Recensioni e Segnalazioni

Facinoroso, sanguinario, homicidario et vendicativo.
Giovanni Battista Caccia detto Caccetta (1571-1609)

Di Giovanni Battista Caccia, detto “il Caccetta”, sono stati in molti a scrivere in passato, così come – dopo la comparsa del romanzo di Sebastiano Vassalli, La Chimera (Einaudi 1990), in cui il nobile bandito figura fra gli attori che più spiccano nel racconto – altri hanno voluto rivisitare la biografia del personaggio, riesumando insieme una suggestiva intuizione, la quale fu già del Viglio negli anni trenta sul Bollettino Storico.

Don Rodrigo in un'illustrazione tratta dall'edizione del 1840 de "I promessi sposi"

E cioè di vedere riflessa, nel don Rodrigo de I Promessi Sposi, la figura “trasfigurata” dal Manzoni del nostro novarese e delle sue ignobili imprese.
Sergio Monferrini ospita, in calce al suo ben riuscito nuovo saggio, un’appendice stilata da Arnaldo Agazzone proprio su questo suggestivo parallelismo ‘Caccetta-don Rodrigo’. Ma, se vogliamo, potremmo ben scorgere – in altri personaggi presenti in questo tormentato processo a carico di Giovanni Battista Caccia, durato più di sei anni e che forse il Manzoni ebbe modo di consultare negli archivi milanesi – anche un don Abbondio novarese, il canonico Serafino Corti, o un Renzo e una Lucia – però di rango nobilitato – ovvero la marchesa Casati e il concupito rampollo, figlio primogenito di Amico Canobio.

Insomma con un poco di fantasia si può trovarvi di tutto e di più. Il cosiddetto “manoscritto Caccetta”, cioè una copia o un transunto degli atti processuali riguardanti il bandito-nobiluomo, fu ritrovato fortunosamente negli anni settanta dall’archivista vescovile don Angelo Luigi Stoppa, frugando nell’archivio parrocchiale di Suno dentro la canonica locale, che porta ancora il (sopran)nome di “Casa del Caccetta”.

Così come il suo luogotenente e capo dei suoi bravi (una sorta di Griso nostrano) e cioè il Martellino, al secolo Giovanni Battista Martelli, abitò per anni in quel di Cureggio nella ancor esistente casa parrocchiale. Andrebbero indagate le strane coincidenze tra le due canoniche e le dimore cinque-secentesche dei due efferati criminali. Monferrini intanto ci da una versione (da una sua nuova lettura e trascrizione) precisa ed esatta dei fatti documentati nel manoscritto, cosa che fu già tentata da Silvano Crepaldi qualche decennio orsono, ma con molte inesattezze e con fatti narrati non del tutto chiari.

Ma Sergio Monferrini non si limita a riassumere i dati che il documento pur ci offre in abbondanza e neppure si perde in parallelismi (a volte peregrini) con i personaggi manzoniani, ma di ogni nome che compare nella narrazione del manoscritto va alla ricerca – su altre fonti coeve ai fatti – di ulteriori preziose notizie inedite. Veniamo così a sapere che Giovanni Battista Caccia, grazie al matrimonio con una Tornielli di Briona, diventa primo cugino della Monaca di Monza (una coicidenza anche questa?).

Il lavoro di Monferrini poi non prende in considerazione solo il filone principale, quello delle faide e dei grandi delitti nei confronti dei Canobio (ricchi e potenti banchieri novaresi), ma indaga anche su una serie di omicidi, magari in certo senso “minori”, perpetrati sotto il castello di Briona, dandoci per così dire uno spaccato di vita quotidiana del feudo brionese e dei suoi abitanti.

L’Autore poi non criminalizza a priori il controverso personaggio, ma pone sui due piatti della bilancia sia i meriti che i demeriti del Caccetta, talché, alla fine, il lettore può ancora domandarsi se il Caccetta sia stato realmente quel “mostro” che ci è sempre stato dipinto, oppure se si sia creata invece sul suo conto una nomèa tale da immaginarlo un mostro che in realtà non era. Il volumetto è agile e di poche pagine, ma denso quanto a contenuti, perché Monferrini è uno storico aduso a sfogliare centinaia di documenti d’archivio per trarne una messe di interessanti inediti!

Battista Beccaria