Recensioni e Segnalazioni

«Il marchesato di Novara. Feudo silenzioso.
Economia e alimentazione nella Novara del XVI secolo»

L'attuale pletorico panorama editoriale - oltre 60.000 titoli pubblicati ogni anno ed un catalogo ʻvivoʼ di oltre 850.000 titoli, ma nel quale la ʻsaggisticaʼ rappresenta meno del 3% delle vendite - offre sempre più raramente opere capaci di superare la soglia di interesse rappresentata da una occasionale curisità.
La "ricerca storica", con la rara eccezione di qualche opera di divulgazione di qualità, pare confinata da una parte nel limbo della comunità accademica o, dall'altra, all'articolato mondo delle pubblicazioni di interesse "localistico" - generalmente di natura agiografica e autoreferenziale, come già notava, più di quaranta anni fa, Giuseppe Martini - ma - forse proprio per questo! - capace di drenare gran parte delle modeste risorse economiche messe a disposizione dalle Amministrazioni locali.

Uno scenario che ben si sposa con quanto scriveva Friedrich Nietzsche in un frammento del periodo 1879-1881: La novità della nostra attuale posizione è una convinzione che non fu propria di nessuna epoca: che cioè non possediamo la verità. Tutti gli uomini del passato avevano la verità: persino li scettici (1).
E se la coscienza di tale condizione ha favorito una riflessione critica sul Faire de l'histoire (2), la complementare banalizzazione relativistica porta ad una sovrabbondante produzione di (pseudo)studi nei quali si discutono le caratteristiche, le forme, i tipi di interpretazione e non si interpreta nulla (3).

Descricione dil Marchesato di Novara di Geronimo Migliavacha.

Non possiamo quindi che accogliere con piacere un'opera che, nata in un contesto spesso trascurato e sottovalutato, quasi fosse un argomento secondario, subalterno, poco importante; estraneo ai grandi temi d'una cultura che, per essere tale, deve essere necessariamente aulica, paludata e trattare questioni gravi, magari ostiche, ma, comunque, mai troppo prosaiche (4), ci fornisce, insieme con una importante messe di informazioni tratte da documenti "inediti", una interpretazione originale, ed acuta, di una particolarità del nostro territorio: l'apparente mancanza di una "specifica" tradizione alimentare.
Il volume, quasi rappresentazione letterale delle idee di Le Goff e Nora (5), accosta il prezioso saggio di GianCarlo Andenna «Un marchesato per un prestito. I Farnese a Novara (1538-1603)», che facendo uso di inedite fonti archivstiche illumina un periodo fin qui "oscuro" della storia novarese ed indica nuove direzioni di ricerca, alle analisi quantitative di Giampiero Morreale «Gli ultimi fuochi del medioevo. Economia e alimentazione nel Cinquecento novarese» e alle riflessioni di Giovanni Ballarini «Alla luce d'un ʺpiciol lume di cucinaʺ. A tavola con Ranuccio e Francesco Farnese» sul duplice aspetto della cucina ostensiva dei grandi eventi pubblici e di quella segreta di casa Farnese, e sulla eredità da esse lasciata.

Mario Tuccillo, promotore e coordinatore dell'iniziativa editoriale, con una originale rilettura di studi già noti, ci suggerisce una interpretazione innovativa di quella che, al contrario, è stata per anni considerata una caratteristica "limitativa" della tradizione locale: l'assenza, o quasi, di una tradizione alimentare ʻadeguataʼ alla ricchezza del territorio: Novara era una città che aveva un mercato alimentare ricco e vivace e che vedeva in esercizio decine di osterie che assicuravano un'imponente macchina ricettiva e ristorativa.
È proprio la complessità delle vicende politiche, delle molte e articolate presenze militari, della presenza di genti, interessi, mentalità, costumi e culture tanto diverse, unita alla ricchezza della città, che già Guicciardini aveva definito celebre e molto abbondante, a favorire l'affrancamento della gastronomia novarese da limiti e consuetudini strettamente locali consentendole di affrontare la prima metà del XVI secolo scevra da condizionamenti e da limitazioni in una apparente assenza di aspetti caratteristici e peculiari.
Le ricerche che si interesseranno delle epoche successive, non mancheranno di svolgere confronti e riflessioni analitiche per comprendere se e come e perché una tale situazione sia andata mutando.

Non ci resta quindi che auspicare che i prossimi volumi, di quella che si anticipa essere una trilogia dedicata alla tradizione gastronomica novarese, possano replicare, e superare, la qualità e l'interesse espresse da questo felice inizio.

Sandro Callerio

(1) Maurizio Ferraris, «La fine del dialogo come fine del dialogo», in Franco Rella (a cura di), Forme e pensiero del moderno, Feltrinelli, Milano 1989].
(2) Ce qui force l'histoire à se redéfinir, c'est d'abord la prise de conscience par les historiens du relativisme de leur science. Jacques Le Goff et Pierre Nora, «Présentation», in Faire de l'histoire, Gallimard Paris 1974.
(3) Maurizio Ferraris, «La fine del dialogo come fine del dialogo», in Franco Rella (a cura di), Forme e pensiero del moderno, Feltrinelli, Milano 1989].
(4) Mario Tuccillo, «Prefazione» in Il Marchesato di Novara. Feudo silenzioso. Economia e alimentazione nella Novara del XVI secolo, Novara Accademia Italiana della Cucina - delegazione di Novara 2016.]
(5) On a voulu montrer les articulations entre les voies de la recherche historique aujourd'hui...
L'histoire subit aussi l'agression des sciences sociales où la quantification est reine, comme la démographie ou l'économie...
La nouveauté nous paraît tenir à trois processus: de nouveaux problèmes remettent en cause l'histoire elle-même; de nouvelles approches modifient, enrichissent, bouleversent les secteurs traditionnels de l'histoire; de nouveaux objets enfin apparaissent dans le champ épistémologique de l'histoire
. Jacques Le Goff et Pierre Nora, «Présentation», in Faire de l'histoire, Gallimard Paris 1974.