Notiziario   [BSPN XVIII [1924] fasc. I - pp. 85-92]

Il ripristino d'un'antica tradizione novarese.

Non vogliamo lasciar passare sotto silenzio un notevole avvenimento cittadino. Dopo tanti decennii di assenza, la Rappresentanza Comunale è ritornata, nel giorno della festa patronale di S. Gaudenzio, ad assistere al rito solenne nella Basilica che porta scritto sul frontone: Civitatis Novariae. Il concorso è stato immenso; le approvazioni furono generali; prima e dopo. Rinascono i tempi: si rinnovano le consuetudini antiche, le forme pittoresche, tradizionali: altri dirà se si rinnova anche il contenuto. Vogliamo conservare la eco di tale rievocazione nella parola del prof. Vito Fedeli a cui spetta il merito di aver posto e risolto il problema del ripristino dell'antichissima costumanza, assecondato con vigore e con entusiasmo dai suoi colleghi dell'Amministrazione Comunale.

A[lessandro] V[iglio].

I vecchi novaresi ricordano l'antichissima consuetudine dell'intervento della rappresentanza comunale alla solenne messa pontificale del 22 gennaio (festa del santo patrono di Novara) nella civica basilica gaudenziana, con la relativa offerta di cera e di simbolici fiori.
Nel Liber sextus Statutorum et iurium Urbis Novariae, stampato nel 1562, a pag. 39, sono contenute le norme della caratteristica e singolare cerimonia: Statutum est quod in quolibet die vigesimosecundo Januarij cuiuslibet anni in perpetuum praemisso sono campanae debeant convocari in Pallatio communis Novariae omnes Doctores et Judices Collegij: Consules iustitiae: Antiani et Confalonerij: et Consiliarij generalis Consilij: Capitanei: et Feudatarii Communis Novariae: et omnes habitantes in Civitate et suburbiis: ac Pretores: et communia oppidornm ac villarum et burgorum totius Episcopatus et districtus Novariae qui et que tenentur ad cerae oblationem: de quibus infra et supra fit mentio: Et sic convocati teneantur cum D. Pretore Novariae cum Vexillo magno Communis Novariae: Pallio, tubicenis et servitoribus communis indutis rubro: et Canolis floritis: et omni genere musicorum facere oblationem praedictam ad Ecclesiam sancii Gaudentij Novariae.
Si hanno testimonianze anche anteriori nell'archivio della basilica. Il «libro delle entrate et spese» dell'anno 1514 reca a pag. 1: Magnifica Comunitas Novariae dal annuatim in festo S. Gaudentii ianuarii pro die XXII dicti mensis pro oblatione unius Palii… item dat pro oblatione libras octo cerae laboratae in duabus torculis….
Nel registro del 1581-82 (pag. 6) è scritto: La Magnifica Comunità di Novara deve dar ogni anno in perpetuo nella festa di S. Gaudenzio… libre 8 cera bianca lavorata in torcie… a di 22 gennaio 1581 il sig Flaminio Puglia Podestà accompagnato dalli Magnifici Sig. Presidente et Consiglieri di essa magnifica Comunità. Nei registri del 1667 è aggiunto: Di più nella stessa festa offerisce un cannaro fiorito grande et sei picchioli quali sogliono essere portati dai Signori Decurioni processionalmente dal Pallatio Pretorio alla chiesa di d. Santo….
Notizie storiche particolareggiate, con rilievi e argomentazioni polemiche, si trovano anche in un autografo di quel diligente raccoglitore di memorie novaresi che fu il bibliotecario Raffaele Tarella, autografo posseduto dal Museo Civico:
Da tempo immemorabile era in uso che il giorno della festa patronale (22 gennaio) la municipalità o per lo meno il Sindaco colla Giunta accompagnati da fanti in divisa, bastoni a fascie bianche e rosse, trombettiere ecc. si portassero alla Basilica per assistere alla Messa pontificale, recarvi la bandiera del Comune ed il quadro votivo, che ora sta nel Museo, la qual bandiera ed il qual quadro venivano poi esposti sugli amboni, recarvi pure i soliti rami di fiori che un tempo erano di cera, poi come ancora noi li abbiamo veduti, in tela, finalmente come ancora stanno, in latta colorata e sono opera di certo Barbetta ora scomparso, più l'omaggio d'una quantità di cera. Non è a dire se tutto era disposto per ricevere il magnifico Consiglio ed i rappresentanti suoi. Nel primo presbitero, sotto le orchestre, eleganti sedie per le autorità, pei due Sindaci (una volta erano due) e banchi parati con tappeti rossi coll'arme della città che infine è la patrona della Basilica.
L'intervento della municipalità ebbe sempre luogo durante il Regno italico napoleonico e, crediamo, anche sotto la scapigliata Cisalpina. Venuti co' nuovi tempi (i tempi nostri) uomini nuovi, e diremo anche nuovi come cittadini, essendo sindaco Giuseppe Antonio Conelli, se pure non qualche anno prima, trovarono quella costumanza antiquata, non rispondente alle idee del tempo, perciò da trascurarsi….
Interrogati noi in proposito da autorevole persona ci pare aver risposto press'a poco che l'on. Giunta ha l'unico mandato di mandare ad effetto le deliberazioni del Consiglio e che questo in argomento, non fu mai interrogato, né si è pronunciato. Dunque l'on. Giunta, ha esorbitato. In quanto al Consiglio pur esso è fuori di strada, perché se non si è pronunciato in materia non ha però impedito alla Giunta di esorbitare né le ha chiesto conto della trascuraggine la quale accenna ad un abbandono in cosa che potrebbe indurre a conseguenze anche giuridiche quale la decadenza del jus di patronato in conseguenza della mancata osservanza dei doveri. La festa patronale è una istituzione cittadina ordinata dallo Statuto municipale (cap. VI) sia pure che gli statuti municipali non sono più in osservanza almeno in materia civile e criminale della quale si occupa la legge generale, ma hanno tuttora il loro peso nelle materie municipali alle quali la legge generale non provvede.
Le prescrizioni statutarie in ciò che tocca la festa patronale non furono mai cassate da chi ne aveva il diritto e cioè dalla rappresentanza cittadina; dunque? Ancora a' tempi nostri, quegli Statuti furono giudicati in osservanza almeno in ciò che concerne la successione delle femmine ab intestato, tant'è che l'avv. Giovanetti potè vincere la causa contro il Cardinale Cacciapiatti. Eppoi in società non si conosce solo l'ordine legale ma vi è anche l'ordine morale che nelle persone per bene s'impone quanto il primo. Come mai i signori di Città i quali hanno il compito di tradurre ad effetto gli ordinamenti cittadini ed i desideri della cittadinanza poterono mettere in non cale una costumanza sempre rispettata persino ai tempi della scapigliata Cisalpina e durante il regno italico Napoleonico, una consuetudine la quale la cittadinanza ha mostrato in più occasioni di voler mantenere?
È per lo meno una grande presunzione dei nostri Reggitori di voler interrompere ciò che la cittadinanza, almeno nella gran maggioranza, intende sia conservato e sostituirvi il proprio arbitrio, capricci, umori e rispetti nmani. Ma come far intendere queste cose ai pusillanimi che oggi amministrano, sempre paurosi d'esser levati di seggio; e sì che l'Amministrazione di oggidì (1903) si pretende riguardosa di certe cose…
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L'attuale Amministrazione civica deliberò di ripristinare in quest'anno l'antica consuetudine, almeno in quanto si riferisce all'intervento della rappresentanza comunale alla messa solenne.
La deliberazione ebbe triplice significato: di omaggio ai sentimenti religiosi della cittadinanza, di osservanza delle tradizioni storielle speciali della città, di esercizio di patronato sulla civica basilica.
Alle ore 10 del 22 gennaio, preceduta da un drappello di fanti civici in alta uniforme, mosse dal Municipio la rappresentanza comunale composta del sindaco doti. comm. Dante Bocci, degli assessori Ferrano, Giordano, Marchierò e Rosei, dei consiglieri Balossini, Cappa, Cipollino, Codini, Fedeli, Ferrerò, Nai, Panzarasa, Pellizzari, Ragozzi, Savoini.
All'ingresso della basilica i rappresentanti della città vennero accolti ed ossequiati dal clero in cappamagna e processional-mente accompagnati ai posti d'onore preparati nel presbiterio, sotto l'organo di sinistra. Molto opportunamente, per cura dell'autorità militare e del sempre vigile questore comm. Frosali, era stato disposto un duplice cordone di soldati dalla porta centrale del tempio alla balaustrata del presbiterio, in modo da lasciar libero il passaggio. Invitate dal rev. prevosto monsignor Gallenzi, tutte le altre autorità, civili e militari, intervennero nei posti d'onore presso i rappresentanti del Comune. Pontificò monsignor Gamba vescovo di Novara, ora promosso arcivescovo e destinato a reggere la diocesi di Torino. La folla immensa che si pigiava dietro i cordoni dei soldati seguì con grande raccoglimento lo svolgersi del sacro rito. Quando alla «elevazione» la tromba militare squillò l'attenti! e i soldati della patria presentarono le armi, fu un momento di generale commozione. L'anima religiosa di Novara vibrava tutta entro la fastosa basilica, vibrava lieta e commossa che finalmente i tempi nuovi avessero consentito il ripristino integrale della tradizionale festività del santo patrono e che la nuova Amministrazione Comunale - sorta dall'unione di tutti i partiti costituzionali - si fosse resa verace interprete della volontà e del sentimento della popolazione. Volontà e sentimento che sono per noi fede e civismo; perché San Gaudenzio e la sua basilica, oltre l'alto significato religioso, rappresentano un insieme di tradizioni, di memorie, d'affetti che troveranno sempre eco profonda nel cuore dei novaresi finché non sia spento ogni senso di idealismo.

V[ito] F[edeli].

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Per una tradizione musicale.

Nel giorno della festa patronale, il pubblico che gremiva la civica basilica lieto e commosso di veder ripristinata integralmente la solenne celebrazione con l'intervento della rappresentanza comunale, delle altre autorità e dei soldati della patria, rimase molto deluso della esecuzione musicale fatta dalla cappella del Duomo.
Sembrava a molti che in un' occasione sì solenne occorresse fare qualche cosa di più e di meglio delle solite esecuzioni domenicali del Duomo.
Ed in vero, fino a qualche anno indietro, nel giorno di San Gaudenzio solevasi fare musica a due cantorie e a due organi mediante la riunione e la fraterna cooperazione di ambedue le cappelle (di San Gaudenzio e del Duomo), con aggiunta, alla occorrenza, d'elementi estranei. Veniva richiamata, così, quella che un tempo era norma consuetudinaria nelle maggiori basiliche italiane e anche in San Gaudenzio: l'esecuzione grandiosa a otto voci reali divise in due cori (sulle due cantorie fronteggiantisi) con accompagnamento simultaneo d'ambedue gli organi:
Quando a cantar con organi si stea, ricorda anche Dante.
Non è a dire quanta differenza esista tra l'esecuzione ad una sola cantoria e quella a doppio coro.
In quella a doppio coro non si tratta soltanto di un raddoppiato quantitativo d'esecutori, ma anche d'effetti fonici derivanti dalla duplice dislocazione de'cantori e degli organi. Nei punti d'assieme, ad esempio, la sonorità delle due cantorie si diffonde completa ed eguale in ogni angolo della chiesa per la sincrona irradiazione delle onde sonore d'ambo i lati del presbitero; vi sono poi risorse tecniche specialissime: rispondenze quasi dialogali, contrasti (armoniosi contrasti, beninteso!) alternative, imitazioni tra l'ima e l'altra cantoria, tra l'uno e l'altro organo; tutti effetti particolari del genere contrappuntistico sacro a otto voci, genere d'arte in cui eccelsero i musicisti italiani tra il XVII e il XVIII secolo e che va sempre considerato come la più alta e propria manifestazione di grandiosità nella vera musica liturgica.
Esecuzioni in questo genere avvengono anche oggi di frequente (e sono immancabili nelle solennità) nel duomo di Milano, preparate e dirette con amorosa cura e gusto d'arte dal maestro Salvatore Gallotti.
Ora è lecito domandare: perché nella ricorrenza della nostra festa patronale di quest'anno, in vista anche della eccezionale solennità con cui veniva celebrata, non si sono riunite le due cappelle e non si è tornati alla esecuzione a due cantorie? E se non era possibile attuare l'esecuzione a doppio coro, dovendosi limitare alla musica d'una sola cantoria, perché non si è data la preferenza alla cappella propria della basilica di S. Gaudenzio?
Dio ci guardi dall'aprire una questione di diritti e di preferenze tra le due cappelle, a somiglianzà delle bizantine diatribe che anticamente, anche per {utili motivi, dividevano i reverendissimi canonici di San Gaudenzio da quelli del Duomo. Tuttavia si può osservare: si comprenderebbe l'opportunità di ricorrere alla cappella del Duomo quando questa fosse in grado di fare una esecuzione migliore di quella di San Gaudenzio; ma ambedue le cappelle oggi - a causa anche dei sempre più insufficienti mezzi finanziarii - si trovano quasi allo stesso livello circa il quantitativo d'esecutori; quanto al loro singolo valore esecutivo ogni concittadino può rendersene conto andando la domenica mattina dall'una all'altra delle due basiliche per fare l'immediato confronto.
Indubbiamente, la cappella di San Gaudenzio funziona in modo lodevole: malgrado l'esiguo numeri delle voci (due dei migliori cantori, i tenori Simonetta e Luzzani, sono attualmente negli Stati Uniti d'America, scritturati per il giro di concerti della cappella Sistina, sotto la direzione di monsignor Bella), il lato interpretativo vi è curato assiduamente: le voci sono intonate, cantano con espressione e con chiara dizione del sacro testo; l'organo sostenendole equilibratamente, senza coprirle, conferisce appropriata varietà di coloritura strumentale e dinamica («registrazione») in modo da contribuire à quella espressività che, sia pur contenuta e sobria, è sempre necessaria perché la musica sacra - anche la più ortodossa - sia resa nella sua integrità di significato tecnico ed estetico, perché sia «arte vera» secondo le precise prescrizioni del motti proprio pontificio.
È da desiderarsi, dunque, che nel venturo anno venga ripresa l'antica consuetudine della esecuzione a due cantorie, nel giorno della festa patronale, mediante la riunione delle due cappelle; ma se ciò non fosse possibile, è d'augurare che non venga fatto più torto alla valorosa e benemerita cappella Gaudettziana - insigne anche per tradizioni storiche - coi privarla di portare l'omaggio della sua arte alla maggiore festività della propria basilica.

V[ito] F[edeli].

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La morte del cav. Pietro Galloni.

Si è spento serenamente a 74 anni nella sua Varallo all'alba del 3 febbraio, chiudendo una vita di lavoro e di studio. Segretario di varii Comuni, amministratore di parecchie istituzioni, collaboratore in quasi tutte le buone iniziative sorte in Varallo e in Valsesia, ovunque portò operosità informata a rettitudine, senno, gentilezza. Di questa costante dedizione al pubblico bene fu trattato ampiamente nei giornali di Varallo, ed io non voglio ripetere il già detto: è doveroso però ebe il Bollettino nostro ricordi a brevi tratti la parte più saliente di questa operosità, cioè il culto fervente che il compianto Galloni ebbe per la storia e per l'arte.
Nato in una valle ove la storia locale e le memorie degli uomini illustri vengono tramandate da padre in figlio, cresciuto ed educato in un ambiente ricco di opere d'arte e avvivato da buone tradizioni artistiche, fu portato per naturale tendenza allo studio della storia e della critica artistica, nel quale andò acquistando una profonda cultura, maturata in una tenace applicazione di ricerche e di confronti. Questa preparazione aprì a lui la via a importanti e delicati uffici, quali la direzione del Sacro Monte, la presidenza della Società per la conservazione delle opere d'arte e dei monumenti in Valsesia, e l'ispettorato circondariale per i monumenti e scavi: in queste mansioni portò il frutto dei suoi studi, spiegando una benefica attività da meritare dai concittadini e dal Governo una continuata riconferma nelle cariche degnamente sostenute.
Pur gravato da molteplici occupazioni trovò tempo di dare alle stampe buona parte del frutto dei suoi studi. Sfogliando le raccolte dei giornali Monte Rosa (antica redazione), Gaudenzio Ferrari, Corriere Valsesiano e i fascicoli della Rivista Valsesiana si incontra spesso il nome del cav. Galloni: sono spunti di storia, note di arte, schiarimenti sopra fatti e persone interessanti la storia valsesiana, che oggi ancora si leggono con profitto. La fama però di storico e di critico d'arte del chiaro scrittore è legata specialmente a tre opere: Uomini e fatti celebri in Valsesia pubblicata in Varallo nel 1873 con i tipi dei Fratelli Colleoni; Atti di fondazione del Sacro Monte, biografia del fondatore Bealo B. Caimi edita nel 1909 dalla Tip. G. Zanfa; Origine e svolgimento delle opere d'arte del S. Monte pubblicata dalla stessa Tipografia nel 1914.vCon la prima rievocò le figure più nobili e i fatti più importanti della Valsesia, inquadrando la narrazione in una serie di Monografie composte sopra una larga e sicura documentazione. Con le altre due riandò la storia del Sacro Monte, facendo conoscere molti documenti scovati nelle biblioteche e negli archivi di Novara, Torino e Milano. Con queste due opere la storia artistica del Sacro Monte viene posta nella sua vera luce, e il lettore può rendersi ragione delle complesse vicende a cui soggiaque il Santuario.
La memoria del cav. Galloni vivrà perenne nella Valsesia, poiché il suo nome verrà segnato accanto ai grandi storici Gilardi, Passola, Sottile, Tonetti.

G[iulio] Romerio.

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Notiziario   [BSPN XVIII [1924] fasc. II - pp. 184-188]

Ai nostri Associati.

Possiamo dare qualche altra buona notizia.
Anzitutto abbiamo acquistato due nuovi Soci promotori i quali ci offrono cento lire all'anno, per sostenere la nostra pubblicazione e cioè: il signor Conte Gaudenzio Tornielli di Borgolavezzaro e il sig. Comm. dott. Dante Bocci, Sindaco di Novara.
Il Senatore on. Carlo Rizzetti ci ha mandato L. 50 con nobili parole di incoraggiamento; il dottor P. Landini di Roma, ottimo amico e collaboratore, ci offre L. 25 annue. Dobbiamo poi uno specialissimo ringraziamento al sig. Conte avv. Vittorio Tornielli di Vergano che ha guadagnato, in brevissimo tempo, alla nostra causa una ventina di bei nomi di nuovi soci.
E così, grazie a questi buoni successi, acquistiamo nuovo conforto alla non facile impresa di continuare e di rendere sempre più solida e simpatica questa pubblicazione che dovrebbe essere cara a ogni novarese colto e affezionato alla sua regione.

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Nuovi ispettori onorari.

A sostituire il dott. Andrea Leone, già Ispettore onorario per gli scavi e i monumenti nel Circondario di Novara, trasferitosi a Cuneo, il Ministero della P. I. ha chiamato il teol. sac. don Lino Cassani, cui è affidata la sorveglianza sugli scavi e sugli oggetti d'arte antica, e il cav. prof. Rinaldo Lampugnani cui spetta quella sui monumenti del Circondario.
Ai due nostri egregi concittadini e amici le espressioni del nostro più vivo compiacimento.

A[lessandro] V[iglio].

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Ruderi romani a Novara.

Sull'area del demolito collegio degli Oblati di Novara, presso la chiesa di S. Marco, si stanno scavando le fondamenta per il nuovo palazzo della Banca d'Italia.
Si sa che questa località era quasi al centro del quadrilatero racchiudente la Novara romana.
Ma poiché su di essa avevano già fabbricato i Padri Oblati nel 1840, su disegno dell'ing. Busser, l'autore della bellissima chiesina di Nibbia, del campanile di Pernate, ecc, e questi avevano dovuto, per fabbricare, demolire varie costruzioni precedenti, non si pensava che questo potesse essere un terreno archeologico.
Invece, alla modesta profondità di un metro, emersero segni evidenti che questa zona conservava ruderi romani.
Robusti muraglioni, dello spessore di un metro, altri di ottanta centimetri circa, tutti formati di ciottoli di fiume legati con la speciale calce romana, bianchissima e fortissima, corrono o correvano da sud a nord, e da est ad ovest, intersecandosi qua e colà.
Quasi nel mezzo dell'area stava un avanzo di abside d'un muro ancora più robusto degli altri.
Verso ovest su di un preparato si stendevano tre diversi pavimenti di altrettante sale, tutti allo stesso livello, e dell'ampiezza di circa metri cinque per cinque ciascuno. L'uno era di un semplice battuto con frantumi di mattone triturato su calce; l'altro di un bel mosaico di marmo nero, uniforme, a quadrettini di un cenlimetro; il terzo di altro mosaico, a fondo nero con esagoni bianchi, a quadrettini di un centimetro circa. Nessuna figura né di fiore né di animali. L'epoca però è evidentemente e puramente romana.
Frammiste ai rottami furono pure trovate due crustæ mar-moree, ossia frammenti di lastre di marmo con le quali si rivestivano gli edifici di lusso.
Venne in luce anche qualche formella di mattone romano, di quelle che formavano colonnette a sostegno dei tubi per l'acqua scorrente sotto alle sale da bagno.
E non mancarono i soliti sassi squadrati, a punta nella parte inferiore e lisci e piani, a forma quadrata, nella parte superiore per la pavimentazione delle strade.
Tutto ciò dimostra che sì è in presenza di una vera zona archeologica; ma non è facile arguire, dai pochi dati emersi, di quale edificio qui possa trattarsi.
L' ampiezza dell'area, lo spessore dei muri, gli accenni a rivestimenti marmorei, le pavimentazioni a mosaico fanno pensare ad un fabbricato di utilità pubblica. Ad un bagno? Non è possibile affermarlo. Troppa fu la devastazione operata nei vari tempi.
Dalla spoliazione di colonne e di marmi fatta da S. Gau-denzio sopra gli edifizi pubblici, per la costruzione della sua Cattedrale, alle distruzioni barbariche; dalle costruzioni dei Barnabiti nella fine del secolo decimosesto a quelle degli Oblati verso la metà del secolo passato; dalle piccole, saltuarie costruzioni alla febbre edile odierna, qui tutto è stato distrutto. Non restano che pochi ruderi, tanto per comprovare che anche a Novara romana non mancarono le grandezze edili, alle quali il futuro palazzo della Banca d'Italia, speriamo, vorrà succedere con dignità.

D. L[ino] Cassani.

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L'oratorio della Madonna del latte di Gionzana.

Va aumentando il numero degli aderenti al Comitato per i restauri al piccolo oratorio di Gionzana; al quale proposito abbiamo mandata attorno la circolare che pubblichiamo qui sotto.
Chi non l'avesse ricevuta e volesse tuttavia aderire, farà cosa nobilissima e generosa, di cui sarà conservato duraturo ricordo.
Al quale proposito ci piace dichiarare che accarezziamo l'idea di illustrare, dentro l'anno, in modo decoroso, il bell'oratorio che sarà rimesso in sesto - speriamo - rapidamente. Ed ecco, ora, la circolare. Nel prossimo numero pubblicheremo l'elenco degli aderenti.

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Novara, 21 maggio 1924.

EGREGIO SIGNORE,
In una frazione del Comune di Novara - Gionzana - esiste un'antica chiesetta dedicata a Maria Vergine, venerata nei sscoli con profonda devozione dagli abitanti dei dintorni sotto il nome di Santuario della Madonna del Latte, nota ai cultori di storia dell'arte per i suoi splendidi affreschi della fine del quattrocento. Tale chiesetta, inscritta nell'elenco degli edifici monumentali d'Italia, è affidata alle cure del Comune di Novara che provvede alla sua conservazione muraria. In questi ultimi tempi il Rev.mo Parroco di Gionzana, don Giuseppe Giudici, con paziente e intelligente lavoro, riuscì a rimettere in luce molti affreschi che decoravano originaria mente tutte le pareti dell'oratorio e che in diversi tempi erano stati ricoperti da mani ignoranti con uno strato di calce.
Per tale opera paziente e meritoria, approvata anche dalla Sopra Intendenza dei Monumenti, la bella chiesetta viene in gran parte restituita al suo primitivo splendore. Resterebbero alcuni lavori di complemento e di restauro definitivo tiell' interno, poiché ali' esterno provvede il Comune di Novara; a tal uopo ci proponiamo di raccogliere la somma necessaria. Restituire la mistica bellezza luminosa all'oratorio campestre sacro alla religione e ali' arte è dovere di coloro che sentono esservi al disopra degli interessi materiali e transitorii, valori spirituali e artistici da conservare, per tramandarli intatti alle generazioni venture. Troppe cose nobili e belle furono travolte e disperse nel passato, anche nella nostra regione; difendiamo tenacemente quelle che ancora ci rimangono ad attestare il fervore spirituale e artistico dei nostri padri.
Il Sindaco di Novara, comm. doti. Dante Bocci, ha accettato con fervore bene augurante alla riuscita della iniziativa, la presidenza onoraria del Comitato.
Ella, Egregio Signore, è pregata di dare il suo nome al Comitato stesso, che attingerà dalla sua ambita adesione, conforto e vigore a condurre a compimento la modesta impresa.
Appena ricevute le adesioni e costituito il Comitato, si indirà una adunanza per avvisare ai mezzi migliori e più rapidi di provvedere ai restauri.

Con particolare ossequio Dev.mo dott. A. V.

Dell'opera compiuta e dei generosi collaboratori sarà conservata memoria in forma durevole e degna.

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A proposito del ripristino di una antica tradizione novarese.

Il prof. Vito Fedeli nel numero precedente di questo Bollettino Storico ha richiamato opportunamente le disposizioni degli Statuti di Novara per la celebrazione della festa del Patrono S. Gaudenzio ed ha riportato ancor più opportunamente la bella relazione del cav. avv. Raffaele Tarella, scritta nel 1903, sui doveri del Comune di Novara in riguardo della festa Patronale.
A queste note il prof. Fedeli fa seguire un suo personale commento sulla «esecuzione musicale fatta dalla cappella del Duomo». E prosegue: «È lecito domandare perché… non si è data la preferenza alla cappella propria della basilica di S. Gaudenzio?»
Lecitissimo. E risponda il Frasconi in persona:

Le Cattedrali di ciascuna città erano (siamo nel sec. X.) V unica generale parrocchia della città medesima e dei sobborghi, e le altre chiese, die impropriamente appellavansi con tale nome, fin dai più remoti tempi denominavansi oratorii, basiliche ecc…

Su tutti i documenti vieti dichiarato che per le antiche costituzioni o per inveterato costume dette chiese minori erano in tutto e per tutta soggette alle Cattedrali ed al clero maggiore di esse, e in senso più stretto di quello che lo fossero le chiese rurali alle pievano, le quali erano considerate per loro matrici. Infatti andando il Capitolo Cattedrale a siffatte minori chiese urbane qualche volta fra l'anno, ove più ed ove meno, e specialmente nelle loro feste titolari, vi fosse o non vi fosse presente il vescovo, era ricevuto dal loro prete, o preti collegialmente, col suono festivo delle campane, coll' acqua benedetta e coll'incenso, ecc.

Il capitolo parimenti aveva il diritto di ordinare alle chiese, cioè di conferire le cappellanie di tutte le chiese della città e sobborghi non meno che tutti i canonicati, le prepositure della diocesi, previa l'ubbidienza suddetta, cioè, al giuramento che prestavasi al capitolo cattedrale ed al Vescovo da tutti coloro che ordinavansi in sacerdoti

«Assegnate poi e divise le parrocchie urbane di Novara, il capitolo cattedrale riserbossi alcuni diritti che sempre furono suoi propri. Il primo di essi è quello del fonte battesimale, ecc. ecc. Riserbossi altresì il capitolo di fare solennemente le feste titolari delle chiese, ecc.(1)

Queste ultime parole possono essere la più lucida e perentoria risposta alla domanda del chiarissimo prof. V. Fedeli.
La celebrazione delle feste titolari nelle chiese antiche di Novara spetta di diritto al capitolo Cattedrale. Il quale, nell'esercitare questo diritto, non usurpa nulla che sia di spettanza d'altri; ma continua a fare ciò che fa da un millennio come appare da un antico «ordine della santa Chiesa di Novara», cioè da un «Direttorio di ufficiatura propria della Cattedrale», conservato nell'archivio di S. Maria di questa città. Ossia, per l'occorrenza, porta con sé il proprio clero, i propri cantori, è più anche i chierici di servizio, sacrestani e simili.
Ecco perché «non si è data la preferenza alla cappella propria della basilica»; e perché accettando l'augurio espresso dal prof. V. F., «che non venga fatto più torto alla valorosa cappella Gaudeneiana» si invertirebbero precisamente le parti.

D. Lino Cassani.

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Per conchiudere.

Ringrazio delle cortesi informazioni il chiaro collega nella Commissione conservatrice del Museo e dell'Archivio storico. Nessuna obbiezione alle ragioni di diritto. Resterebbe da discutere l'opportunità della temporanea facoltativa rinuncia a certi diritti; ma di ciò non può occuparsi il Bollettino Storico.
È desiderabile che se ne tratti altrove, come e pure desiderabile che venga esaminato lo stato attuale della Musica sacra in Novara.

V[ito] Fedeli.

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(1) Cfr. Fr. Frasconi, Delle parrocchie urbane in genere; delle parrocchie della città di Novara, manoscritti, 1797, Novara: Archivio Congreg. Parroci Urbani e Suburbani.


Notiziario   [BSPN XVIII [1924] fasc. III - pp. 269-270]

Inaugurazione della Basilica di S. Michele di Oleggio.
Di particolare compiacimento per noi è la bella vittoria artistica e archeologica vinta a Oleggio con il restauro di quella Basilica sotto tanti aspetti veramente preziosa.
Bisognerà che ricordiamo qui (non so se lo annuncerà la pubblicazione commemorativa che sta per uscire) che primo a occuparsi fattivamente e sapientemente della vita di questo monumento insigne fu l'erudito archeologo, in altri campi della storia benemerito, Filippo Ponti, il quale nel 1897 scrisse una dotta relazione, esistente manoscritta nell'Archivio del nostro Museo Civico al cav. R. Tarella, ispettore degli Scavi e Monumenti per Novara.
Egli aveva anche incominciati, per conto suo, lavori di ricupero e di restauro e faceva ardentissimi voti che da parte dell'autorità tutoria si provvedesse ad una miglior conservazione ed al completo restauro del pregevole e interessante monumento.
Da allora l'interesse per S. Michele non cessò più. Il nostro Morandi parlò nel 1908, su questa Rivista, dell'affresco dei Cavalieri e della Basilica invitando, cui spettava, a far per essa qualche cosa onde impedirne la rovina definitiva.
In questa Rivista ancora il Cassani trattò più ampiamente di tutta la storia della bella chiesa romanica, della sua età, della sua architettura, della sua pittura, del suo valose artistico e liturgico, augurandosi infine che la Diocesi di Novara e Oleggio potessero riavere un magnifico monumento d'arte romanica.
L'augurio e il voto sono adempiuti: il 27 settembre la Basilica riavrà il suo duplice battesimo. Oleggio può andarne superba.
Riparleremo volentieri e a lungo della cosa additando i nomi dei benemeriti alla gratitudine e al ricordo perenne delle età veniure. Noi ci rallegriamo di veder coronato il bel sogno che spiccò il volo da queste pagine modeste.

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Congresso storico subalpino a Vercelli (22-24 settembre 1924).

Ripresa felice e austera, dopo l'uitimo Congresso di Novara (14, 15, 16, 17 settembre 1913); ripresa promettente, dopo dieci anni di sosta, che maturarono all'Italia tanta storia e tanta gloria, alla Società Subalpina tanti lutti e sconforti. Questo XVII Congresso ha riecheggiato innumerevoli volte, nella vasta sala del Palazzo Borgogna, il nome di Novara, del Morandi, del Oabotto; vi fu distribuito il fascicolo contenente gli atti del Congresso di Novara precedente, denso ed eloquente. Alcuni voti formulati allora nel salone del Palazzo Bellini diventarono realtà nei nuovi ordinamenti scolastici. Del programma sostanzioso e vasto e largamente discusso non possiamo parlare ora qui per la premura di uscire regolarmente.
Del resto i risultati saranno presto noti e forse avremo occasione di esaminare alcune proposte uscite dal Congresso, per una più pratica e larga riorganizzazione del lavoro della Società.

A[lessandro] V[iglio]

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