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Bollettino Storico per la Provincia di Novara



Osservazioni all'articolo di P. Verzone sul S.Giulio d'Orta

Nel fascicolo luglio-settembre 1936 del Bollettino della Sezione di Novara della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria, P. Verzone continuando il suo ampio studio sull'Architettura Romanica del Novarese, si occupa diffusamente anche della Basilica di San Giulio d'Orta.
Ho letto con molta attenzione quanto egli ha scritto, ed ho rilevato come egli si occupi ivi in particolar modo di quanto io già ebbi a scrivere sullo stesso argomento, venendo ad affermazioni in buona parte diverse da quelle che io ho ritenuto di poter avanzare intorno alla storia architettonica di questo monumento nel mio lavoro pubblicato negli Atti della Società Piemontese di archeologia e Belle Arti al Fascicolo I dell'anno 1918.
Non posso accettare senz'altro le asserzioni del Verzone, e mi accingo a rispondergli sullo stesso Bollettino in cui egli lo ha pubblicato, spiacente se dovrò con ciò tediare i lettori.
Allo studio del Verzone sono annesse buona parte delle fotografie e dei disegni che corredano il citato mio lavoro sul S. Giulio d'Orta, e che io avevo redatte e preparate per tale scopo, e quantunque egli l'abbia fatto senza menzionare il nome del loro autore, non voglio movergliene appunto, pensando che ciò sia dovuto a semplice omissione, tanto più che ho saputo aver egli intenzione di farlo nello stesso Bollettino in cui compariranno queste note insieme con un ringraziamento a coloro che gli facilitarono la sua opera.
E venendo al fatto prenderò in esame le principali sue contro-affermazioni una per una nell'ordine con cui esse sono esposte nell'articolo, onde sarà necessario tener sottocchio tanto l'articolo del Verzone come lo studio da me pubblicato nel 1918.


1. - La Chiesa di S. Giulio è detta dall'autore basilica a volte del tipo più completo, e così essa dovrebbe essere stata costrutta di getto, e l'abside maggiore assieme con tutte le altre parti della Chiesa come egli si sforza di dimostrare. Osservo, ciò che forse l'autore non ha rilevato, che tanto le mura delle absidi minori come quelle delle navate laterali non sono legate con quelle del transetto, ma solo ad esse appoggiate. Ciò indicherebbe intanto come il transetto esistesse già quando furono costrutte le absidi e le navatelle. Ma l'apparecchio con cui è costrutto l'Abside maggiore è diverso da quello delle altre parti della chiesa, ciò che l'autore stesso ammette, e le sue finestre sono affatto prive di strombature, mentre doppia strombatura hanno tutte le altre finestre della chiesa. Ciò a mio parere dimostra che l'abside maggiore fu costrutto prima che incominciasse l'uso di tali strombature e quindi prima del resto della chiesa. Ma vi ha di più. Il detto abside ha dimensioni affatto sproporzionate in confronto con quelle delle absidi minori colle quali esso non forma un assieme armonico, (vedi i disegni) e la sua altezza è affatto inconsueta. Ciò fa pensare che esso abbia fatto parte di un monumento o di una chiesa ivi preesistente, avente il pavimento a livello superiore di quello della chiesa attuale, pavimento che dovette essere abbassato per annettere l'abside alla nuova chiesa costrutta sul posto della primitiva.


2. - L'Autore ritiene che le volte della Navata maggiore e del Transetto siano quelle originali, ed afferma in conseguenza come io sia caduto in errore affermando che tali parli della chiesa dovevano essere solo coperte da tetto. Ed aggiunge essere assurdo il pensare che la copertura lignea potesse esistere contemporaneamente alla cupola eretta all'incrocio del transetto.
Osservo che le volte attuali non sono a crociera cupoliforme come vorrebbe l'autore, ma bensì a vela, tipo di volta venuto in uso solo molto tardi e dopo il secolo XVI, per cui esse non potevano già esistere nel secolo XI. Né può darsi che le volte primitive siano state demolite per sostituirvi le attuali. Il contrafforte, citato dall'autore, che si appoggia al muro della navata centrale aveva quindi il solo scopo di elidere la spinta dell'arco traverso della navata portante parte dell'armatura del tetto coprente la navata stessa.
Quanto poi al controsenso rilevato dair autore nella contemporanea esistenza della cupola e della copertura lignea della navata, posso osservare che, prescindendo dal fatto che la cupola fu costrutta solo nel secolo XII come io ebbi a dimostrare, e quindi parecchio tempo dopo la costruzione delle restanti parti della chiesa, non sarebbe cosa affatto insolita l'esistenza contemporanea nella stessa chiesa di coperture murarie e lignee, come avviene per esempio in S. Maria Maggiore di Lomello dove il transetto è coperto ancora colla volta originale, mentre la nave centrale è ancora coperta dal tetto ora mascherato dalla volta moderna.


3. - L'autore ritiene che la galleria addossata all'interno del muro di facciata che serve di comumeazione fra i due matronei sia quella antica, ed afferma che le sue colonne, ora sostituite da colonne e da capitelli barocchi, furono asportate (perché?) ed impiegate nella cappelletta che si trova all'esterno della chiesa presso le absidi.
Osservo che l'uso di unire i matronei con gallerie trasversali è posteriore all'epoca in cui Fautore stesso ritiene che la chiesa sia stata costrutta. Inoltre gli archi trasversali della volta di detta galleria sono sostenuti contro il muro di facciata da mensole anziché da lesene, partito architettonico quasi mai usato nell'architettura romanica.
Posso anche aggiungere che i capitelli romanici della citata cappelletta sono il prodotto di arte molto più progredita di quelli della chiesa e ben diversi da loro ed anche dai capitelli delle colonnine della cupola, perché sono quasi un avviamento ai capitelli fornitici più tardi dall'arte gotica. Inoltre i fusti di granito delle colonne che li sostengono sono dell'epoca barocca, come lo mostra il pronunciato loro rigonfiamento al terzo ed il loro collarino formato da due membrature, tondino e listello, che nelle colonne romaniche non si incontrano quasi mai riuniti, avendo esse di solito i collarini formati da una sola membratura.


4. - L'autore non ammette che la facciata abbia portato in luogo della finestra quattrocentesca di cui restano traccie della sua decorazione pittorica, una bifora come io segnai nella ricostruzione della facciata da me disegnata, e riterrebbe più a posto un occhio rotondo. Non conosco altro simile esempio autentico nelle chiese romaniche della nostra regione e se esiste esso costituirebbe una rarità da non prendersi a modello per una ricostruzione.
Altri rilievi potrei fare sul contesto dell'articolo, sopra qualche giudizio in esso formulato e sopra qualche locuzione poco chiara usata dall'autore, ma non voglio più oltre tediare il lettore.

[Carlo Nigra].

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