Assemblea Generale [28 giugno 1946]   [BSPN XXXVIII [1947] N. 1 - pp. 1-14]

Assemblea Generale

Il giorno 28 giugno 1946, alle ore 16, nella gran sala d'onore del Palazzo Bellini (Banca Popolare) ebbe luogo la prima assemblea generale della Società Storica Novarese, dopo la sospensione causata dalla grande guerra mondiale, convocata con invito personale del Commissario della Deputazione Storica Subalpina per la Provincia di Novara, Don Lino Cassani, diramato a tutti gli Abbonati al Bollettino Storico Novarese ed a personalità della città.

Erano presenti una quarantina circa di invitati.

L'ordine del giorno era il seguente:
1. Relazione del Commissario della Deputazione Storica Subalpina per la Provincia di Novara;
2. Elezione della Presidenza e del Consiglio;
3. Commemorazione del Direttore del Bollettino Storico, Prof. Alessandro Viglio, letta dal Comm. Dott. Pezza;
4. Proposta di aggregazione ufficiale alla Deputazione Storica Subalpina.

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I - Ed il Commissario legge la seguente Relazione:

Eccellenza, Signori,
Ossequio e ringrazio le Autorità che si degnarono di venire ad onorare e confortare con la loro presenza ed adesione questa Assemblea Generale della Società Storica Novarese, la quale da questo giorno riprende il proprio compito per cui era sorta, di raccogliere, studiare, pubblicare i documenti relativi alla Storia di Novara e Provincia.

A Sua Eccellenza Vittorio Cerruti, già Ambasciatore d'Italia ed ora Presidente della Banca Popolare di Novara, di questo colossale e magistrale ente, collettore e distributore delle ricchezze del Novarese, (e non solo del Novarese) il quale per primo, dando un luminoso esempio a chi lo volesse e potesse imitare, volle porgere la mano alla nostra Società per rialzarla e farla tornare al lavoro, a Lui che ci ottenne dall'Amministrazione di questa Banca il dono di ben centomila lire e ci accoglie da gran Signore in queste storiche sale, l'ossequio e la gratitudine di chi deve vedere in Lui il mecenate; e dimostrargli col fatto tale gratitudine.

A Sua Eccellenza Marazza, Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione Pubblica, che pel tramite della Deputazione di Storia Patria Subalpina ci promise cinquantamila lire, simile ossequio e ringraziamento con tutta la nostra devota gratitudine.

Saluto con affetto gli antichi membri del nostro sodalizio tutti impazienti di rivedere il Bollettino Storico Novarese [così nel testo n.d.r.].

E mi inchino grato e devoto alle personalità della coltura, del foro, della scienza medica, dell'ingegneria, dell'industria, che accolsero l'invito di assistere a questa assemblea; anzi mi lusingo che molti di loro (meglio se tutti) vogliano inscriversi a questa Società Storica.

Mi sento sollecitato a fare questo invito dagli echi di questo palazzo innalzato dai fratelli Bagliotti per gli ozi dei novaresi nel secolo XVIII; dagli echi di questa stessa grande sala detta allora delle orchestre, dove il 31 maggio del 1800 Napoleone I, dopo il suo teatrale ingresso a cavallo in Novara, entrato qui, ove ora siamo noi, fece spiegare una grande carta geografica e circondato da uno stuolo di generali studiò il piano di quel grande spargimento di sangue umano, avvenuto qualche giorno dopo, e che la storia battezzò col nome di battaglia di Marengo; dagli echi di questa sala, dove il 1° giugno 1859 Napoleone III si preparò alla battaglia di Magenta che riempii di feriti i nostri ospedali e la stessa mia chiesa di Sant'Eufemia; dagli echi di questa sala, o più precisamente della sala minore qui vicino, ove, nella brumai giornata del 23 marzo 1849, Carlo Alberto dopo di avere invano cercato morte gloriosa sui campi della Bicocca, deponeva la corona; dagli echi, mi si perdoni l'insistenza, del l° Congresso Storico Subalpino di Novara, nel 1913, qui celebrato. Echi ancora eloquenti, sempre educativi e generatori di umano progresso, in quanto, che non le cruente battaglie, ma lo svolgimento del pensiero è seme di civiltà.

E quale dei nostri palazzi cittadini, delle nostre chiese, delle stesse nostre piazze; quale dei nostri borghi, delle nostre ville non ha la sua storia? Il Novarese in tutte le epoche ebbe la sua vita, la sua storia; che fu la vita, la storia dei nostri avi. Perché ignorarla? Perché non giovarsi della loro esperienza?

Per non lasciare sperdere tante di queste memorie nacque la Società Storica Novarese. In principio, si era nei primi anni di questo secolo, essa non era che una fraterna amicizia fra quattro o cinque giovani studiosi con alla testa Giovan Battista Morandi. Gli appartenevano il Prof. Viglio, il Prof. Massara, lo scultore Pirotta ed il prete che vi sta parlando, unico superstite.

Si vagabondava ogni giovedì nei paesi del Novarese cercando arte nelle chiese, memorie negli archivi, storia nei castelli; si scriveva pro e contro dei nostri ritrovamenti nei giornali di Novara. La nostra prima affermazione avvenne nel 1904 con una mirabile collezione fotografica, illustrata dal Massara nel suo volume L'iconografia di Maria Vergine nel Novarese.

L'Esposizione della Vergine nell'arte tenutasi, in detto anno, a Roma, nel Laterano, assegnò solo per il Novarese una intera sala e tra il plauso generale ci conferì la medaglia d'oro al merito. Non fu che un primo segno di vita. Più forte fu la voce di questa Società quando il suo campione, Giovan Battista Morandi, arditamente pubblicò il Bollettino Storico nel 1907. È qui presente chi ne scrisse il primo articolo, il Dott. Pezza, di cui presto sentirete l'ancor giovanile e maschia eloquenza; ed ancor vivo, e ben vivo, è il Prof. Mons. Cavigioli che nello stesso anno vi comparve con un suo magistrale commento d'esegesi. A pochi anni di distanza, nel 1913, la Deputazione di Storia Patria, ammirata per la serietà degli studi apparsi nel nostro Bollettino, venne a celebrare qui, in queste stesse sale, ove ora ci troviamo un suo riuscitissimo Congresso Storico. Riuscitissimo, dico, perché diede origine alla pubblicazione delle pergamene della nostra cattedrale che vanno dall'anno 729 all'anno 1205; una vera miniera di bolle pontificie, decreti imperiali, atti vescovili e privati per la durata di circa mezzo millennio. Materiale indispensabile per la costruzione, o ricostruzione, della storia di Novara basata su documenti ineccepibili.

Intanto il Bollettino proseguiva il suo corso con sempre maggiori migliorie. Quando improvvisamente la guerra del 1914-1918 ne stroncò il suo fondatore e mirabile campione, il Prof. Morandi, caduto il 15 settembre 1915 nelle trincee del Carso, gli amici non piansero il loro campione, come Davide il suo Gionata, od Achille coll'ira sua l'amico Patroclo, ma giurarono sul suo nome di non lasciare spegnere il fuoco da lui acceso. E dopo solo qualche mese di sosta il Bollettino Storico riprese con rinnovato vigore. Anzi la Società che prima era quasi in nuce, come ho detto, una semplice unione fraterna tra pochi amici, volle allargare la propria sfera costituendosi, in data 20 maggio 1920, in un vero sodalizio con Presidente, che fu l'Avv. Tadini, un Vice Presidente, un Segretario, un Cassiere, il Direttore del Bollettino, che fu il Professor Viglio.

Lo scoprimento della vasta necropoli preromana di San Bernardino, illustrata dal Barocelli, con l'abbondanza di preziosa suppellettile che arricchì il nostro Museo Archeologico; la costituzione del Premio Morandi; l'opera sapiente, indefessa di propulsione e di illustrazione per il restauro del Convento di San Nazzaro e dei palazzi storici del Broletto, opera insigne che ricorda il cinquantenario della fondazione della Banca Popolare di Novara; la donazione della Galleria Giannoni; le pubblicazioni straordinarie sulla Casa Della Porta in Novara del Nigra; degli incunabuli di Monsignor Beltrami, della Biblioteca Civica del Viglio; del Museo Archeologico della Canonica di Novara dello Scarzello, sul folclore di Borgolavezzaro e dintorni del Ramponi; delle Consignationes di Cassani, Mellerio e Tosi; dei Castelli della Provincia del Nigra (cito così a caso) ecc. ecc. e soprattutto la mirabile collezione delle intere annate del Bollettino fino a 1944 con scritti del Pellini, del Leone, del Lizier, Cavigioli, Landini, Durio, Decio, Romerio, Gabotto, Pellanda, ecc. ecc, collezione accolta, apprezzata in ogni migliore Biblioteca d'Italia, quella Vaticana compresa.

Per tanta opera è stato alto, solenne il plauso dato nel Congresso della Deputazione di Storia Patria tenuto qui a Novara nel 1934 con intervento di rappresentanze dello Stato. E maggior respiro avrebbe avuto ancora nel suo orizzonte di lavoro la Società nostra. Quand'ecco il Ministro della Pubblica Educazione, Cesare Maria De Vecchi con un decreto generale disciolse, con le altre Società Storiche, anche la nostra. Ne conservò fortunatamente un germe, chiamandolo «Direttorio della Deputazione Storica Subalpina», ma pose il Bollettino sotto tutela della Deputazione Subalpina, in un secondo tempo, un po' più tardi, anche il Bollettino (come gli altri del Piemonte) non ebbe più licenza di essere pubblicato per mancanza di carta, così si diceva.

Sopravviveva, almeno sulla carta, il Direttorio della Deputazione per la Provincia di Novara. Ma anche di questo il Segretario Professor Viglio ci veniva tolto dalla morte, il Presidente Ezio M. Gray ci veniva tolto dagli avvenimenti, il Prof. Toscano veniva radiato per motivi razziali, e così non rimase che il prete che vi sta parlando.

Tornata l'Italia a libertà, gli antichi soci da ogni parte mi sollecitarono a radunarci in assemblea. Ma la Deputazione di Storia Patria mi frenò finché io feci sentire che la Società Storica Novarese, come era nata e vissuta liberamente, così intendeva di risorgere e vivere liberamente. Mi fu allora acconsentito, sebbene con qualche rincrescimento, di convocare l'assemblea quale Commissario della Deputazione Storica Subalpina per la Provincia di Novara. Ed è quanto ho fatto, nella piena fiducia che dal risveglio della nostra Società, i cultori delle discipline storiche novaresi, sull'esempio dei nostri campioni Morandi e Viglio, mercé il mecenatismo della Banca Popolare di Novara, del Governo e speriamo dei grandi industriali locali, abbiano ad aumentare il già ricco patrimonio culturale su cui un giorno si scriverà la vera storia di Novara, già sapientemente tracciata dal grande Vescovo A Basilica Petri nel 1612, così voglia la Divina Provvidenza a tutto vantaggio del nostro paese. Il quale oltreché di tecnici ha bisogno supremo di uomini, che nella conoscenza della storia, in cui è la esperienza della vita dei secoli, si formino la mente, il cuore, la parola atta al governo delle moltitudini, le quali non vivono di solo pane.

La conoscenza della storia del proprio paese non è un lusso, né solo un coefficiente di onore, ma un grande propulsore di progresso civile e sociale. È peccato razionare il pane al popolo; maggior delitto è razionare il pensiero a chi ha il diffìcile compito di dirigere il popolo. L'impreparazione al governo ha troppo tristi conseguenze. Ed oggi la Italia ne fa la dolorosa esperienza.

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II - Elezione della Presidenza e del Consiglio

Con voto spontaneo e generale viene per acclamazione chiamato alla presidenza il socio S. Ecc. Vittorio Cerruti Ambasciatore d'Italia e Presidente della Banca Popolare di Novara, il quale accetta, e salito al banco della Presidenza pronuncia il seguente discorso:

Ringrazio i signori membri della «Società Storica Novarese» dell'onore fattomi chiamandomi a presiedere questo Ente culturale.

La «Società Storica Novarese», che intende riprendere, dopo qualche anno di forzato riposo, la propria attività, lo fa con encomiabile sollecitudine e dimostra così di voler dare il proprio contributo spirituale alla rinascita del Paese, che pur attraverso le presenti sventure, è e sarà sempre faro di civiltà nel mondo.

Le molte vicende del passato, i diversi reggimenti attraverso i quali è passata questa nostra regione, gli uomini che l'hanno governata con metodi diversi, meritano di essere meglio approfonditi attraverso documenti autentici, scarsamente o addirittura non conosciuti, in modo che la nostra e le generazioni future ne traggano conclusioni che impediscano - in quanto lo consenta l'imperfezione della natura umana - di compiere gli stessi errori.

Ma non soltanto alla storia si è dedicata in passato la «Società Storica Novarese» bensì pure all'arte sacra e profana sì largamente diffusa in questa regione. Esiste al riguardo un programma di lavoro di sommo interesse che ci sforzeremo di attuare, confidando di essere sorretti dal consenso di tutti i soci.

Il Reverendo Don Lino Cassani, che come «Commissario della Deputazione di Storia Patria per la Provincia di Novara» resse con tanta distinzione le sorti della «Società Storica» in quest'ultimo fortunoso periodo ha voluto pronunciare parole di cortese ringraziamento al Presidente della Banca Popolare di Novara per l'ospitalità concessa a quest'Assemblea. Gliene sono grato ed aggiungo che, appena ebbi sentore dell'intenzione di alcuni degnissimi cittadini novaresi di chiamare a nuova vita la «Società Storica» mi parve doveroso offrire le sale della Banca Popolare per la riunione odierna, tanto più che nel 1913 in questa stessa sala aveva avuto luogo il Congresso Storico Subalpino che riconobbe l'elevatezza della «Società Storica Novarese». Nessun edificio di Novara può del resto offrire un'atmosfera più adatta per una riunione di cultori della storia e dell'arte.

Nella sala accanto a quella in cui ci troviamo si è svolto uno degli avvenimenti storici più importanti del Risorgimento. Questo palazzo è poi divenuto la sede di un Istituto finanziario che è onore e vanto di Novara, simbolo della feconda attività economica della nostra regione, auspicio sicuro per la ricostruzione dell'Italia i cui figli, tesi tutti verso la realizzazione di ulteriori progressi, possono e devono volgere lo sguardo al passato per rafforzare la fiducia nei destini della Patria che potè essere spesso incompresa, vilipesa, martoriata, soggiogata da stranieri, oppressa, sconfitta, ma seppe conservare intatte le virtù della stirpe, auspicare e realizzale la propria unità, ottenere di essere considerata come gliene davano diritto l'incomparabile apporto dato al mondo nei campi della fede, dello spirito, dell'arte, della scienza, del diritto e dell'economia con genialità raramente superata.

NOMINA DEL CONSIGLIO

S. Ecc. il Presidente apre la discussione per la nomina dei Consiglieri. Risultano eletti i Signori:
Bossi Avv. Ettore; Bozzola Geom. Ermenegildo; Bronzini Ing. Giuseppe; Cassani Can. Lino; Cavigioli Can. Giovanni; Lampugnani Prof. Rinaldo; S. Ecc. Marazza Avv. Achille; Negretti Ing. Giovanni; Pezza Dottor Francesco; Ramponi Dott. Don Carlo; Torelli Signorina Attilia.
Volutamente è stato lasciato vacante il posto di consigliere per il futuro Direttore del Bollettino.
Per la designazione delle cariche di Vicepresidente, Segretario e Cassiere si da incarico alla prima adunanza del Consiglio, dovendo essi appartenere in forza del nostro Statuto al complesso del Consiglio.

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III - Commemorazione del Prof. Viglio

S. Ecc. il Presidente invita il Comm. Pezza al banco della presidenza per la commemorazione del Prof. Viglio, Direttore del Bollettino Storico Novarese ed il Dott. Pezza legge la seguente orazione:

Sui margini e nell'irrequietudine del secondo albeggiante medioevo, che coll'altro s'identifica per analogia di esordi e di sagome, nonché per identità di genesi dall'immane crisi economica politica spirituale seguita alle turbinose conflagrazioni romano-barbariche - oriente contro occidente - di questa grinzosa, cancrenosamente incorreggibile e pur divina e fulgida Europa; di un medioevo ormai in proiezione di foschia, di malefìcio e di smarrimento sulle coscienze e sui più specchianti traguardi dell'umanità; nei giorni affannati, nei quali girano tumultuose e cigolanti le puleggie della nuova istoria, l' apoteosi di Alessandro Viglio, che ogni fiore delle sue energie mentali profuse nelle storie antiche, potrebbe parere un fuor di luogo e un fuor di clima, se non vibrasse del suggello delle ore, che egli con noi visse in gran parte nei deliranti preludi della follia, negli sviluppi selvaggi e sanguinari, nell'inesorabile avvio all'epilogo tragico e trascinato della catastrofe italiana.

Avvisaglie di torpore e di regresso, tuttavia per fatidica ventura, soltanto effimere e fugaci. Perché la civiltà contemporanea, che più la si nega e più è universalmente cristiana, non è più la civiltà corrotta babelica sfasciata del mondo romano: essa si blinda di quella solidarietà - ancora evangelica e progressiva, - che rannoda e unifica di operante umanesimo tutte le genti al di sopra di ogni classe, d'ogni frontiera, d'ogni oligarchia, e ne trae tale possanza di stabilità e di resitenza, tale capacità di ricupero, che l'incombente medioevo non potrà riprodursi in tutto e durare a lungo. Se medioevo ha da essere, sarà medioevo-lampo. Le fiaccole delle conquiste sociali tecniche dottrinarie sono salde ed inestinguibili. Potranno impallidire, infiochire per breve intermezzo; ma pronte a risciabolare dei loro raggi lunghi e dissolventi la nuova caligine, a risfavillare dominatoci e a rischiarare la novella marcia dei secoli, la marcia dei popoli.

Prodromi anzi sicuri della confortante previsione, io rilevo con entusiastica compiacenza nel fatto e nel successo insperati di questa stessa adunanza. Sui problemi angosciosi del vivere, sulle snervanti incertezze del domani, sulle altalene contradditorie della pace, donde irradierà la speranza o l'ambascia delle nazioni, ha tra noi giocato ancora una volta sovrano ed irresistibile il fascino della coltura e l'impulso riconoscente dell'ammirazione, che qui ci ha attratti non per arraffare un avaro supplemento di pane cotidiano, ma per assaporare e pascerci di quel cibo impalpabile e nostalgico, di che da anni è famelico e vorace il nostro intelletto.

Né d'altra parte sconnesso né infecondo è - mentre in casa rulla il traliccio della gestante storia - levare alto, come nuvoletta d'incenso, il pensiero a chi tutto se stesso ha donato alla stesura delle cronache del passato più o meno remoto. Non v'ha contrasto né di voci, né di anime, né di tempi. Ciò che sembra gesta di oggi vive l'attimo fuggente, e l'istante dopo è già nel ruolo della storia di ieri, preda aspettata e ghiotta consegna dello studioso.

Né sconnesso, né infecondo anche perché lo storico; non è mai di sua natura un assente agli avvenimenti, che gli palpitano intorno. Chi annaspa e perscruta studia anche le più lontane vicende, tra le quali sembrano disperdersi o spegnersi gli echi del presente, non è che un febbrile esploratore proteso, tra ruderi e calcinacci, sopra un mondo ignoto, già vivo e gestoso ed ora solenne di silenzi sepolcrali, proteso a scoprire nei volti delle cose il mistero delle leggi geopsichiche, che quelle vicende determinarono e che, costituendo il filo unitario conduttore della fenomenologia umana, tendono a collegare il presente coll'antico e, una volta individuate, consentiranno, come le leggi fìsiche, i più attendibili intuiti, le televeggenze coordinate, in armonica coerenza di cause e di effetti, coi fenomeni più pregressi. Cimenti di innegabile dignità scientìfica. E la scienza non invecchia: è l'onnipresente di tutti i tempi, di tutte le storie.

Riconducendo dunque il Prof. Viglio sul consueto prediletto proscenio, anche in giorni cruciali di costituente o di pace sconcordata, nessuna dissonanza personale d'ambiente o di cronologia. E quando ricondotto a noi io lo penso, parmi di rivederlo al centro del nimbo raggiante della sua passione espletatrice, valorizzativa, sintetica, espansa per un florilegio di quasi 300 articoli e monografìe. Esasperato struggente amore, che ebbe una confluenza unica, un unico simbolo, una meta, un nome: Novara!

Aria d'angusto, di campanile? Fatuità strapaesana?

Affatto! Lo storico provinciale, consapevole delle sue responsabilità ideologiche, ritemprato a modernità di fini, di criteri, di metodi, drizza le vele a spaziare per orizzonti ben più lati e ben più alti, nella bellezza di un volontariato pioniere a piena dedizione, nell'anelito - di tutta la vita - di conoscere di rivelare e di recare da artiere periferico il tassello ed il colore obbligati della patria minore all'inquadratura di quel musaico trionfale, che è la storia d'Italia. E Viglio palpitò di questa consapevolezza, di questo anelito. È infatti sua l'accezione che la storia d'Italia è la sinfonia delle storie delle singole città.

Alessandro Giuseppe Mario Viglio di Carlo vespolatese e di madre laghista nacque il 3 luglio 1881 nella casa N. 1 di via Lunga - più tardi demolita per far luogo alla Casa del Popolo - di un paesino della Lomellina (Ceretto) aggrappato alla sponda destra di quel fiume latino, che il primo cartografo, d'età augustea, designò sulla Peutingeriana col nome del suo più famoso emporio municipale, Novaria. Natale geografico destino segnato e orientamento di tutto un curriculum! Se la mitologia arcadica fosse ancora di moda, sarei tentato di varare qui una leggenda gentile di certe leggiadre ninfe d'Agogna naviganti contro corrente sopra una veloce candida ala d'alcione per sbarcare - ad iniziatura del destino - il fìabesco fanciulietto nella città gaudenziana. Città favorita dal segreto di singolari malie: adescatrice e assimilatrice al cento per cento dei più eletti immigrati, assimilatoli alla loro volta dei caratteri integrali e di tutti i lieviti del genius loci fino allo spasimo della più esemplare elevazione filiale. Devozioni quindi meravigliosamente totalitarie, indefettibili, per la vita e per oltre, sulla scia sfolgorante di Carlo Negroni. Né alle seduzioni dell'amabile sirena sfuggì il cuore tenero del giovine Viglio, con un attaccamento aperto ed orgoglioso, tetragono a qualsiasi altro miraggio… distrattivo… separatista! al grido intransigente e giurato del vecchio motto d'amore: Ou m'attaque je meur! Impegno mantenuto e perfezionato.

Dopo l'inevitabile esodo a Torino per ottenere la laurea in lettere e dopo un successivo biennio di docenza di prima nomina nelle scuole secondarie di Racconigi, insopportabile si fece la lontananza. Il giovine sofferse le turbe d'un ossessione senza tregua, l'assillo prepotente e tormentoso d'un suo problema intimo, il male nostalgico della cupola antonelliana. Ricongiuntosi finalmente coll'amato bene, nessuna prospettiva di carriera, neanche la promozione alla ambita sede di Roma, ebbe il potere di staccarlo mai più. Alle lusinghe, agli inviti, alle sollecitazioni insistenti, occasionate volta volta dalla sua iscrizione nell'Albo d'onore del Ministero della P. I, rispose sempre col suo gran rifiuto. I meriti conclamati non perdettero tuttavia mai della loro influenza sull'avanzamento. Fu successivamente nominato preside del Liceo Carlo Alberto e da ultimo Provveditore agli Studi della Provincia. La memorabile e benedetta indisciplina alle disposizioni logistiche ministeriali e l'irriducibile volontà di insegnare e di far carriera soltanto e ad ogni costo in patria costituirono la fortuna degli studi novaresi.

Fu durante i pervicaci soggiorni che lo pervase inguaribilmente il sottile, il cronico e travolgente Bacillus hystoricus, inculcatogli dagli entusiasmi propagandistici del di lui fratello spirituale maggiore G. B. Morandi, l'inobliabile fondatore del Bollettino Storico Novarese. Frutti di quel felice contagio furono le sue prime pubblicazioni del 1906 sopra gli antichi lirici Taeggio, Gio. Agostino Cazza e Antonio Cerruti; sulle lotte comunali novaresi-vercellesi; sulle prime torchiature locali dell'arte della stampa; sul grande paleografo canonico Frasconi; sulla signoria dei Farnesi. Saggi importanti che lo rivelarono e altamente lo accreditarono nel cenacolo cittadino fiorito spontaneamente, per affinità di vocazioni, intorno alla suggestiva figura del Morandi, cenacolo di cui erano ornamento fattivo mons. Cassani, Augusto Lizier, Andrea Leone, mons. Cavigioli, Antonio Massara, Antonio Tadini, e, tra i foresi Cesare Poma, Giuseppe Pagani, io stesso e altri; sui quali tutti irradiava da Torino la sua gran luce il principe degli storici subalpini, Ferdinando Gabotto.

Caduto eroicamente sul Carso nel 1915 il Morandi, che il patriottismo dello storico aveva crismato e confessato nel braciere ardente della trincea, la legittima successione di fulcro-animatore del Cenacolo e di Direttore del Bollettino passò automaticamente, senza discussione, al giovine e dinamico Prof. Viglio, smanioso di scrivere e di operare.

Seguì subito un sorprendente scatto di rinnovamento, di proselitismo e di ascesi. L'esuberante passione civica, fin allora contenuta nei suoi moventi di storia e di arte, appena guadagnata via libera proruppe in un'impetuosa magnificenza e molteplicità - a fiotto continuo e vario - di affermazioni ideali e di realizzazioni concrete, che più gli anni si addensano sulla di lui memoria e più lo monumentano e che valsero nel troppo breve ciclo di sua vita ad appagare a risolvere a compiere in superamento i voti originariamente platonici e gli abbozzi programmatici di parecchie generazioni di caldi valorizzatori delle glorie cittadine, dal Morandi al Tarella al Rusconi al Bianchini al Morbio ecc. La multiforme inesauribile propulsiva geniale attività del Viglio raggiunse tale splendore, tonalità, ampiezza di espressioni e di sviluppi, da meritare, senza tema di iperboli dell'amicizia, che la storia locale segni nel suo nome, a caratteri indelebili, quel quarto di secolo che va dal 1916 al 1943, quale il fasto dell'età più aurea della coltura novarese. Una pleiade infatti dei migliori nomi della letteratura storica e artistica di quel periodo; una ricca collana di studi autorevoli e fondamentali stanno documentalmente polarizzati intorno a lui a formare costellazione.

Non è il caso di dettagliare e di catalogare. Ma non è neanche coscienzioso sorvolare su quella sua splendida e nutrita creazione, quale sotto le sue cure, specie dopo il 1918, divenne il Bollettino. Esso per importanza di trattazioni, per veste tipografica, per numero di pagine, per incomparabile ed eloquente sfoggio di documentazione fotografica va classato tra i migliori e più interessanti della repubblica e certamente non può temere il confronto tecnico nemmeno colle pubblicazioni similari di Milano e di Torino.

Il Bollettino è il documentario dell'incalzante produzione di Viglio scrittore, caratterizzata dal valore dei temi e dallo stile italianissimo brillante, suadente, a volte addirittura plastico, a volte arguto polemico, col quale sono stiliate le sue parecchie centurie di articoli e di monografie. Ma oltre che documentario è anche il cantiere, dove ogni oggetto e ogni soggetto canta l'amore immenso, vigile e instante dell'autore per la sua città.

Vi si inseguono in vorticose scintillanti teorie le innumeri evocazioni dei personaggi, che pù onorarono la natia Novara, dal romano Albucio Silone a Giovannetti, a Mossotti, al Ra vizza, a Ferrandi, a Morandi; le iniziative per costituire la Società Storica; per riaprire il Museo Civico; per sistemare il Museo Archeologico; per assicurare alla città il munifico dono della pinacoteca Giannoni; per promuovere i restauri del Broletto, del palazzo Bellini, del palazzetto dei Paratici, di San Nazzaro della Costa, di San Nazzaro Sesia, di San Michele di Oleggio, degli affreschi di Gionzana; per la conservazione e l'illustrazione di miriadi d'opere d'arte; per l'ordinamento del riuscitissimo XXX Congresso Storico Subalpino. E vi spesseggiano i contributi magistrali per la storia politica del comune di Novara; tra essi suscitano l'impressione di una sintesi mirabile e organicissima le dieci paginette di certi Lineamenti edite nel 1938: un piccolo capolavoro… Tale una rapida veduta panoramica, d'assieme. Per il resto cedo la parola all'imponente bibliografìa.

Viglio fu questo; Viglio è tutto qui, col suo animo e col suo materiale. Evidentemente una vita di luce e una missione di studi, scolorita l'una e scolorita l'altra di drammi o di episodi sensazionali. Un seminatore di quella grande e sana razza di popolo nostro, ansioso in umiltà della messe, adoratore ardente oltranzista di quiete di ordine di lavoro, del proprio lavoro; un seminatore cioè che dopo la normale fatica del giorno, di altre fatiche - le illucranti speculazioni dello spirito - ricreava le oraziane meritate horae subsecivae: riposi superlativamente appassionatamente lavorativi.

Fu un cittadino nel senso più quadrato della parola e fu un puro, che non amò l'odor di polvere, salvo quello delle cavalieresche tenzoni grafiche della coltura; e che tuttavia cadde nella fermezza del proprio credo politico, al primo cozzo fulmineo coi dogmi e colle insidie dell'aberrazione repubblichina. Il cuore grande generoso, che pure tanti sogni e tanti amori aveva ospitato, non resse all'urto e si sfasciò. Non si cade adunque soltanto per violenza di mitraglia nelle dedizioni ad un ideale. Non c'è ragione adunque perché anche i maestri caduti in pace con un ideale in cuore non possano nelle svolte decisive della patria ricostruenda tornare - come gli eroici insanguinati della guerra - a dire il loro comandamento e la sacra veggenza.

Se è vero che l'ombre ascoltano, Alessandro Viglio fatti innanzi nel giorno della tua sagra per la bellezza di un compito ideale e grida anche tu al popolo d'Italia ansante e smarrito la saggezza e il vaticinio delle meditate storie:

Fratelli, lavorate in disperato silenzio come io ho lavorato; amate il paese come io ho amato. L'amore unisce, l'odio divide. La patria concorde compatta operosa allora e solo allora potrà ritrovare la via e risalire dagli antri paurosi della bassura su su rocciando per le asperrime cime della salvezza.


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IV - Proposta di aggregazione ufficiale alla Deputazione di Storia Patria

Il Presidente apre la discussione su questo punto dell'ordine del giorno.

Il Segretario assunto Can. Cassani espone il desiderio espresso dal Prof. Lemmi, Commissario per la Deputazione di Storia Patria Subalpina, che la Società Storica Novarese abbia ad aggregarsi ufficialmente a questa Deputazione ed accenna ad alcuni vantaggi come ad alcuni svantaggi di questa aggregazione.

Il Preside della Provincia di Novara e nostro socio Comm. Camaschella espone valide ragioni, in questi tempi di invocati generali decentramenti, per l'indipendenza dalla Deputazione di Storia Patria.

Il Comm. Pezza è pure contrario alla aggregazione alla Deputazione di Storia Patria, dalla quale ben pochi vantaggi si potrebbero ottenere.

L'Ing. Guido Beldì, affermando che fin'ora non si hanno motivi sufficienti per pronunziarsi pro o contro, propone una sospensiva della proposta fino ad una nuova Assemblea Generale della nostra Società. Ed in questo senso viene deliberato.

Esaurito l'ordine del giorno, S. Ecc. il Presidente ringrazia con nobili parole gli adunati e dichiara chiusa l'assemblea generale che ha richiamato a nuova vita la Società Storica Novarese.

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