Note e documenti

Carlo Nigra, formazione e partecipazione alla Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti

di Filippo Morgantini

Nato a Castellaro de’ Giorgi in Lomellina, ma poi sempre legato al Novarese, ai suoi due laghi e al Piemonte nord-orientale in genere, territori ai quali dedica gran parte della sua attività professionale e di ricerca, Carlo Nigra è in realtà un autentico torinese d’adozione.
Fin dai tempi degli studi universitari si trasferisce a Torino, dove poi abita e dove trova i principali riferimenti culturali e sociali per il resto della sua vita; solo negli ultimissimi anni pare trasferirsi stabilmente a Miasino, sull’amatissimo lago d’Orta, dove in piena guerra mondiale, il 22 febbraio 1942, muore all’età di 85 anni (1).

Vittorio Viale, non senza una certa commozione, ricorda l’attivo e regolare coinvolgimento di Nigra in tutte le questioni artistiche torinesi fino a suoi ultimi anni:
Con la scomparsa di Pietro Gariazzo si è ancora più assottigliato il piccolo sodalizio che fra amici del Museo Civico avevamo formato per servire l’arte e la storia del nostro Piemonte e della diletta Torino, assumendo ad insegna l’operosa formica ed il motto «Vagor et colligo». Ci trovavamo ogni mercoledì a parlare dei nostri studi, a dirci le novità, a discutere di un oggetto, di un monumento e di una questione, ad aiutarci nelle ricerche, a confidarci i propositi di lavoro. Della bella schiera, unita in fraternità di opera e di intenti, già se ne sono andati per sempre Giuseppe Garrone, Cesare Bertea, Carlo Nigra, ed oggi il prediletto Pietro Antonio Gariazzo; e pare a noi, pochi superstiti, che con loro sia andata parte di noi stessi e del mondo che era a loro e a noi tanto caro (2).
Viale, direttore del Museo Civico torinese a partire dal 1930, farà ogni sforzo per mantenere in vita la Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti dopo la sua ufficiale chiusura, imposta per legge nel 1935, e il «piccolo sodalizio» di cui si parla pare essere uno dei punti di riferimento per le vecchie attività sociali, presumibilmente fino almeno all’entrata in guerra.
Grandissime, tra l’altro, le questioni aperte in quegli anni: dal riallestimento del Museo Civico in Palazzo Madama alle grandi mostre del barocco e di Medioevo e Rinascimento in Piemonte, oltre al serrato dibattito sulla ricostruzione della demolita via Roma, che vede lo stesso Nigra tra i protagonisti quando, nel 1933, in qualità di R. Ispettore pei Monumenti di Torino, presenta un progetto di accorpamento delle due chiese gemelle in piazza S. Carlo (3).

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(1) Noemi Gabrielli, «Dati biografici sull'Arch. Carlo Nigra», in Carlo Nigra, Torri e castelli e case forti del Piemonte dal 1000 al secolo XVI. II. La Valle d'Aosta, a cura di André Zanotto e Domenico Prola, Quart, Aosta, Musumeci, 1974. Il più esauriente studio su Nigra è Paolo Volorio, Carlo Nigra architetto e restauratore (1856- 1942), tesi di laurea, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, relatore Amedeo Bellini, A. A. 1992-1993, lavoro che ho avuto l’onore di seguire in qualità di correlatore, poi recensito e diffusamente descritto in Bollettino Storico per la Provincia di Novara (d’ora in avanti: BSPN), LXXXV, 1994, pp. 443-447, ma solo in parte pubblicato in contributi successivi, tra cui: Paolo Volorio, «La facciata della Collegiata di Domodossola», in BSPN, LXXXV, 1994; Paolo Volorio, «L'attività di Carlo Nigra a Torino e nell'ambiente della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti (d’ora in avanti: BSPABA), XLVII, 1995; Paolo Volorio, «Carlo Nigra restauratore: sulle orme di Alfredo d'Andrade», in Ananke, n. 17-18, 1997; Paolo Volorio, «Il Castello Nuovo di Rovasenda. Carlo Nigra tra filologia architettonica e storicismo ricostruttivo», in BSPABA, LII, 2000.
(2) Vittorio Viale, «In memoria. Pietro Gariazzo», in Bollettino del Centro Studi Archeologici ed Artistici del Piemonte, fasc. II, 1942 (ma stampato alla fine del 1943), p. 159. Nigra entra nel «comitato coadiutore» del Museo Civico torinese nel 1913, sotto la direzione di Giovanni Vacchetta ed Enrico Thovez, e dopo il 1920 continua a collaborare col nuovo direttore Lorenzo Rovere per legami di amicizia (Volorio, «L'attività di Carlo Nigra a Torino…», cit., pp. 250-251).
(3) Volorio, «L'attività di Carlo Nigra …», cit., p. 255.