Le Tentazioni di sant’Antonio Abate
già Genova, collezione Balbi Piovera, ora Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Genova, collezione privata.

Nelle note del suo Voyage en Italie, in cui elenca e descrive i palazzi e i capolavori d’arte che ha visto, un dipinto, i cui particolari sono illustrati con passione ed entusiasmo, si distingue sopra a tutti, al punto da «cancellare tutto il resto della galleria [la quadreria di Palazzo Balbi] in cui si trovava»: «ho visto un quadro di Brueghel che rappresenta La Tentazione di sant’Antonio. Mi ha fatto pensare di arrangiare per il teatro La Tentazione di sant’Antonio, ma questo richiederebbe uno ben più in gamba di me. Darei tutta la collezione del Moniteur, se ce l’avessi, e aggiungerei centomila franchi per comprare quel quadro, che la maggior parte di coloro che lo guardano giudicano brutto».

Il meraviglioso, grottesco, inquietante dipinto cinquecentesco costituì, come dichiarato dallo scrittore stesso, la prima fonte di ispirazione per la stesura de La Tentazione di sant’Antonio, un’opera drammatica suddivisa in quadri, accompagnati da note narrative, incentrata interamente sulla figura dell’eremita Antonio e delle sue visioni-allucinazioni.
Flaubert ne portò a termine una prima versione nel 1849 (ma decise di non pubblicarla), tornò a lavorarci nel 1856 per farne uscire alcuni frammenti su «L’Artiste» (che vennero molto apprezzati da Charles Baudelaire), e la riscrisse quasi interamente molti anni dopo, per pubblicarla nel 1874. In quell’occasione definì «il [suo] sant’Antonio» «l’opera di tutta la mia vita», e ribadì che l’impulso a scriverne era stato generato dalla potente suggestione provocata in lui dal dipinto: «la prima idea mi è venuta nel 1845, a Genova, davanti a un quadro di Brueghel, e da allora non ho smesso di pensarci».
La tavola che tanto colpì la sfrenata e fiammeggiante immaginazione di Flaubert, Le tentazioni di sant’Antonio Abate, tradizionalmente attribuita al pittore fiammingo Pieter Brueghel il Giovane (1564-1638), una delle opere più celebri delle storiche collezioni genovesi, documentata nella seicentesca dimora di Francesco Maria Balbi, non era più comparsa al pubblico dopo una mostra genovese del 1946. Grazie alla sensibilità e alla generosità dell’attuale proprietario, il quadro è tornato dal 2015 a Genova, nelle sale della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola.
Il 14 novembre del 2015 si è tenuto un convegno, a cura della Direttrice della Galleria, Farida Simonetti, e di chi scrive, che indagava i rapporti tra il dipinto e l’opera di Flaubert. Esattamente a tre anni di distanza, il 14 novembre 2018 verrà presentato, alle ore 17, il volume Le Tentazioni di sant’Antonio Abate. Arte e letteratura (a cura di Farida Simonetti e Gianluca Zanelli, ed. Scalpendi) che raccoglie gli atti della giornata di studi del 2015 (tra gli altri, interventi di Mauro Manica, Bruna Donatelli, di chi scrive e di altri studiosi), nonché un importante saggio a cura di uno storico dell’arte belga, Paul Vandenbroeck.
Lo studioso ha proposto una dettagliata lettura iconografica dell’opera inserendola nel corpus della produzione di Jan Verbeeck, fornendo pertanto un’attribuzione differente rispetto al passato. Una scoperta fondamentale su uno dei quadri più affascinanti e indagati del Cinquecento fiammingo, sui cui nei prossimi mesi saranno organizzati diversi approfondimenti.
Subito dopo la presentazione a Palazzo Spinola, presso Palazzo della Meridiana (che fino al 9 dicembre ospita la splendida mostra I macchiaioli, a cura di Serena Bartolena, in collaborazione con ViDi Mostre e Associazione Amici di Palazzo della Meridiana) andrà in scena la lettura teatrale Madame Bovary c’est moi?, con Lisa Galantini e Alberto Giusta, che racconta la genesi del capolavoro di Flaubert a partire dal «fallimento» (così lo definirono gli amici dello scrittore all’epoca) de La Tentazione di sant’Antonio del 1849.

Chiara Pasetti