Recensioni e Segnalazioni

Predicando il vangelo e curando ogni malattia
La Parrocchia dell'Ospedale tra storia, fede e carità

La chiesa dell'ospedale vista dal cortile interno

Il volumetto è suddiviso in due parti: un’ampia sezione storica, a cura di Dorino Tuniz, ricostruisce la storia della chiesa di San Michele all’Ospedale, ripercorrendone le vicende, a partire dall’antichissimo edificio sacro annesso all’ospedale che sorgeva nel sobborgo di S.Agabio, proseguendo con l'ampliamento cinquecentesco per giungere al trasferimento all’interno delle mura, nella collocazione attuale, illustrando la storia dei tre edifici che sono stati successivamente costruiti, nel XVI secolo, alla fine del XVIII e all’inizio del XX secolo e narrando le vicende di parroci, frati umiliati e cappuccini e suore orsoline e della carità, che hanno assicurato l’assistenza spirituale, e spesso anche materiale, ai malati e ai bimbi esposti messi sotto le cure della struttura ospedaliera.
La seconda sezione, articolata in otto brevi saggi, si occupa nel dettaglio del patrimonio artistico della parrocchia.

Pianeta a fondo rosso 1860-1870 Gros de Tours ricamato

Flavia Fiori ha scritto del ricchissimo patrimonio di paramenti sacri che secoli di devozione hanno accumulato nella sagrestia della parrocchia, commovente testimonianza delle molte grazie chieste dai malati e della gratitudine per le loro sofferenze alleviate dalle amorevoli cure dei religiosi.
Dei paramenti più antichi documentati da antichi inventari non è rimasto molto mentre abbiamo ancora paramenti del XVIII secolo fra cui alcune pianete in broccati ricamati; abbondante e di qualità il corredo liturgico del XIX secolo, a volte opera dei laboratori interni dell’ospedale, come i quattro quadretti ricamati con la Carità, la Giustizia e i santi patroni; da citare il ricchissimo paramento festivo, datato 1869, con ricami in seta policroma e filo d’oro con l’immagine del Sacro Cuore.
Altro breve saggio della Fiori è dedicato all’identificazione di due quadri del pittore Cuzzio di Oleggio raffiguranti San Felice di Cantalice, e da lei identificati l’uno, ancora conservato nella chiesa dell’ospedale, come il gonfalone commissionato per la festa della beatificazione nel 1712 e l’altro (autografato) , oggi nella chiesa del Torrion Quartara, come il dipinto che adornava la chiesa conventuale di san Lorenzo.

Francesco Stella, Statua dell'Immacolata Concezione

Un ultimo saggio è dedicato alla bella statua lignea dell’Immacolata realizzata dal valsesiano Francesco Sella (1824-1902) su modello di una statua antica del convento di Alessandria.
Il nome del Sella, insegnante all’istituto Bellini, non ha la rinomanza che meriterebbe, ma fu autore nel circondario di Novara di opere di gran pregio fra cui ricordiamo la bellissima Madonna del Rosario di Lumellogno e l’elegante baldacchino processionale della chiesa di San Martino in Novara.
Marina Dell’Omo esamina invece due quadri, del pittore fiammingo Johan Christoph Storer (1621-1671, attivo in Lombardia dal 1642 al 1655) che fan parte degli arredi della chiesa: la Sacra conversazione con i santi Carlo, Felice, Giustina, Giovanni da Capestrano e Giovanni Evangelista, tuttora esposta, già inventariata come opera di Tarquinio Grassi.

Johan Christoph Storer, Sacra conversazione

La tela è stata recentemente attribuita allo Storer da Dall’Omo sulla base delle caratteristiche stilistiche, così come la Vergine con Sant'Idelfonso e Sant'Antonio da Padova attualmente conservate nei depositi.
Emiliano Orsini tratta del quadro della deposizione eseguita per l’altare maggiore della vecchia chiesa da Giuseppe Mazzola, pittore ufficiale della corte Sabauda, che lavorò poi a Novara per la curia vescovile, per i Leonardi e i Tettoni.
Il volume è chiuso da due saggi della nostra socia di Emiliana Mongiat che esamina i dipinti, di autori anche importanti come Cane, Tosi e Preda e, purtroppo, poco visibili e si sofferma poi sui due dipinti a lato dell’altare, opera di Luigi Guglielmino (1885-1962), direttore del collegio degli Artigianelli, una scuola professionale novarese nella quale erano insegnate anche pittura e scultura.

Quadretto dipinto e ricamato con l'emblema dell'Ospedale Maggiore della Carità

Nel saggio di chiusura “una grande opera si tesse con filo sottile”, Emiliana Mongiat si occupa dell’arte del ricamo in Novara.
Oggi il ricamo a mano è un’attività prevalentemente hobbistica limitato a una più o meno ristretta cerchia di appassionate, ma, fino al secolo scorso, l’apprendimento del ricamo era doveroso per le ragazze che apprendevano, fin da piccole, a decorare con ago e filo teli e vestiti, a partire dal proprio corredo di biancheria che era spesso l’unico elemento di modesto lusso presente anche nelle case popolari.
Anche per il XVII e XVIII secolo abbiamo numerose testimonianze documentali di grande diffusione nel Novarese delle ricamatrici, diffusione certamente favorita dalla vicinanza di Milano che era, già all’epoca, un centro della moda, particolarmente rinomato per la confezione di stoffe di lusso abbellite da decorazioni a ricamo in seta e filo metallico; ma una spinta decisiva fu data al ricamo dall’apertura dell’istituto Bellini che aveva fra i suoi corsi per le fanciulle anche quelli di cucito e ricamo.

Paliotto di seta avorio con ricano in metllo dorato rappresentante l'Agnello Mistico

Cucito e ricamo venivano insegnate anche alle esposte che vivevano nel ricovero dell’O.M. che provvedevano anche alla manutenzione dei paramenti e a volte, sotto la direzione di suore esperte erano in grado di confezionarne di nuovi.
L’autrice include nel saggio anche abbondanti notizie sulle ditte che operarono in Novara nel campo del ricamo o più in generale delle forniture di paramenti e accessori ecclesiastici, a partire dalla ditta Morera e dalle ditte facenti capo alla famiglia Pellitti.