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Il Duomo, la Canonica e il Battistero di Novara



NOVARA - Antico Duomo

I. - I. Del complesso di antichi edifici che formavano l’antica Collegiata di S.Maria in Novara sono rimasti solamente il Battistero, la Canonica ed il Campanile: il Duomo fu distrutto il secolo scorso e non ne sono rimasti che frammenti: esistono ancora in situ un tratto di pavimento a mosaico nel presbiterio attuale (fig.39)  ed un piccolo tratto del muro di fondo della navatella a notte vicino al campanile (fig.40) : frammenti marmorei, fusti e capitelli di colonne sono dispersi qua e là: sotto le arcate del portico della Canonica, nel giardino della Canonica incorporati nei recinti delle aiuole o formanti una specie di tempietto centrale, nel Museo Civico o murati all’esterno del Collegio Gallarini: frammenti del mosaico nel Museo Civico, nel passaggio dalla Canonica alla Via omonima, nella parrocchia di S.Eufemia (1).
E’ possibile per altro ricorrendo ai disegni (2) ed alle descrizioni (3) di coloro ai quali fu possibile vedere e studiare il monumento prima della sua demolizione, farci un’idea abbastanza precisa della sua struttura e della sua decorazione.
Era una grande basilica romanica a tre navate, né conteneva, a quanto pare, parti che fossero anteriori al secolo XII tranne alcune colonne e capitelli.
È probabile che i muri perimetrali appoggiassero sulle fondamenta antiche (4) ed è possibile che le colonne monolitiche occupassero la posizione originaria esse pure, cioè che la basilica romanica avesse le stesse dimensioni di quella cristiana preesistente: anzi la presenza di colonne classiche in numero di sette tutte eguali e di marmo greco di non grandi dimensioni lascierebbe supporre che nell’antichissima basilica vi fossero matronei (5), ma si tratta di pure e semplici ipotesi a cui non si può dare, se si vuol essere precisi, peso eccessivo.
Ad ogni modo la basilica romanica era, come si è detto, a tre navate (6) ed aveva transetto sporgente e sopraelevato ed abside centrale semicircolare: le navate minori erano a due piani, avevano cioè una galleria a cui si accedeva, in origine, mediante due torri scalarie poste lateralmente alla facciata: sull’incrocio della nave col transetto vi era una cupola ottagonale a metà della nave vi era poi un secondo transetto, molto più piccolo dell’altro e che consisteva in un rialzo delle volte delle gallerie, accusato esternamente da un piccolo frontone sul muro laterale delle navate.
I supporti erano robusti o leggeri: quelli erano pilastri a fascio in muratura in numero di sei, tre per parte della nave, due a sostegno della cupola e quattro a metà della nave stessa: i supporti leggeri erano invece colonne monolitiche interpolate ai pilastri a fascio i quali dividevano la nave in tre campate disuguali essendo maggiori la prima e la terza con due colonne intermedie e minore quella centrale con una sola colonna intermedia.
Davanti alla facciata vi era un pronao con sette arcate e due piani corrispondenti al livello del pavimento inferiore ed a quello della galleria. In altre parole le gallerie continuavano anche sul pronao e su tutti tre i lati prospettavano verso la nave per mezzo di arcate, anzi si prolungavano al di sopra della porta centrale con un piccolo portico in due ordini.
Pare che la chiesa fosse fin dall’origine coperta da volte su tutte le navate nel sistema alternato, corrispondendo cioè una campata di volte della nave a tre o due campate delle navatelle.
Le volte della nave e delle braccia del transetto erano a crociera costolonata ed è probabile che fossero le volte originarie: le sezioni dei pilastri della cupola, che vennero alla luce durante le demolizioni liberati dai rivestimenti posteriori (7), avevano sezione complessa con semicolonne e lesene diagonali: le semicolonne servivano d’imposta agli archi trasversi delle volte e le lesene diagonali alle nervature diagonali delle crociere coprenti le braccia del transetto e la nave maggiore: i due pilastri mediani pare avessero essi pure una sezione appropriata, una semicolonna fra due lesene disposte diagonalmente confermando così la presenza fin dall’origine di volte a crociera con costoloni diagonali di sezione rettangolare (8).
Le navate minori erano coperte da crociere senza costoloni diagonali: la sezione dei semi pilastri appoggiati ai muri esterni e dei pilastroni della nave verso le navatelle era semplice: vi era una semicolonna appoggiata ad una lesena.
Le volte del pronao, al piano inferiore erano a crociera semplice: non si può accertare per altro se avessero avuto in origine costoloni diagonali (9): i pilastri isolati secondo i rilievi di Osten avevano verso l’interno una semicolonna fra due lesene disposte diagonalmente. Cosicché pare che l’intenzione dei costruttori fosse stata appunto quella di gettare volte a costoloni. I semi pilastri appoggiati al muro di facciata avevano invece una semicolonna appoggiata ad una lesena molto sporgente e negli angoli estremi vi era un cordone fra due spigoli, il tutto disposto per volte a crociera semplici.
Si possono individuare invece le volte delle gallerie (matronei). I tratti sopra le navatelle erano coperti ognuno da sei campate di volte a crociera e da un tratto di botte, o crociera che fosse, centrale: i semipilastri appoggiati al muro erano composti da una semi colonna appoggiata ad una lesena, la volta mediana era sopraelevata rispetto alle crociere laterali, formando cioè come un braccio di un secondo piccolo transetto.
Noi sappiamo che sulle gallerie vi erano dei piccoli altari di cui uno è giunto a noi (fig.12) .
E’ probabile che tali altari fossero collocati nelle testate dei piccoli transetti formando cioè come delle cappelle.
Il terzo braccio delle gallerie che riuniva gli altri due passando sopra al pronao aveva volte e semipilastri simili: la botte mediana per altro non era sopraelevata rispetto alle crociere: è probabile che anch’essa formasse cappella e fosse provvista di altare.
Il portichetto a due piani sporgenti verso la chiesa aveva in ogni piano una volta a botte sostenuta da colonne.
La muratura del Duomo può ancora essere studiata in un piccolo frammento superstite al termine della navatella a notte, vicino al campanile (fig.40) .
Appare che i paramenti erano di mattoni interpolati a frammenti di cotto: l’esecuzione ed i materiali sono mediocri e i mattoni, raramente interi, sono disposti in corsi più o meno orizzontali: i frammenti di cotto sono collocati anche a spina pesce.
In conclusione, la muratura, a giudicare dal poco che ne resta, era formata largamente di materiale ricuperato ed era di qualità mediocre.
Il campanile è di struttura imponente (fig.42)  con pianta quadrata, con sei ordini di finestre.
Il piano inferiore è coperto da una volta a crociera costolonata: la scala per ascendere il campanile stesso è in muratura con volte rampanti di struttura interessante e rara.
La muratura delle pareti è buona ed è composta di mattoni disposti regolarmente in corsi orizzontali con blocchi di pietra collocati saltuariamente negli spigoli (fig.43) .
I fabbricati della Canonica sono costruiti a levante del Duomo attorno ad un ampio cortile.
Recenti assaggi hanno mostrato che i muri del porticato conservano tratti di paramenti romanici con tracce di porte e finestre (fig.44)  e (fig.45) .
E’ quindi fuor di dubbio che gli edifizi romanici avevano press’a poco le disposizioni attuali: è impossibile per altro venire a conclusioni definitive per ora: le notizie che si hanno sono troppo vaghe, gli assaggi eseguiti troppo scarsi e gli edifici troppo alterati perchè sia possibile tracciare un quadro d’insieme.
Solamente nel tratto attiguo al Duomo, a levante, possiamo riconoscere ancora due maestose sale con volte a crociera bombata e costolonata: i costoloni hanno sezione rettangolare e le volte sono provviste di costole nei muri (fig.46) .
Negli assaggi eseguiti si vedono murature di vari tipi: generalmente sono paramenti rozzi composti in larga parte di frammenti di cotto disposti a spina pesce alternati a mattoni disposti più o meno orizzontalmente (fig.44) .
Maggiore accuratezza si ha nelle spalle e negli archivolti di porte e finestre eseguiti con mattoni disposti con una certa cura (fig.45) .
Non si ha più traccia degli antichi porticati: quelli attuali sono tutti del secolo XV.


II. Di tutto l’apparato decorativo della preesistente basilica ben poco ci è rimasto: pochi fusti marmorei e qualche capitello corinzio, oltre ad un piccolo frammento di pavimento marmoreo.
I capitelli sono di due grandezze: i più piccoli non sono tutti eguali anzi sono di disegno ed esecuzione diversa gli uni dagli altri: alcuni hanno foglie ben scolpite e di elegante forma (fig.1) , mentre altri hanno disegno più scorretto ed esecuzione più rozza.
E’ evidente che nella basilica cristiana vennero utilizzati anche pezzi architettonici tolti da edifici preesistenti cosicché si hanno elementi variati di epoche diverse: nessuno dei capitelli esistenti attualmente ha tali caratteristiche da essere ritenuto di epoca posteriore alla metà del secolo IV: tutti hanno ben evidente il carattere classico e sono per ogni riguardo romani.
Dell’antico pavimento è rimasto solo più qualche frammento di lastra marmorea di marmo di Verona (10).
Dell’epoca barbarica è giunto a noi un bel fusto di colonna: reggeva probabilmente il ciborio dell’altare maggiore e fu rimesso in opera nella basilica romanica (fig.9) .
La decorazione romanica del monumento può invece esser ricostruita, almeno idealmente, in massima parte.
Le navate, stando ai disegni ed alle descrizioni pervenuteci erano coronate semplicemente da una cornice d’archetti pensili senza lesene intermedie.
Tale cornice correva alla sommità del presbiterio (fig.24) , della cupola, delle navatelle, della nave e della facciata (fig.17) , (fig.24) , (fig.25) .
A quanto pare il transetto non aveva frontone cioè la cornice correva orizzontalmente (fig.24)  nella facciata invece la cornice seguiva l’andamento inclinato del tetto ed al culmine era provvista di un grosso archetto in pietra sostenuto da due mensole in forma di teste umane: al culmine della parte in curva vi è una croce in un disco e nella parte in curva l’iscrizione in lettere onciali: De LIGNO VE CRVCIS: questo pezzo venne rimesso in opera nella nuova facciata del Duomo (fig.10) .
La cornice terminare non era, per altro, che il finimento delle pareti esterne che erano decorate variamente. Le testate del transetto, almeno a giudicare da quella a notte, avevano due ordini di arcate cieche: l’ordine superiore aveva semplici arcate in numero di nove bordate da una ghiera: l’ordine inferiore aveva invece altrettante arcate sostenute da semicolonne provviste, pare, di capitello e sovrapposte ad una lesena che continuava la ghiera dell’arco (fig.24) .
I muri laterali del transetto erano decorati da grandi trifore cieche poste allo stesso livello dell’ordine inferiore delle arcate testé descritte ed aventi disposizioni simili con lesene, semicolonne e capitelli.
La piccola cappella transetto del matroneo aveva tre arcate cieche con arco centrale di ampiezza maggiore: il tipo dei supporti era eguale a quello dell’ordine inferiore del transetto con semicolonne ed all’interno dell’arcata mediana vi era un rombo od una finestra fatta a rombo: inferiormente al piano delle arcate cieche vi era una finestra centinata (fig.24) .
Stando agli avanzi venuti in luce durante le demolizioni, la cupola era ornata in ognuno degli otto lati del tamburo da tre arcate cieche: tali arcate erano impostate su due architravi intermedi sostenuti da colonnette isolate in pietra: nell’arcata mediana era aperta una finestra che illuminava l’interno (fig.23)  e (fig.30) .
Sulla facciata del pronao vi era un ordine di arcate cieche divise da lesene in gruppi di tre e, parrebbe anche, di due: i supporti intermedi erano colonnette o semicolonnette con capitello: al di sotto vi erano due cornici d’archetti pensili divisi da lesene intermedie in gruppi di tre e di quattro ed infine una cornice inferiore di semplici mattoni orizzontali e verticali formanti dentelli la cornice intermedia d’archetti pensili aveva dentelli sporgenti: uno per archetto (fig.17) .
Un problema ci è offerto dal portale, che a giudicare dalle parole del Bianchini e da alcune illustrazioni parrebbe fosse ornato da due colonne (fig.20)  e (facciata di Osten) mentre fa difetto in altri disegni.
Le finestre della facciata del pronao, in numero di cinque erano piccole, centinate, a doppia strombatura (fig.17) : quelle della nave, pure centinate, erano invece ampie: erano aperte al di sopra dei tetti delle navatelle e solo nella prima e terza campata in ogni campata vi era nei muri laterali, un gruppo di tre finestre quella centrale più larga ed alta delle laterali, la cui altezza era limitata dalla curva delle volte interne (fig.20)  e (fig.24) .
Non possiamo più ricostruire la posizione delle finestre del transetto: è probabile tuttavia che molte delle arcate cieche dell’ordine inferiore delle testate e dei muri laterali fossero in origine aperte a finestre.
Non possiamo sapere nulla della decorazione esterna dell’abside che venne distrutta fin dal secolo XVI senza che si sia tramandata memoria della sua forma.
I capitelli romanici dell’edificio sono ancora in buona parte conservati.
Anzitutto riconosciamo i capitelli delle semicolonne che sorreggevano le volte della navata maggiore, e delle minori: tutti del tipo cubico.
In particolare noi abbiamo tre capitelli di grande diametro, scolpiti in pietra: erano quelli delle semicolonne della nave che sostenevano le grandi arcate della volta o della cupola: sono cubici sferici, due con semplici raccordi angolari ed il terzo con foglie d’angolo e fascia nella faccia principale, decorato da una specie di nicchia centrale (fig.3) .
Vi sono poi quattro capitelli simili di diametro medio (fig.4) : erano probabilmente collocati sulle semicolonne della nave o del pronao: uno è cubico sferico con le facce ornate da una ruota o da un disco (fig.2) : due altri sono pure di tipo semplice con abaco, fascia centrale e foglie angolari: l’ultimo ha sporgenze angolari striate e due fascie racchiudenti un disco nella faccia anteriore.
Altri quindici capitelli di semicolonne, di diametro un po’inferiore a quelli testé ricordati, e di misura non del tutto eguale l’uno all’altro essi pure, dovevano essere quelli dei semipilastri appoggiati alle pareti delle navate minori, delle gallerie e delle membrature minori dei pilastri a fascio. Sono tutti quanti del tipo cubico, con proporzioni più o meno tozze e scantonature angolari oppure, più frequentemente, foglie d’angolo nervate, abaco e fascia liscia centrale (fig.5) .
Un ultimo capitello del genere ha diametro molto minore proviene forse da una semicolonna esterna ornamentale fra le archeggiature del transetto o del pronao.
Delle basi delle semicolonne una sola è giunta a noi: è probabile che in massima parte ne fossero sprovviste: la superstite è semplicissima, del tipo dorico.
Sono pure conservate due colonnette marmoree con base e capitello che in antico erano collocate al piano inferiore del portico interno, al di sopra cioè della porta maggiore della chiesa, all’interno: le basi sono rotonde, con semplice modanatura ed il capitello è del tipo corinzio (fig.6) .
Si hanno pure quattro colonnette simili con capitelli del tipo corinzio oppure del tipo cubico colle facce ornate di rabeschi vari (fig.7) : dovevano essere all’esterno dell’edificio in qualche archeggiatura oppure più probabilmente nella galleria cieca della cupola.
Tre altri capitelli di cui due del tipo cubico ed uno corinzio semplificato, con frammenti di fusti sono pure pervenuti a noi: dovevano esser collocati essi pure all’esterno del monumento, in qualche archeggiatura cieca o nelle bifore dei campanili.
Non si possono invece collocare nell’edifizio romanico tre piccoli capitellini di pietra verde ed una colonna torsa di pietra bianca (fig.8) : due sono tondi con decorazioni geometriche: il terzo invece è ornato da quattro belle testine con la scritta PIFF ALDUS CANE.
Altri frammenti pervenuti a noi sono del periodo gotico o del sec.XV: è probabile appartenesse al Duomo anche un fusto ottagonale di pietra con base allargata che ora è conservato nel vestibolo dell’Episcopio, sebbene non si possa escludere che fosse invece un supporto del porticato fra Duomo e Battistero.
Interessanti per ogni riguardo sono poi due altari romanici, tuttora intatti.
Uno era, se non l’altar maggiore, per lo meno uno degli altari principali: è formato da una mensa rettangolare sostenuta da cinque colonnette di tozze proporzioni con base e capitello: la tavola di marmo della mensa è sagomata a gola e le colonnette hanno capitellini che arieggiano allo stile gotico (fig.11) .
L’altro altare è invece piccolo e di forma circolare (fig.12)  sostenuto da un piedestallo unico centrale sagomato rimaneggiato in epoca moderna: era nelle gallerie del piano superiore, probabilmente in uno dei due piccoli transetti già descritti o sulla cappelletta al di sopra della porta principale di entrata la mensa circolare ha scanalature nel perimetro esterno.
Ai tempi di MonS.Bescapé (1593-1616) vi era ancora nel presbiterio un’alta piramide laterizia che venne giudicata dal Racca un rudimentale candelabro pasquale (11).
Il pavimento dell’intera chiesa era di mosaico: una piccola parte, nel presbiterio, si è conservata quantunque restaurata e rimaneggiata (fig.47) : il rimanente ci è noto per la descrizione, illustrata da interessanti schizzi, che ce ne ha lasciato il Frasconi.
Il presbiterio romanico era più corto che non attualmente e l’altare pure era collocato più avanti che non sia ora: lo spazio da esso occupato, ora adornato da un pannello di mosaico del secolo scorso con l’agnello mistico ed altre rappresentazioni simboliche, era al centro circa del presbiterio: la ricca cornice che contorna il pannello è antica e porta un tralcio di vite ricorrente con foglie e grappoli.
Ai lati di esso si avevano i simboli degli Evangelisti, due per parte entro altrettanti medaglioni. Possiamo ancora osservarli quantunque alterati dai restauri: nella parte a notte il bue alato con libro e la scritta LVCAS e l’aquila parimenti col libro e la scritta IOHS: dall’altra parte il leone alato col motto MARC ed il simbolo dell’evangelista Matteo: in origine un semplice libro coll’epigrafe MAT., ora un angelo.
Negli angoli lasciati liberi dai dischi le rappresentazioni dei venti in forma di esseri alati in atto di soffiare ed uccelli commisti a larghe foglie: le cornici inquadranti i pannelli, esse pure conservate, recavano una greca irregolarmente spaziata nei cui spazi vuoti erano disposti pesci, uccelli ed animali vari.
La parte anteriore del presbiterio era ornata da ornamenti geometrici di anelli bianchi intrecciati su fondo nero nella parte a giorno, anelli eguali neri su fondo bianco nella parte a notte, il campo di mezzo ornato da croci bianche risultanti da intersezioni di cerchi eguali.
Il pannello centrale aveva poi al centro un tondo di porfido: ognuno di quelli laterali un quadrato ed immediatamente prima dell’altare una croce sempre di porfido ornata alle estremità da piastrelle di serpentino.
I tre pannelli erano poi incorniciati da ricchi bordi tuttora esistenti: il pannello di mezzo da un esile racemo con foglie al centro delle volute: il pannello a giorno da un racemo simile ma recante in luogo della foglia centrale un grosso fiore campanulato: quello a notte da una doppia foglia ricorrente.
I pavimenti della nave e delle navatelle sono andati completamente perduti ma, come si è detto, le descrizioni e gli schizzi del Frasconi permettono di farcene una chiara idea.
Il pavimento era diviso in tre parti: la prima e la terza erano occupate da grandi circoli: quella mediana invece da un esagono schiacciato. E’ probabile che queste divisioni corrispondessero ai pilastri maggiori, quelli che sostenevano archi trasversi (fig.32)  e (fig.33) .
Nel primo circolo, dalla porta era rappresentato un cavallo marino, due uccelli, un pesce (2) P. SCI (mancante per vetustà già ai tempi del Frasconi) un’altra bestia di cui erano rimaste solo le zampe anteriori, un vitello marino MARINVS VITVLVS, un dragone DRACO di cui era rimasto solo la punta attorcigliata della coda ed infine una bestia che Frasconi chiamò Cane Marino con il titolo BISCIE HIRC (fig.34) , (fig.35) , (fig.37) .
Nel campo di mezzo era delineato un drago DRACO, una chimera (......MERA- ed una bestia a cinque teste (fig.35)  e (fig.36) : in questo stesso campo era stato riportato un frammento di mosaico rappresentante il sole di cui si è molto discusso (fig.14) e (fig.36)  (12).
Nell’ultimo campo vicino al presbiterio erano rappresentati nel circolo un uomo armato di spada e scudo in atto di combattere con un cinghiale seguiva un leone LEO ed un leopardo LEOPARD combattenti fra loro: un cervo inseguito da due cani uno dei quali in atto d’addentargli la coda: nella parte superiore del circolo un uccello senza epigrafe (fig.38) .
Negli angoli del circolo erano rappresentati vasi, un minotauro MINOTA ed una sirena (fig.37) .
Gli ornamenti dei tratti laterali ai circoli non si possono definire con certezza: stando a un disegno d’insieme del Frasconi, conservato solo a metà, vi si osservavano intrecci molto ricchi (fig.32) .
La riquadratura di contorno era formata da una ricca greca.
Nella parte posteriore del presbiterio, fra l’altare ed il muro in curva dell’abside vi è il pannello con Adamo ed Eva che quantunque restaurato, corrisponde nel disegno alla descrizione del Frasconi (fig.39) .
Vi si scorge un quadrato con un rombo iscritto ed al centro un cerchio con Adamo ADA ed Eva EVA raffigurati in atto di timore attorno all’albero che reca attorcigliato il serpente: negli angoli fra il rombo ed il quadrato quattro dischi coi fiumi del Paradiso.
Questi fiumi sono rappresentati da figure versanti acqua da grandi vasi colle scritte EVFRATES, TIGRIS, GEHON, PHISON. Nei tratti liberi intorno al disco centrale od intorno ai dischi dei fiumi si hanno uccelli ed ornamenti vari.
Il tutto è racchiuso da una greca irregolarmente spaziata nei cui meandri si vedono pesci ed uccelli di vario genere: attorno si hanno infine dentelli.
Lateralmente al pannello di Adamo ed Eva vi erano pannelli di ornamenti geometrici con intersecazioni di dischi su fondo bianco recanti al centro di ogni cerchio cinque tessere nere.
Il disegno delle figure è sommario: non vi sono, o quasi, chiaroscuri e le forme sono ottenute mediante contorni in nero su bianco o bianco su nero.
A giudicare dai pochi frammenti originali esistenti la tecnica del mosaico è discreta: i pannelli sono formati di tessere bianche e nere ma qua e là sono messi frammenti di marmi colorati e di porfido.
Così i frutti dell’albero di Adamo sono altrettanti frammenti di marmo di colore: tessere rosse sono collocate qua e là, negli occhi e fauci degli animali evangelici, nei fiori delle bordure ed altrove: dischetti di porfido sono collocati nelle copertine dei libri nei tondi degli Evangelisti, nei bordi di contorno e via via: quattro quadretti di porfido con piccoli tratti di mosaico rosso sono messi nei quattro angoli del pannello dell’antico altare, pannello interamente moderno nelle altre parti.
Le tessere bianche e nere sono di regola quadrate o rettangolari, gli acini dell’uva nel bordo avanti al pannello dell’antico altare, all’inizio del presbiterio, sono di foggia rotonda e più grandi degli altri: le tessere hanno pochi millimetri di lato, gli acidi predetti sono sensibilmente maggiori.
Così pure i frammenti di marmo colorato hanno dimensioni maggiori che non le altre tessere mostrando talvolta forma varia quasi si tratti di intarsio piuttosto che di mosaico normale: così nei frutti dell’albero di Adamo ed Eva. I frammenti di porfido hanno dimensioni anche maggiori e sono di forma rotonda o rettangolare.
Interessanti osservazioni circa l’esecuzione di questi mosaici furono eseguite al principio del secolo scorso quando l’intero mosaico fu manomesso e restaurato: in questa occasione si ritrovarono frammenti di tela e tracce da cui si dedusse che i disegni del mosaico, tracciati su tela, vennero applicati su di un sottofondo di malta ancora fresca a cui venne trasmesso mediante incisione dei contorni il disegno stesso: tolta la tela le tessere vennero disposte seguendo la guida del disegno sul sotto fondo.
La decorazione del campanile è semplice: oltre alla cella campanaria, di stile barocco, si contano sei piani con altrettanti cornici di archetti pensili abbelliti da una soprastante fila di mattoni a denti di sega: le quattro cornici inferiori sono spartite da una lesena su ogni faccia cosicché si hanno due gruppi di sei archetti pensili: le due superiori non hanno lesene intermedie cosicché gli archetti pensili non hanno interruzione (fig.42) .
Le aperture diventano più ampie coll’altezza: al piano inferiore si hanno feritoie, nei due piani seguenti monofore, poi un piano con bifore ed infine due piani ornati da trifore (fig.42) .
Le colonnette intermedie sono semplicissime con capitelli a gruccia (fig.43) .
I fabbricati della Canonica a giudicare dagli scarsi resti riconoscibili non avevano opere decorative di grande importanza: le finestre sono piccole con strombatura doppia, sprovviste certo di vetri: ve ne sono di centinate e di circolari: le porte erano semplicemente centinate.
Su di un muro si scorge un deperito affresco romanico in cui sono rappresentati due guerrieri duellanti: è tutto quanto ci resta delle pitture romaniche che avranno largamente adornato gli edifici descritti in precedenza: questo affresco venne recentemente inchiuso in un locale buio colla formazione di un muro.


III. Non è questo il luogo di discutere minutamente le ardue questioni delle origini del Cristianesimo e dell’Episcopato nel novarese, origini a cui è strettamente legata la primitiva fondazione della Cattedrale di S.Maria di Novara.
E’ necessario per altro riassumere brevemente le scarse fonti, per quanto ben note, per avere una guida nell’intricata selva delle ipotesi emerse al riguardo.
Le nostre conoscenze dirette nei riguardi dell’origine dell’Episcopato Novarese si basano su ben poco: i dittici della Cattedrale e di S.Gaudenzio, scritti a quanto pare nel 1120 circa e nel 1070 circa, rispettivamente (13) e la vita di S.Gaudenzio scritta per ordine del Vescovo Leone al principio del secolo VIII (14).
I dittici danno come primo Vescovo di Novara S.Gaudenzio e quello della Cattedrale ricorda S.Lorenzo dopo S.Gaudenzio e S.Agabio istorum magister et doctor egregius sed non episcopus.
La vita di S.Gaudenzio dopo aver ricordato il martirio di S.Lorenzo in un tumulto suscitato dai cultori dei Mausolei parla dell’esiglio di S.Eusebio, e della visita di S.Gaudenzio a questo santo vescovo che lo rimandò (verso il 358) perché avesse cura della comunità dei cristiani.
Si stabilì infatti S.Gaudenzio fra le mura della città, dice il biografo, non lungi dal luogo dove ora si vede la chiesa della S.Madre di Dio, in un piccolo centro di vita religiosa.
Consacrato poi vescovo da S.Simpliciano coll’assenso Imperiale, resse per vent’anni la diocesi convertendo infedeli, costruendo chiese e moltiplicando il clero, modello di Pastore.
Sentendo prossima la sua fine, adunò il Clero a sé, indicò Agabio a suo successore e dopo sante parole ascese al Cielo (22 gennaio 418) (15).
Non essendo per altro ancora ultimata la basilica di S.Gaudenzio da lui iniziata, il suo corpo fu trasferito alla sacrestia di S.Maria dove rimase esposto fino a che il nuovo tempio non fu terminato e dedicato, cioè per sei mesi e dodici giorni (16).
La vita di S.Gaudenzio è stata variamente discussa, da alcuni autori ne sono stati messi in evidenza gli errori e le incertezze, negando le autorità (17): ma non possiamo tuttavia dimenticare che tale vita è stata scritta nel secolo VIII ed a scopo principalmente di edificazione dei fedeli e non per tramandare ai più lontani posteri fatti scrupolosamente accertati: cosicché non si può pesarne ogni parola (18) e pretendere da questo documento più di quanto possa dare: essa appare in linea di massima scritta nella più grande buona fede e veritiera.
Così io penso si possa accettare con confidenza quanto da essa appare circa la cattedrale di S.Maria che cioè tale basilica è anteriore alla basilica Gaudenziana eretta intorno al 418, anno in cui morì il santo Presule suo fondatore: è del resto un fatto evidente che in generale le prime basiliche furono erette nelle città entro le mura, e le basiliche extramurane, di carattere cimiteriale furono innalzate in un periodo meno antico di quelle (19).
D’altra parte io credo che la costruzione di S.Maria sia posteriore al periodo costantiniano e ciò anche per confronto con l’antichissima basilica di S.Maria Maggiore in Vercelli che, per tradizione fu costruita appunto nel periodo Costantiniano (20).
Essendo l’episcopato vercellese più antico di quello novarese e la città di Vercelli nel secolo IV più importante che non quella di Novara, mi pare logica la deduzione che la cattedrale urbana vercellese sia di erezione più antica che non quella novarese (21).
Resta così limitato il periodo in cui ebbe luogo la primitiva costruzione di S.Maria di Novara agli anni 350-400, cioè alla seconda metà del quarto secolo.
Non possiamo però senz’altro attribuire al secolo IV la struttura anteriore alla cattedrale romanica: nei primi secoli le cattedrali furono più volte ricostruite in successivi ampiamenti (22) cosicché forse la Chiesa gaudenziana patì successive rifabbriche.
Per quanto riguarda la vita di S.Maria per tutto l’alto medio evo (23) non mancano documenti ad illuminarci: ma le compre e le vendite, le donazioni e le conferme contenute in essi non hanno interesse diretto col nostro studio: il fatto più importante maturatosi in quei tempi lontani è l’istituzione di un capitolo di canonici ad opera forse del Vescovo S.Adalgisio che sedette sulla cattedra di S.Gaudenzio negli anni 835-848 (24).
Quanto ad opere di edilizia o di abbellimento eseguite in quei tempi lontani l’unica opera (25) di cui si abbia qualche residuo è, forse, un ciborio del quale esiste una delle colonne di sostegno, rimessa in opera nella basilica romanica (fig.9) .
La chiesa che venne distrutta il secolo scorso e di cui abbiamo notizia era opera del periodo romanico venne costruita intorno all’anno 1132 poiché sappiamo che in tale anno il Pontefice Innocenzo II di ritorno dalla Francia si recò a Novara. pregato dai Novaresi, e consacrò il 17 aprile la cattedrale.
Ciò risulta da una notizia contenuta in una lettera di una raccolta del sec.XII esistente in un Codice della Biblioteca Nazionale di Vienna: tali missive formano una specie di prontuario epistolare composto da un professore lombardo (26) e non hanno quindi l’autenticità di vere e proprie lettere ma le notizie in esse contenute sono, per quanto è stato possibile constatare, veritiere.
In altre parole questo professore volendo comporre questi tipi di lettere si valse di fatti veri dei quali egli cioè era ben informato (27) cosicché la notizia della consacrazione di S.Maria di Novara nell’aprile 1132 può essere accolta con piena fiducia, tanto più che sono confermate da altre fonti alcune notizie contenute nella stessa lettera, cioè il ritorno dalla Francia e la celebrazione della Pasqua in Asti (28).
Le consacrazioni venivano di regola effettuate appena dopo l’ultimazione dell’edificio ma qualche volta volendosi far consacrare l’edificio da qualche personaggio illustre, la funzione veniva anticipata o ritardata per approfittare di una combinazione fortunata, quale fu appunto nel caso di Novara il passaggio del Pontefice di ritorno dalla Francia (29).
Naturalmente le chiesette di campagna, la cui consacrazione era fatta semplicemente dal Vescovo erano consacrate ad edificio ultimato, regolarmente: le funzioni dedicatorie anticipate o ritardate erano generalmente riservate alle cattedrali ed agli edifici importanti in genere: l’esperienza mostra che a quell’epoca le consacrazioni ritardate sono rarissime mentre quelle anticipate coll’edificio cioè incompiuto, sono assai frequenti (30).
Nel 1132 era poi vescovo di Novara Litifredo, uomo che sedette sulla Cattedra Gaudenziana per lunghi anni (1122-1148) e che ci appare eccezionalmente abile ed attivo anche nel campo dell’edilizia (31).
Noi leggiamo infatti nei Dittici della Cattedrale che ridusse ad abitazione comune i canonici che prima abitavano nella città ed arrecò molti vantaggi e belle cose (utilitatis et honestates) sia alla Chiesa che all’Episcopato: è probabile che tra le hutilitates et honestates trovi posto anche la ricostruzione della Cattedrale: con ciò non si può asserire che la ricostruzione sia tutta opera sua: forse le opere furono iniziate prima di lui ed ultimate dopo: ma ciò non toglie il merito a Lui gemma dei Sacerdoti, come lo chiamano i dittici, di aver costruito la basilica romanica di S.Maria.
Costruito l’edificio, col passar degli anni si resero necessari restauri ed aggiunte.
Nel secolo XIV venne costruito l’altare di S.Benedetto: avendo alcune città della Lombardia, fra cui Novara, parteggiato per Lodovico il Bavaro e l’antipapa Nicola V, esse vennero scomunicate: Benedetto XII con bolla 15 maggio 1341 le assolse dalla scomunica purché in ognuna di esse si elevasse nella cattedrale un altare dedicato a S.Benedetto, convenientemente lo si officiasse e vi si facesse elemosina ed atto d’omaggio il giorno della festa del santo (32).
Siccome nella distrutta cattedrale, sul lato a giorno vi era una cappella dedicata a S.Benedetto, noi possiamo pensare che in ottemperanza al decreto pontificio si costruisse l’altare entro la conveniente cappella in sporgenza (33).
Nel secolo XV vennero poi eseguiti nella chiesa importanti lavori di restauro ed ampliamento. Eugenio IV con bolla 24 settembre 1431 cedendo alle suppliche del Cardinale Ardicino della Porta, già canonico della cattedrale concedette indulgenze a coloro che confessati e pentiti in certe feste avrebbero visitato la chiesa, la quale aveva bisogno di riparazioni profonde nelle sue strutture e fabbriche ed avrebbero contribuito ai restauri (34).
I lavori continuarono a lungo, interrotti probabilmente, da periodi di sosta: nel 1478 Sisto IV con bolla 22 febbraio, ad istanza del Cardinale Arcimboldi confermò ed ampliò le indulgenze concedute da Eugenio IV a chi dolente e confesso avrebbe visitato la chiesa e contribuito elemosina o prestato soccorso per i restauri (35).
Possiamo approssimativamente riconoscere le opere eseguite in quel tempo.
Furono costruite lateralmente alle navate alcune cappelle, abbattendo i muri laterali al piano inferiore e lasciando sussistere solo più i semipilastri col muro retrostante ad imposta delle volte delle navatelle quasi fossero pilastri isolati: alla fine del secolo XVI esistevano nel lato a giorno le cappelle di S.Gregorio, ancora rustica, S.Caterina, S.Benedetto e S.Stefano: sul lato a notte quelle di S.Giuseppe, S.Girolamo e S.Agabio: alcune di queste ultime erano molto sporgenti e nel tratto ultimo della chiesa, verso cioè il presbiterio e verso a notte venne costruito nel sec.XV, un porticato con quattro arcate a sesto acuto sorrette da colonne ottagonali di granito e sormontate da un elegante fregio di terrecotte (36).
Questo portico chiamato Paradiso, che continuava il portico tuttora esistente nella casa a levante della piazza del Duomo, ha particolare importanza per noi: siccome era appoggiato ai muri delle cappelle era ad esse contemporaneo o posteriore: ed il secolo XV, palesato dallo stile di esso, è quindi il limite massimo oltre al quale non può essere spinta la costruzione delle cappelle contigue, cappelle di cui non conosciamo per altra via l’età.
Due cappellette vennero formate anche alle due estremità del pronao, al piano superiore, chiudendo con un muro le campate estreme le quali, per la presenza dei campanili, erano esterne al giro delle gallerie e formavano come due sporgenze di esse.
Quella a notte era dedicata a S.Biagio ed era decorata da affreschi del secolo XV di cui è rimasta memoria (37).
Nel corso del secolo XV vennero eseguiti anche lavori di restauro vero e proprio alla chiesa romanica: credo che a quest’epoca si debbano attribuire i grossi contrafforti della facciata del pronao e gli arconi trasversali a sesto acuto costruiti nella nave di mezzo allo scopo evidente di rinforzare le volte stesse, gravate direttamente dal materiale di copertura secondo l’uso dei costruttori del periodo romanico (38).
E’ probabile inoltre che si siano sostituite parecchie colonne, risalenti alla preesistente basilica, riadoperate ed ormai deperite e guaste: si conservano infatti alcune colonne con capitelli di granito (d’Alzo che hanno tutta l’apparenza di essere state sostituite ad altre della nave o delle gallerie (39).
Nel secolo XV la chiesa ed il campanile vennero ornati da affreschi di cui si conservano memorie e frammenti (40).
E’ probabile infine che nel secolo XV siano stati innalzati o sistemati i fabbricati fra il quadriportico e la piazza del Duomo: in questi fabbricati vi erano al piano inferiore portici con botteghe, cosicché si può pensare che facessero parte di una sistemazione generale della piazza in un col portico del Paradiso e la casa dei Coadiutori (41).
Nel secolo XVI furono affrescate le volte e le pareti della cappella di S.Giuseppe da Bernardino Lanino (42).
Nel 1580 circa fu abbattuta l’abside antica per ampliare il presbiterio ed eretto un nuovo coro di pianta rettangolare (43).
Opere notevoli di restauro furono eseguite dal Vescovo Bescapé che fece costruire un nuovo altar maggiore (44), le balaustre del presbiterio (45) e fece sistemare ad uso cimitero il sagrato antistante alla facciata (46).
Nel 1680 Benedetto Odescalchi che era stato vescovo di Novara (dal 1650 al 1676), essendo stato eletto Papa col nome di Innocenzo XI, volendo dare una prova di benevolenza alla sua antica chiesa, fece restaurare la cupola nel gusto del tempo rifasciando con lesene e cornici i pilastri ed ornando la cupola con affreschi di Gian Stefano Danedi detto il Montalto: all’esterno la cupola venne pure rimaneggiata: tra l’altro fu aggiunta una lanterna terminale (47).
Nel secolo XVIII venne preparato un piano generale di riforma della basilica da Benedetto Alfieri (48) (fig.48)  e quindi si cominciarono a sistemare secondo questo disegno le braccia del transetto: per primo quello a notte colla costruzione di una cappella dedicata a S.Agabio. Fino allora il Corpo del Santo era adorato in una cappella sotto al campanile (49) ed il braccio del transetto, salvo alcune lapidi sepolcrali (50), aveva conservato il suo aspetto originale: il vescovo Ignazio Rovero Sanseverino diede inizio durante il suo vescovado (1748-1756) ai lavori e morendo lasciò le sue sostanze perché la cappella (fig.49)  fosse compiuta (51): la translazione ebbe luogo solo nel 1789 (52).
Il suo successore Balbis Bertone dedicò cure analoghe all’altro braccio del transetto, formando una cappella simmetrica, sempre secondo il piano Alfieri, dedicata a S.Lorenzo (53) (fig.50) .
Nel 1792 si posero le fondamenta del nuovo coro di forma ellittica: ma i lavori per le vicissitudini politiche di quegli anni furono presto abbandonati (54).
I lavori vennero ripresi nel 1831: cambiati i gusti non venne più seguito il disegno Alfieri ed il nuovo Architetto Melchiori fece eseguire un altro presbiterio nello stile neoclassico (55).
Sembrando meschino l’antico altare di rame che era stato altresì danneggiato da soldati nel 1798 (56) il 4 maggio 1832 venne appaltato un nuovo ricchissimo altare di marmo e bronzo su disegno dell’Antonelli (57), l’altare venne consacrato il 20 novembre 1836 (58) ma il tempietto di bronzo sovrastante venne ultimato e messo in opera più tardi (59).
La riforma del presbiterio e la ricostruzione dell’altare in posizione diversa rese necessario il completamento ed il restauro del mosaico presbiteriale: venne incaricato delle opere di restauro il mosaicista Giovanni Battista Avon, il quale rimaneggiò tutto il mosaico rifacendone largamente i pannelli e cambiando persino i disegni (60).
Volendosi sistemare gli edifizi antistanti al Duomo, nel 1854 circa venne dato incarico all’architetto Antonelli di presentare un progetto di sistemazione dei portici e dei fabbricati esistenti fra la chiesa ed il battistero.
L’architetto, sorpassando i limiti del suo mandato presentò il 21 luglio 1854 il progetto di ricostruzione del Duomo unitamente a quello dei portici (61).
Incontrata una corrente favorevole (62), dopo qualche tempo il progetto radicale di ricostruzione venne approvato dal Capitolo ed ottenne le superiori ratifiche della S.Sede nell’ottobre 1854 e del Magistrato di appello di Casale il 12 gennaio 1855 (63).
Le opere ebbero inizio nel 1857 colla demolizione dei porticati esterni: ricostruiti questi fu discussa ed approvata in data 6 novembre 1863 la continuazione dei lavori secondo il piano prestabilito: cominciarono così le demolizioni delle navate: il 22 aprile 1865 fu deciso l’abbattimento anche della cupola ed il 2 maggio 1865 ebbe inizio l’ultima demolizione (64).
Durante il corso dei lavori vennero in luce le forme originali della cupola romanica e dei pilastri a fascio della navata (65), un tratto di pavimento marmoreo a circa due metri di profondità e qualche frammento romano (66).
Ben presto dell’antico monumento non rimase pietra su pietra: Il nuovo Duomo fu aperto al pubblico il 7 marzo 1869 e consacrato il 2 ottobre dello stesso anno (67).
Volendo dare un equo giudizio dello scempio avvenuto, inammissibile nella seconda metà del secolo XIX, bisogna riconoscere che la maggiore responsabilità di esso risale all’architetto Antonelli che incurante dei lamenti degli amatori delle patrie antichità, primo fra essi il Racca (68), volle a tutti i costi far eseguire il suo progetto valendosi della sua grande autorità: non si può per altro dare un giudizio benevolo di quanti si trovarono coinvolti nella trista faccenda ed appoggiarono con leggerezza il progetto di abbattimento e ricostruzione, oppure non si opposero ad esso per timore di urtare le autorità o per indifferenza verso l’antico e glorioso passato della cattedrale.
Il campanile porta traccie di restauri eseguiti nel periodo barocco: in quest’epoca fu rimaneggiata la cella campanaria ed il tetto originale sostituito da una cupola coperta di rame. Ai primi dell’ottocento vennero aggiunti vasi ornamentali di pietra (69)).
La storia della canonica è strettamente legata a quella della cattedrale e del Capitolo di essa.
E’ tradizione che in origine vi fosse un corpo di chierici al servizio della chiesa e che il capitolo propriamente detto sia stato fondato dal vescovo S.Adalgisio (835-848): non vi è però nessun documento che provi questa asserzione (70).
La canonica è poi espressamente ricordata nell’atto del 25 dicembre 1007 (71) in cui il Vescovo Pietro di Novara ristabilisce decime e fa donazioni al capitolo di S.Maria perché dal giorno di S.Martino a quello di S.Andrea i canonici seggano a mensa comune nel refettorio capitolare e vi soccorrano dodici poveri ogni mese.
Questo atto è per molti riguardi simile ad un altro del 985 (72) circa per cui Aupaldo, vescovo di Novara anch’esso, dona ai canonici due chiese e beni sul Lago Maggiore perché seggano a mensa comune nel refettorio durante l’avvento e soccorrano ventiquattro poveri al mese.
E’ chiaro quindi che la comunanza di vita dei Canonici Novaresi nel X ed XI secolo era ben lungi dall’essere completa ma aveva delle lacune di cui non è facile precisare l’entità.
I canonici in effetto furono riuniti ad abitazione comune solamente nell’episcopato del Vescovo Litifredo (1122-1148): ciò risulta dalla esposizione dei dittici della cattedrale in cui si vede che Litifredo ridusse ad abitazione comune in un chiostro i canonici che prima abitavano per la città. A Lui quindi si deve attribuire la costruzione del chiostro della canonica, in cui naturalmente vennero conglobate anche costruzioni preesistenti.
Le sacrestie colle grandi volte a costoloni e gli edifici di cui si sono scoperte recentemente tracce dei paramenti esteriori, vanno quindi attribuiti al vescovo Litifredo che, come abbiamo visto, ricostruì anche il Duomo.
Il chiostro della Canonica è poi ricordato negli atti fin dal 1144 in cui è nominato come Claustrum S.Mariae (73).
Esso fu trasformato completamente nel secolo XV: in tale epoca vennero costruiti i portici attuali con le volte a costoloni ed il piano superiore colle belle finestre ornate da formelle di terracotta (74).
In epoca più recente vennero fatte molte manomissioni, poiché i locali furono sempre abitati dai canonici o da personale di servizio alla cattedrale: si resero così necessari continui restauri e modifiche che hanno sfigurato completamente le fabbriche originali (75).

»»» Documenti:
I. Vita Sancti Gaudentii
II. Cod. n. 2507
III. Iscrizioni ed altri monumenti antichi esistenti nella Città di Novara
IV. BIANCHINI Le cose rimarchevoli della Citta di Novara
V. BIANCHINI Il Duomo e le scolture del Corpo di guardia
VI. RACCA Del Duomo e del Battistero di Novara
VII. PARETO Il Duomo di Novara.
VIII. OSTEN Die Bauwerke...
IX. RICCI Storia dell’architettura.
X. DURAND Les pavés mosaiques.
XI. MOTHES Die Baukunst des Mittelalters.
XII. FASSÒ Del Duomo...

(1) Per poterci orizzontare in tutti i frammenti dò per essi un numero ed una descrizione.
Frammenti dell’epoca romana.
1r - Capitello Corinzio a foglie trattate come le foglie di ulivo, altezza cm. 60 circa, esistente nello squarcio della finestra dello scalone dell’Arcivescovado.
2r - Capitello corinzio come il precedente o quasi, altezza 60 cm. circa esistente sopra la colonna grande a notte del passaggio fra il cortile dell’Arcivescovado e quello della canonica, dalla parte del vescovado.
3r - Capitello del tipo corinzio, scoltura di carattere come i precedenti, abaco ornato da una decorazione scolpita: altezza 48 cm. circa: sulla colonna simmetrica a quella del capitello 2r. dall’altra parte del passaggio.
4r - Capitello corinzio sopra alla colonna a giorno del passaggio dalla canonica all’Arcivescovado scultura discreta foglie frastagliate con nervature profonde e diritte. Altezza 49 cm. circa (fig.1) .
5r - Capitello corinzio sopra la colonna simmetrica dall’altra parte del passaggio ricordato: altezza cm. 48 circa: esecuzione mediocre con foglie spesse e leggermente frastagliate: su di un lato è scolpita un’aquila con ali aperte.
6r - Capitello posto sul parapetto del chiostro della canonica vicino alla colonna sormontata da 4r. (Cfr. Scarzello. Il museo lapidario Arc. XLIV n. 4 pag.208). Scultura meno che mediocre con foglie molto flaccide: altezza cm. 50 circa.
7r - Capitello corinzio molto guasto sopra il supporto ottagonale nell’atrio dello scalone del vescovado: scoltura mediocre, foglie spesse e flaccide, grossi caulicoli, abaco decorato da cani-correnti, altezza cm. 48 circa.
8r - Capitello del tipo di quello precedente molto guasto per scalpellamento della parte inferiore per ridurlo ad un fusto più piccolo: nel sottoscala a notte dello scalone vescovile altezza cm. 47 circa.
9r - Capitello corinzio di tipo simile a quello dei due numeri precedenti ma di disegno ed esecuzione un po’meno fiacca: in fondo al sottoscala a notte dello scalone: altezza cm. 49.
10r - Capitello corinzio molto guasto di esecuzione fiacca: in fondo al sottoscala a giorno dello scalone del vescovado: altezza cm. 48 circa.
11r - Capitello corinzio di tipo simile ai precedenti n. 7 e 10: disegno ed esecuzione flaccidi: altezza cm. 47 circa: all’inizio del sottoscala a giorno sullo scalone vescovile.
12r - Fusto liscio di colonna: collocato attualmente sotto al n. 27: alto circa m. 4.
13r - Fusto liscio di colonna in parte guasto e rifatto: sotto al n. 3r: alto circa m. 4.
14r - Fusto di colonna marmorea scannellata ad elica: sotto al n. 47. Altezza circa m. 2,70.
15r - Fusto di colonna scannellata con scannellature rettilinee: sotto al n. 5r: altezza m. 2,76 circa.
16r.-22r - 7 fusti di colonne di marmo greco, di cui cinque intere o quasi e due in frammenti conservati parzialmente, liscie, esistenti nel tempietto in mezzo al cortile della canonica: altezza comune m. 2,75 circa.
23r - Fusto di colonna liscia come le precedenti ma di breccia nel tempietto la prima della fila a giorno cominciando da ovest, altezza m. 2,75 circa.
24r - Fusto di colonna come le precedenti ma di marmo venato a colori nel tempietto la seconda della fila a notte cominciando da ovest altezza m. 2,75 circa.
25r - N. 8 lastre da un pavimento marmoreo di marmo veronese ora incorporate nel lastricato del portico del palazzo Vescovile.
26r - Frammenti romani vari ricordati dal Bescapé (Novara Sacra pag.10, e Ravizza pag.41) epistili, basi ed altri marmi classici.
Frammenti medioevali (fino al sec.XIII).
1m - Capitello di semicolonna grande, diametro all’attacco col fusto cm. 55: sotto alla prima colonna da levante della fila a notte del tempietto in mezzo al cortile della canonica: di tipo cubico sferico con semplici raccordi d’angolo incavati e collarino.
2m - Capitello di semicolonna grande, diametro inf. cm. 55, sotto alla prima colonna della fila a giorno del tempietto: di tipo eguale al precedente.
3m - Capitello di semicolonna grande, diametro inf. cm. 50 sotto alla seconda colonna della fila a giorno del tempietto: di forma cubica con forme regolari, abaco e fascia, nella faccia anteriore, saldata all’abaco: al centro della fascia un ornamento in forma di piccola nicchia (fig.2) .
4m - Capitello di semicolonna di dimensioni intermedie (diametro inf. cm. 45) sotto alla seconda colonna della fila a notte del tempietto, di forma cubico sferica con facce ornate da un disco e da una ruota scolpita (fig.3) .
5m - Capitello di semicolonna di dimensioni intermedie (diametro inf. cm. 46) sopra ad un rocchio di colonna nell’angolo fra le arcate XII e XIII del portico: forma cubica con foglie angolari, abaco saldato ad una larga fascia liscia (fig.4)  (n. 2 arcata XII pag.57 dello Scarzello, il Museo etc.).
6m - Capitello di semicolonna di dimensioni e forma press’a poco come il precedente (diametro inf. cm. 40) recante attaccato sotto al collarino un tratto del fusto: nell’angolo fra le arcate XII e XIII sotto al rocchio testé ricordato. (N. 5, arcata XII pag.57 dello Scarzello: Il Museo etc.).
7m - Capitello di semicolonna di piccola grandezza (diametro inf. cm. 27) nell’arcata XIII del portico della canonica: del tipo cubico con foglie d’angolo (Scarzello: Il Museo pag.58 n. 2 arc. XIII).
8m - Come il n. 7m: diametro inf. cm. 38: cortile della canonica aiuola nord est, angolo sud est.
9m - Come il n. 7m: diametro inf. cm. 42 cortile della canonica aiuola nord est angolo nord ovest.
10m - Come il n. 7m ma appena sbozzato: aiuola nord est angolo sud ovest: è profondamente murato e non può esser misurato né studiato regolarmente.
11m - Del tipo cubico, senza collarino, con cuscino molto basso contornato da una linea incisa, raccordo a mo’di svasatura: diametro inf. cm. 35: aiuola sud ovest angolo nord est.
12m - Come il num. 11m ma con nervatura angolare e grosso collarino: diametro cm. 35 aiuola sud ovest angolo nord ovest.
13m - Come il numero precedente: diametro cm. 35 aiuola sud ovest angolo sud ovest.
14m - Come il numero 10m. profondamente murato: aiuola sud ovest angolo sud est.
15m - Come il numero 7m diametro cm. 38: aiuola sud est angolo sud est.
16m - Come il numero 10m profondamente murato: aiuola sud est angolo nord est.
17m - Come il numero 7m ma più basso con attaccata parte del fusto: diametro cm. 38 (fig.5) : aiuola nord ovest angolo sud ovest.
18m - Capitello di semicolonna tipo cubico con proporzioni assai tozze: diametro inf. cm. 35 scantonature e grosso collarino: aiuola nord ovest angolo nord est.
19m - Capitello di semicolonna di tipo cubico con raccordi formati da foglie sporgenti a mo’di pagnottine ornate da striature: due fascie racchiudenti un disco ad ornamento della facciata principale: diametro inf. cm. 41: aiuola nord ovest angolo sud est.
20m - Come il numero 7m diametro inf. cm. 39: aiuola centrale angolo sud ovest.
21m - Come il numero 7m diametro inf. cm. 37: aiuola centrale angolo sud est.
22m - Come il numero 7m con collarino: diametro inf. cm. 39: aiuola centrale angolo nord est.
23m - Come il numero 18m diametro inf. cm. 45: aiuola centrale angolo nord ovest.
24m - Colonna con base e capitello in un sol pezzo altezza complessiva cm. 300 circa, diametro medio cm. 29: capitello del tipo corinzio con collarino, foglie liscie ed abaco sottile: base rotonda con semplice toro: nel cortile del Vescovado all’inizio del passaggio al cortile della canonica verso giorno (fig.6) .
25m - Colonna identica per altezza e forma alla precedente ma più sottile: diametro medio cm. 26: dall’altra parte del passaggio testé ricordato.
26m - Base di semicolonna del tipo dorico: diametro cm. 40: aiuola sud est angolo nord ovest.
27m - Colonnetta con capitello di ispirazione corinzia colle foglie rotondeggianti ornate da due striature concentriche, diametro medio cm. 22 circa, senza base ora situato nel punto più a nord della galleria ai lati del portone d’ingresso al vescovado dalla piazza.
28m - Colonnetta d’identiche dimensioni della precedente col capitello ornato da rabeschi: nella stessa galleria ma attigua al portone.
29m - Colonnetta di identiche dimensioni delle precedenti con capitello d’ispirazione corinzia a foglie lanceolate: nella galleria di cui sopra dall’altra parte del portone.
30m - Colonnetta delle identiche dimensioni delle tre precedenti con capitello avente un ordine inferiore di foglioline lunghe e sottili sormontate da dentelli e caulicoli ed un ornamento centrale a mo’di grappolo d’uva stilizzato: nella galleria citata nel punto più a giorno (fig.7) .
31m - Capitello cubico con la curva del cuscino segnato da una linea incisa: diametro inf. cm. 16: all’esterno del Collegio Gallarini verso giorno su di una colonnetta.
32m - Capitello derivato da una semplificazione del corinzio con facce ornate da sottili caulicoli: diametro inf. cm. 16: all’esterno del Collegio Gallarini.
33m - Capitello del tipo cubico con raccordo a semplice svasatura di proporzioni svalte: diametro inf. cm. 16: all’esterno del Collegio Gallarini.
34m - Capitellino ottagonale con imposta superiore rotonda in forma di tronco di cono ornato da decorazioni del tipo geometrico: diametro inf. cm. 12: all’esterno del Collegio Gallarini (fig.8) .
35m - Capitellino come il numero precedente ma a tronco di cono con imposte ambedue rotonde ed ornamenti in forma di cuori: diametro inf. cm. 12: all’esterno del Collegio Gallarini (fig.8) .
36m - Capitellino e sottostante colonna torsa: il capitello è ornato da quattro belle teste coll’iscrizione PIFF ALDVS CANE diametro inf. cm. 14 (fig.8) : all’esterno del Collegio Gallarini al centro di una bifora.
37m - Un fusto di colonna scanalato per un terzo a incavi, per un altro terzo ad elica e per l’ultimo a bastoncini: conservato presso il benemerito parroco di S.Eufemia D. Lino Cassani (fig.9) .
38m - Archetto centrale della cornice della facciata in pietra colla scritta DE LIGNO VE CRVCIS: al culmine della facciata attuale (fig.10) .
39m - Un altare sostenuto da cinque colonnette nell’attuale archivio della canonica (fig.11) : capitelli con foglie e collarino: alcuni capitelli arieggiano allo stile gotico.
40m - Un altare piccolo con mensa rotonda conservato pure nell’archivio capitolare (fig.12) .
41m - Frammento di scoltura decorativa conservato nel museo civico rappresentante mostri colle teste attorcigliate (fig.13) .
42m - Frammenti decorativi di un archivolto di porta con racemi ricorrenti e dischi coi simboli degli Evangelisti. (Canonica, arcata XII n. 2-9, Scarzello, pag.57).
43m - Frammenti decorativi vari (Canonica, arcata XIII n. 2-4, Scarzello, pag.58).
44m - Un piccolo leoncino in pietra scolpito a tutto tondo. (Canonica, arcata XIII n. 5, Scarzello, pag.55-56).
45m - Un pilastro ottagonale in serizzo esistente nel vestibolo del vescovado. Porta un affresco medioevale completamente artefatto modernamente colla immagine della S.Vergine e del Bambino Gesù. (Massara. Iconografia pag.10 e 17).
46m - Frammento di mosaico raffigurante forse il Sole: Orfanotrofio di S.Lucia (fig.14) .
47m - Frammenti di mosaico murati nell’androne della canonica al vicolo omonimo (elementi decorativi).
48m - Frammenti di mosaico nel museo civico (elementi decorativi).
49m - Frammenti di mosaico nel ripostiglio del battistero.
50m.. - Frammenti vari nel Collegio Gallarini, Museo Civico, abitazione del Parroco di S.Eufemia, canonica etc.
(2) a) Un rilievo del monumento pubblicato da Osten nelle Tavole nn. XIV, XV e XVI della sua opera Die bauwerke der Lombardei: comprende una pianta (fig.15)  una sezione longitudinale (fig.16)  una facciata e particolari.
b) Una serie di quattro vedute (una facciata e tre interni all’acquarello), conservata in una saletta del Capitolo in quadretti appesi alle pareti (fig.17) , (fig.18) , (fig.19) , (frontespizio) .
c) Una litografia della facciata facente parte di una serie di vedute di Novara della metà del secolo scorso: fu vista da me parecchi anni fa da un libraio senza che potessi prenderne note più precise.
d) Una serie di vedute conservata nel Museo Civico: fu acquistata per merito del Prof. Viglio alla cui gentilezza debbo la conoscenza di questi schizzi a matita, che sono dello stesso autore delle vedute in acquerello del Capitolo: sono certo gli schizzi dal vero che servirono di base per gli acquerelli e quindi sono molto fedeli (fig.21)  e (fig.22) .
e) una pianta ed alzato del presbiterio ed un prospetto laterale a notte conservati nel Museo Civico: fanno parte della serie (e): sono per altro a disegno lineare con inchiostro e tinta alla sezione (fig.23)  e (fig.24) .
f) Una pianta ed una veduta dell’interno pubblicate da Hübsch nelle Tav. LIII nn. 3 e 4 della sua opera Monuments de l’architecture chretienne derivano dai rilievi di Osten di cui riproducono le inesattezze coll’aggiunta di altre.
g) Una pianta, alcuni particolari ed una facciata pubblicati da Fassò nella sua operetta sul Duomo: questi rilievi sebbene in piccola scala hanno un pregio particolare (fig.25) , (fig.26) , (fig.27) , (fig.28) , (fig.29) , (fig.30) , (fig.31) .
h) Alcuni schizzi delle Figure esistenti nell’antico pavimento della nave: sono raccolti dal Canonico Frasconi e sono contenuti in alcune carte del codice Frasconiano Monumenti etc., esistenti nell’Archivio Capitolare di S.Maria (fig.32) , (fig.33) , (fig.34) , (fig.35) , (fig.36) , (fig.37)  e (fig.38) .
i) Un particolare della facciata negli Elementi d’Arch. Lombarda del Mella (Tav. IX fig.A). Un rilievo della parte anteriore pubblicato da pareto (fig.20) .
(3) Cfr. Appendici.
(4) Era abitudine frequentissima degli antichi architetti di ricostruire le chiese sulle piante delle preesistenti utilizzandone le fondazioni in buona parte. E’ probabile che nella primitiva basilica Novarese, non vi fossero pilastri ma solo colonne ad esclusione dell’incrocio del transetto colla nave. Le basiliche cattedrali dei primi secoli cristiani furono per altro frequentemente ricostruite in successivi ampliamenti. Cfr. la mia Arch. Romanica nel Vercellese pag.96.
(5) Tali colonne hanno fusti di marmo greco tutti eguali il che sembra provarci che tali colonne classiche erano nella basilica fin dall’origine: come sarebbe stato possibile infatti ai costruttori del secolo XII racimolare qua e là tanti pezzi eguali? Poiché non è ammissibile che ad epoca così tarda vi fossero monumenti classici con preziose colonne marmoree che non fossero stati manomessi e spogliati.
(6) Osten (tav. XIV) pubblicò la chiesa come se fosse stata a cinque navate ma è un errore evidente provocato da una errata interpretazione delle cappelle costruite sui fianchi della chiesa nei restauri posteriori.
(7) Vennero rilevate da Fassò (pag.116) nel disegno pubblicato in fig.28 . I due rilievi differiscono di poco.
(8) Nel secolo XV, nei restauri operati al monumento vennero eseguiti ispessimenti ai pilastri mediani con due arconi a sesto acuto a rinforzo degli archi trasversi delle volte: si scorgevano per altro, al di sotto, gli antichi archi semicircolari (Gemelli pag.55). Molti autori che si occuparono del nostro monumento erano d’opinione che in antico la nave avesse avuto un semplice tetto con archi traversi. Fassò (pag.119) ha anzi pubblicato un rilievo (non troppo preciso a mio parere) delle sezioni dei pilastri mediani che sembra accordarsi con questa opinione: io per altro penso vi fossero fin dall’origine volte a costoloni e pilastri appoggiati e ciò per le ragioni seguenti:
I - Per la sezione, certa, dei pilastroni della cupola.
II - Per la sezione dei pilastri mediani riportata da Osten che, malgrado sia sfigurata dalle aggiunte di rinforzo del sec.XV fa vedere ben chiaramente le lesene diagonali (Osten, tavola XIV).
III - Per il disegno rappresentato nella Figura 19 in cui si vedono ben chiaramente le lesene diagonali dei pilastri e le volte soprastanti a costoloni diagonali. Né si può obbiettare che queste volte potrebbero essere del secolo XV perché gli architetti gotici avrebbero costruito volte costolonate leggerissime senza bisogno di creare i sottostanti arconi, antiestetici e pesanti, per rinforzo.
IV - L’aggruppamento a tre a tre delle finestre con quella centrale più alta delle laterali in ogni gruppo, prova evidentemente che le volte erano originarie: se non vi fossero state volte infatti non vi sarebbe stata ragione di tenere finestre di altezza differente: le finestre invece erano di altezza diversa per seguire la curvatura della volta.
(9) Nella pianta pubblicata da Osten le crociere del pronao non hanno costoloni diagonali è quindi quasi certo che nel secolo XIX le crociere non erano costolonate: dato però che i semipilastri avevano lesene diagonali si può pensare che in origine fu intenzione dei costruttori di costruire volte di quel tipo e che si cambiò idea durante il corso dei lavori oppure che le volte a crociera furono rifatte in qualche restauro.
(10) Cfr. Rusconi. Il mosaico antico pag.6. Tale pavimento venne scoperto circa due metri sotto al piano attuale.
(11) Racca. Del Duomo etc. pag.26.
(12) E’ stato supposto che questa figura colla scritta frammentaria S rappresentasse il sole: il capo nimbato e provvisto di raggi e l’atteggiamento fanno pensare che si tratti in effetto del Sole SOL rappresentato in atto di reggere una face o guidare il carro trascinato da destrieri. Si è voluto anche che questo mosaico risalisse all’epoca romana. Io per altro credo sia romanico e contemporaneo al rimanente, trasportato forse da altre parti della basilica: e ciò per varie ragioni: anzitutto per l’iscrizione S ... che è a posto in un mosaico romanico mentre lo è meno in uno classico per la tecnica dell’esecuzione (fig.14)  simile a quella del rimanente pavimento in un mosaico romano il chiaroscuro sarebbe stato indicato ben diversamente infine per la forma del nimbo, medioevale e non classico.
(13) Cfr. Savio. Vescovi pag.239.
(14) Cfr. Appendice II, in traduzione Ravizza La Novara Sacra pag.252.
(15) Savio pag.247.
(16) Cfr. Appendice II.
(17) Così A. Lizier. Episcopato e Comitato: passim.
(18) Già nel secolo XVIII era nata una violenta diatriba fra il Canonica Francia del Capitolo di S.Gaudenzio ed il Canonico Gemelli del Capitolo di S.Maria i quali discussero con acrimonia nelle loro opere De novariensi S.Gaudentii ecclesia e Dell’unica. ... Cattedrale di Novara per l’interpretazione della frase (riferita nella App. I): Ubi nuper Sancta Dei Matris ecclesia sita cospicitur con particolare riguardo al nuper che il Francia voleva tradurre da poco facendo così risultare una fondazione relativamente recente per S.Maria. E’ evidente invece che in questa frase avente senso topografico, il nuper vuol dire ora ai nostri giorni. Lizier ha osservato alcune frasi comuni con una Vita di S.Martino e con gli Atti di S.Dionigi (Lizier pag.218-220): è per altro naturale che uno scrittore di vite di santi, usasse frasi ricordate da altre vite quando si voleva parlare di fatti comuni a tutti, come la santità della vita e le lodevoli cose operate. A me pare più giusto non sottilizzare con le parole, pesandole una per una, quando si tratta di documenti antichissimi e scritti a scopo di edificazione, anziché negare autorità a frasi esplicite come quelle dei dittici che deliberatamente indicano Gaudenzio primo vescovo novarese e S.Lorenzo martire ma non vescovo.
(19) E’ evidente che nei primi tempi i cristiani di ogni città pensarono anzitutto agli atti di fede costruendo le chiese entro le mura nei punti più comodi. Carattere cimiteriale ebbero invece chiese extramurane: tali chiese erano fuori delle mura poiché la legge romana non permetteva l’inumazione entro la città murata. In queste chiese cimiteriali furono di regola deposti i corpi dei martiri della fede cosicché col proceder dei secoli molti di tali edifici divennero venerati santuari. Le cattedrali primitive furono dedicate spesso alla Madre del Redentore: così a Vercelli, Acqui, Ivrea, etc.: invece, di regola, le basiliche extramurane furono dedicate ai martiri di cui contenevano i corpi.
(20) Cfr. A. Pastè in Archivio della Soc. Vercellese di Storia ed Arte: Costantino Magno etc. pag.474 ss.
(21) Appare dalla lettera di S.Eusebio da Scitopoli del 356, che a quell’epoca egli era il solo Vescovo di Piemonte (Savio I, pag.2 ss). Quantunque la lettera in parola sia stata parecchio discussa (Cfr. per esempio Lizier pag.236 ss.) io credo che il fatto sia vero, tanto più che se ne ha conferma da passi di S.Ambrogio e da quanto si sa di parecchie città, Novara per esempio. Essendo senza dubbio Eusebio il primo Vescovo di Vercelli, ed ammessa la cattedrale Vercellese di S.Maria di poco anteriore a lui, essendo Gaudenzio il primo Vescovo di Novara, la cattedrale di S.Maria di Novara dovrà essere di poco anteriore a lui. Il ragionamento potrà parere troppo semplice ma è logico: poco sappiamo circa l’istituzione dei Vescovadi ex novo parrebbe che fossero di istituzione imperiale (Savio I, pag.7 e 246) ma chiunque fosse il personaggio che doveva prenderne la decisione, la città che ne faceva richiesta doveva dimostrare d’esserne degna. Le rendite potevano esser fornite parzialmente anche dall’autorità imperiale ma i cristiani dovevano dimostrare di essere in numero forte e di aver quindi parecchie chiese di cui almeno una importante per aver bisogno di un capo autonomo: in altre parole la creazione della diocesi era il coronamento di una serie di opere cristiane tra cui l’innalzamento di decorose chiese, una delle quali fosse degna di divenire cattedrale.
(22) Sulla Vita di S.Maria nei secoli XII-XIII si possono consultare i documenti del ricchissimo Archivio Capitolare: BSSS.vol. LXXVIII e LXXIX. Rinunzio per altro ad occuparmi di queste carte perché non hanno relazione con l’architettura di S.Maria. Per le chiese rurali menzionare alcuni fra i più antichi documenti può essere utile perché testimonia dell’antica origine e dell’importanza di esse: questi problemi non hanno invece ragione di esser discussi in questo luogo per S.Maria di Novara di cui si è messa in evidenza l’antichissima origine e che ebbe in ogni epoca grande importanza religiosa.
(23) Bescapé, Novaria Sacra pag.184 ed. Ravizza pag.278.
(24) Savio I, pag.255.
(25) E’ opinione comune che la cattedrale di S.Maria sia stata rifabbricata nel secolo VIII ad opera del vescovo Leone: questa leggenda abbastanza recente (originata, credo, dalle ipotesi del Canonico Francia (De antiquitate etc. passim) basate su quel certo nuper di cui si è già discorso nella nota 18, non ha nessun fondamento nella realtà. Così pure le affermazioni cronologiche di Mothes (Baukunst in It. pag.279-280) sono prive e semplici invenzioni.
(26) Il codice porta il n. 2507 (Philol. 401): la nostra lettera era già stata conosciuta dall’Amadesi che se n’era servito per la sua Cronotassi dei Vescovi Ravennati (t. III, 121, n. 9): l’intera pubblicazione fu ottimamente pubblicata in riassunto dal Wattembach (Iter Austriacum in Archiv fur Kunde Osterreichischer Geschicht - Quellen. A. XIV 1855). Le lettere vanno dal foglio 27 (Incipiunt epistolae quarum libet personarum ad quaslibet personas), al foglio 68 e sono in numero di 80 (cfr. Wattembach pag.40-46). La nostra lettera che è risposta ad un’altra del Papa al Vescovo di Ravenna porta il n. 8 (foglio 30). (Cfr. Appendice).
(27) Wattembach pag.46-47: l’autore è generalmente ben informato delle vicende del partito imperiale in Italia e le lettere che possono essere attribuite ad un anno preciso appartengono di regola al 1132.
(28) Regesti Jaffè Lowenfeld a. 1132 aprile.
(29) Cfr. BrutaiS.L’archeologie du Moyen age pag.193. Monneret de Villard. Organizzazione pag.55.
(30) Questa valutazione dei rapporti fra la consacrazione degli edifici e la costruzione di essi è della massima importanza per la cronologia di essi: le sole basi per giudicare dell’epoca degli antichi monumenti sono le memorie di fondazioni e di consacrazioni di essi, basi purtroppo tutt’altro che solide: io penso che la valutazione sovra esposta, basata su di un largo numero di casi e di cui spero di dar conto in avvenire, sia esatta, ed è per questo che mi sono permesso di esporla in forma assiomatica.
(31) Cfr. BSSS.LXXIX doc. CCCXCIII-CCCXCIX: si deve tener presente inoltre che nei dittici della Cattedrale si trova il commento più lungo e laudativo che a qualunque vescovo: il suo nome è scritto in rosso in segno d’onore e si ricorda che riunì in un chiostro i canonici di S.Maria abitanti per la città e che apportò tanto alla Chiesa quanto all’Episcopato onori e vantaggi (Utilitates et honestates): tra questi vantaggi deve esser compresa anche la ricostruzione della cattedrale. Nei dittici di S.Gaudenzio si ricorda che durante il suo episcopato si cominciò a ricostruire la chiesa di S.Gaudenzio. (Cepit reedificari ecclesia B. G.): è probabile che questa ricostruzione sia stata originata dal desiderio dei canonici di S.Gaudenzio di non esser da meno dei colleghi di S.Maria.
(32) Bianchini le cose rimarchevoli, pag.15.
(33) Pare che ai tempi di MonS.Speciano (1590) la cappella fosse di patronato della famiglia Caccia (Novara Sacra 1933, pag.182).
(34) Cum itaque sicut accepimus, ecclesia novariensis que sub vocabulo eiusdem gloriose Virginis Marie fundata ac insignis et famosa existit, reparatione in sui structuris, et edificiis indegeat non modicum sontuosa (Gemelli pag.55). Ad huiusmodi reparationem et conservationem manus povrexerint adiutrices (Gemelli pag.55).
(35) Gemelli pag.35.
(36) Bianchini, le cose rimarchevoli pag.24. Fassò 113. Nel 1488 venne costruito il tratto di portico che ne faceva la continuazione, verso ponente, e che sussiste tuttora (Fassò pag.132): non so se a tale anno può essere attribuito anche quello del Paradiso il cui stile per gli archi acuti e le terrecotte a disegni mostra senza dubbio il sec.XV.
(37) Consta da un’iscrizione ivi esistente, che la cappella e le pitture furono eseguite a spese dell’arciprete De Bergiochis nel 1450. Il pittore fu Giovanni de Campi. (Cfr. Racca I marmi scritti etc. pag.105).
(38) Tutti coloro che hanno potuto scorgere questi arconi a sesto acuto sono concordi nel descriverne la pesantezza: Gemelli (pag.52) ricorda anzi che al di sopra di essi si vedevano quelli semicircolari, cioè le nervature originali delle volte: anche per i contrafforti della facciata l’età ne è palesata dalle proporzioni e dalla deformità che escludono, a mio parere, la ipotesi della costruzione originaria. (Bianchini, Duomo, pag.8).
(39) Tali colonne, in numero di 7, sono ora nel Tempietto al centro del cortile della Canonica e sono identiche per misura a quelle antiche: hanno capitelli del tipo cubico oppure del Rinascimento.
(40) Cfr. Massara (Iconografia pag.42) per un affresco già nel campanile ed ora nella cappella di S.M. delle Grazie. Altri affreschi si hanno nel Museo Civico.
(41) Tutti coloro che hanno potuto vedere l’antico Duomo sono concordi nel descrivere lo spettacolo di disordine offerto da questo fabbricato. (Racca Duomo pag.56).
(42) Tali affreschi rappresentano Iddio Padre colla gloria degli Angeli e le sibille nella volta: nelle pareti lo Sposalizio della B. Vergine con S.Giuseppe, l’Annunciazione, la Visitazione la strage degli Innocenti e l’Adorazione dei Magi (Cfr. Lomazzo, Tempio della pittura pag.246). In un incendio furono danneggiati e colla distruzione del Duomo salvati per intervento del Canonico Imbrici (Massara iconografia pag.63).
(43) (Cfr. Racca. Del Duomo pag.25). Le finestre del presbiterio erano ornate da vetrate istoriate a colori con l’Assunzione di Maria Vergine, i Trionfi di S.Lorenzo, S.Agabio e S.Bernardo (Racca. Del Duomo pag.26).
(44) Ai tempi del Bescapé, stando alle relazioni di visite pastorali riferite dal Racca (Del Duomo pag.25) l’arco superiore del presbiterio era ornato da una trave dorata con Crocifisso centrale: l’altare era di legno scolpito e dorato e nei giorni di festa solenne veniva ornato da lastre d’argento sovrapposte rappresentanti in rilievo gli apostoli e gli evangelisti. L’altar maggiore venne consacrato da MonS.Bescapé previo collocazione di corpi santi nel 1595: Racca (Del Duomo pag.26) aggiunge che al principio del secolo seguente venne eseguito un nuovo Tabernacolo di bronzo con statue d’angeli e degli Apostoli Pietro e Paolo: il sottostante altare era di rame con pietre dure incastonate ed è possibile si possa identificare con quello testé descritto risultante dagli Atti di Visita Bescapé.
(45) Vi erano in antico cancelli di ferro sostenuti da montanti di pietra: MonS.Bescapé nel 1594 li fece sostituire da una balaustra di marmo rossiccio che durò fino al sec.XIX. (Racca, Del Duomo pag.25).
(46) Non è facile capire oggi l’epoca in cui furono costruiti i porticati fra il pronao della chiesa ed il battistero: i sostegni erano ruderi e tronchi di colonne di dimensioni e forme varie (cfr. Bianchini: Le Cose rimarchevoli ... pag.4 e del Duomo pag.8) il che a rigor di termini indicherebbe un’epoca remota: i tetti dei porticati tagliavano malamente, perché troppo bassi, le arcate laterali del pronao della chiesa il che può essere interpretato, dal punto di vista cronologico in modo vario, cosicché non si può affermare nulla di preciso. La disposizione di colonnati nel cortile fra chiesa e battistero è per altro di origine ed uso antichissimo ed è probabile che i porticati di Novara, anche se costruiti nel sec.XII o più tardi, calcassero antichissime fondamenta. Le opere eseguite dal Ven. Bescapé non sono oggi facilmente identificabili: a lui spetta la collocazione della croce su colonna di pietra al centro del sagrato e la sistemazione ad uso cimitero (Racca, Del Duomo, pag.18).
(47) Bianchini, Le cose rimarchevoli pag.18, Racca, Del Duomo pag.21).
(48) Cfr. Viglio. Un progetto di riforma dell’antico Duomo di B. Alfieri, passim.
(49) Bescapé. Novaria Sacra pag.10 ed. Ravizza pag.42.
(50) Le lapidi ai canonici Archinto, Morbio, Bosio, Ponzone e Della Porta: altri monumenti erano sparsi per la chiesa fra i quali per lavoro d’arte si distinguevano quelli di Francesco Caccia, Paolo Caccia, Antonio M. Tornielli, Lorenzo Gallarati e di Boniperti pure essi tutti canonici. Cfr. Racca, Duomo pag.21.
(51) Cfr. Racca Del Duomo pag.22, Ravizza la Novara Sacra pag.42 nota 15 e pag.438, Novara Sacra 1933 pag.361. La cappella fu ornata con molto lusso: l’altare su disegno del Conte Lupi di Roma con marmi e bronzi, la statua del Santo del Collini, la tazza con pitture del Pontoia (fig.49) .
(52) Cfr. Ravizza la Novara Sacra pag.42 nota 15 e Novara Sacra 1933 pag.362.
(53) Prima dei restauri barocchi nel braccio a giorno della basilica vi era una cantoria per il Vescovo, due altari dedicati a S.Bartolomeo e ai Tre Re Magi e i monumenti sepolcrali Langhi e Canobio. - Racca: Del Duomo, pag.21. La cappella di S.Lorenzo fu decorata essa pure con molta ricchezza su disegno del Cav. Zanoia: colonne di marmo verde con ornati d’oro e statua di S.Lorenzo con putti ed angeli, opera dello scultore Rusca di Milano. - Bianchini: Le cose rimarchevoli, pag.17 e Bianchini: Del Duomo, pag.3. Nella cappella di S.Lorenzo eravi anche una lapide che ricordava le fauste nozze di Vittorio Emanuele con Maria Teresa d’Austria celebrate nella Cattedrale di Novara.
(54) Bianchini: Del Duomo, pag.9.
(55) Bianchini: Del Duomo, pag.9-10. Le pitture sono di Vitale Sala che affrescò la tazza del presbiterio negli anni 18331834: Cfr. Anche per gli altri artisti che lavorarono nel presbiterio: Novara Sacra 1933 pag.197.
(56) Bianchini: Le cose rimarchevoli, pag.25.
(57) Cfr. Bianchini: Del Duomo, pag.11. - Racca: Del Duomo, pag.28 sS.- Novara Sacra 1933, pag.197 ss.
(58) Novara Sacra 1933, pag.199.
(59) Racca: Del Duomo, pag.29. All’altare lavorarono alcuni tra i più celebrati scultori neoclassici: Thowaldsen, Somaini, Chialli, Arrigoni, Finelli, Bellezza, Pompeo Marchesi, Monti, Buzzi etc.
(60) Il medaglione dell’Evangelista Matteo dove era rappresentato un libro venne distrutto ed in luogo di esso formato un nuovo medaglione con un Angelo: furono rifatti pure in gran parte il pannello di S.Marco, le decorazioni degli angoli coi venti soffianti e le cornici a greca verso l’interno del presbiterio: i medaglioni di S.Luca e S.Giovanni rifatti pure in gran parte e così la parte interna della greca e tratti della decorazione. Il pannello centrale, già occupato dall’altare, ebbe molte fantastiche rappresentazioni, (le sette lampade, le ventiquattro corone dell’Apocalisse etc. etc....) ma venne conservato l’antico bordo con foglie di vite e grappoli. Della parte anteriore del mosaico rispettati i tratti dei bordi presso l’altare, ma i pannelli distrutti e rifatti in massima parte secondo il primitivo disegno. Anche il pannello di Adamo ed Eva fu rimaneggiato: come appare dalle parole del Frasconi (appendice III) la figura di Eva era quasi scomparsa per vetustà già alla fine del secolo XVIII: Evidenti tracce di restauro si scorgono ovunque sebbene in linea di massima l’antico disegno sia stato mantenuto: le parti originarie tuttora esistenti sono la testa di Adamo, i rami dell’albero, parte dei fiumi Phison, Gehon e Tigris con le decorazioni adiacenti e tratti dei pannelli decorativi laterali, in particolare quelli contro i muri del presbiterio. L’esame minuto del mosaico permette di distinguere tutt’ora le parti originarie, più consumate ed irregolari da quelle rifatte lucide e ben conservate. Per le descrizioni del mosaico come si trova attualmente cfr. Bianchini: Del Duomo, pag.19 sS.- Rusconi: Il mosaico pag.11 sS.- Novara Sacra 1933, pag.200-201. (208) Gli anni in cui il mosaico venne rimaneggiato sembra siano stati il 1833-1834. - Cfr. Rusconi: Il Mosaico, pag.13.
(61) Cfr. Novara Sacra 1933, pag.184.
(62) L’antico Duomo non appariva né ricco né sontuosamente ornato. - Bianchini: Le cose rimarchevoli, pag.12, Del Duomo, pag.5 - Ricci: Storia dell’Architettura, pag.100. Specialmente il lato a settentrione era di aspetto infelice ed il Municipio ed alcuni novaresi amanti dell’ordine reclamavano la riforma dei portici che non si sarebbe potuto ottenere che accorciando le cappelle (Novara Sacra 1933, pag.185). La struttura appariva poi, com’è naturale, lesionata: alcune colonne in procinto di sfasciarsi erano state cerchiate di ferro e le cappelle laterali presentavano screpolature (Novara Sacra 1933, pag.184).
(63) Novara Sacra 1933, pag.185.
(64) Novara Sacra 1933, pag.186.
(65) Fassò: Il Duomo Antico, pag.114 ss.
(66) Rusconi: Il Mosaico, pag.5 e 6. Vennero rinvenuti un dito di bronzo con traccie di doratura e monete dell’Imperatore Costantino, il tutto durante i lavori di costruzione dell’atrio del battistero: sarebbe stato cosa lodevole che si fosse preso memoria dei ritrovamenti di fondazioni e muri antichi sotto al piano del terreno: invece non si fece nulla.
(67) Novara Sacra 1933, pag.186.
(68) Il Racca fin dal 1836, scrisse un opuscolo (Del divisamento di distruggere l’antico Duomo) che incontrò favore notevole tanto che nel 1862 lo si pubblicò nuovamente insieme alle iscrizioni romane di Novara. Anche il Pareto nel suo scritto sul Duomo di Novara levò la voce contro la barbara distruzione della venerabile struttura.
(69) Appendice IV.
(70) Cfr.: sopra nota 23.
(71) BSSS: LXXVIII, doc. CXXIV.
(72) BSSS: LXXVIII, doc. XCII. In questo documento si ha eco di una particolare riconoscenza dei canonici di S.Maria verso il Vescovo Adalgisio: ma non si può sapere se questo Vescovo fosse il loro fondatore o più semplicemente un insigne benefattore.
(73) Fassò: pag.133.
(74) Cf. B. S.P. N.: pag.508 ss.
(75) Cfr. Fassò: passim.

Immagini

Interno dell'Antico Duomo (Acquerello in Capitolo)

fig.1. Novara: Antico Duomo Capitello Romano

fig.2. Novara: Antico Duomo Capitello (Canonica)

fig.3. Novara: Antico Duomo Capitello (Canonica)

fig.4. Novara: Antico Duomo Capitello di semicolonna (Canonica)

fig.5. Novara: Antico Duomo Capitello (Canonica)

fig.6. Novara: Antico Duomo Capitello della Tribuna (Canonica)

fig.7. Novara: Antico Duomo Capitello (Vescovado)

fig.8. Novara: Antico Duomo Capitellini (Collegio Gallarini)

fig.9. Novara: Antico Duomo Colonna, appartenente ad un ciborio (presso il rev. Parroco di S.Eufemia)

fig.10. Novara: Antico Duomo Archetto pensile al culmine della facciata (Cattedrale)

fig.11. Novara: Antico Duomo Altare (Biblioteca Capitolare)

fig.12. Novara: Antico Duomo Altare (Biblioteca Capitolare)

fig.13. Novara: Antico Duomo Frammento (Museo Civico)

fig.14. Novara: Antico Duomo Frammento di mosaico (Orfanotrofio di S.Lucia)

fig.15. Novara: Antico Duomo Pianta (Osten)

fig.16. Novara: Antico Duomo   Sezione (Fassò)

fig.18. Novara: Antico Duomo   Facciata

fig.18. Novara: Antico Duomo   Interno

fig.19. Novara: Antico Duomo   Interno (Acquerello in Capitolo)

fig.20. Novara: Antico Duomo   Sezione

fig.21. Novara: Antico Duomo   Interno (Disegno del Museo Civico)

fig.22. Novara: Antico Duomo   Particolare (Disegno del Museo Civico)

fig.23. Novara: Antico Duomo   Cupola (Disegno del Museo Civico)

fig.24. Novara: Antico Duomo   Prospetto laterale a notte (Museo Civico)

fig.25. Novara: Antico Duomo   Facciata (Fassò)

fig.26. Novara: Antico Duomo   Facciata avanti l’ultimo ristauro (Fassò)

fig.27. Novara: Antico Duomo   Pianta (Fassò)

fig.28. Novara: Antico Duomo   Pilastri della cupola (Fassò)

fig.29. Novara: Antico Duomo   Pilastri della nave (Fassò)

fig.30. Novara: Antico Duomo   Cupola (Fassò)

fig.31. Novara: Antico Duomo   Facciata e Sezione (Fassò)

fig.32. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.33. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.34. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.35. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.36. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.37. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.38. Novara: Antico Duomo   Disegno del pavimento della nave (mS.Frasconi)

fig.39. Novara: Cattedrale   Pavimento a mosaico nel Presbiterio

fig.40. Novara: Antico Duomo   Muratura al termine della navatella a notte

fig.41. Novara: Antico Duomo   Pianta originale (Verzone)

fig.42. Novara: Cattedrale   Campanile

fig.43. Novara: Cattedrale   Particolare del Campanile

fig.44. Novara: Canonica   Particolare delle murature

fig.45. Novara: Canonica   Particolare delle murature
fig.46. Novara: Cattedrale   Volte della Canonica
fig.47. Novara: Cattedrale   Disegno del mosaico del Presbiterio (Museo)
fig.48. Progetto di riforma dell’antico Duomo di B. Alfieri
fig.49. Novara: Cattedrale   Altare di S.Lorenzo
fig.50. Novara: Cattedrale   Altare di S.Agabio

Fonti:

Ms Arch. Cap. FRASCONI - Monumenti ed altri monumenti antichi etc.
ACTA SANCTORUM
AUS’M-WEERTH: Der Mosaik boden d. St. Gereon in Koln
BARLASSINA e PICCONI: Le chiese di Novara.
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HUBSCH: Monuments de l’architecture chretienne
LIZIER: Episcopato e Comitato
LOMAZZO: Tempio della pittura
MASSARA: Iconografia di M. Vergine
MELLA: Elementi d’architettura lombarda
MORBIO: Storia della città e diocesi di Novara
MOTHES: Die baukunst des mittelalters in Italien
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NOVARA SACRA 1933
NOVARA - Il Duomo e la Canonica. MS.Arch. Cap.
OSTEN: Bauwerke in der Lombardei
PARETO: Il Duomo di Novara
PASTÈ: Costantino M. e Vercelli
PORTER: Lombard Architecture
RACCA: Del divisamento di abbattere l’antico duomo
RACCA: Del Duomo e del battistero di Novara
RACCA: I marmi scritti di Novara
RAVIZZA-. La Novara Sacra
RICCI: Storia dell’architettura
RUSCONI: Le origini novaresi
RUSCONI: Il mosaico antico
RUSCONI: Il cippo di L. V. Augustale
SAVIO: I Vescovi
SCARZELLO: Il museo lapidario
TAEGIO: Le risposte etc.
TOESCA: Storia dell’arte Italiana
VIGLIO: Un progetto di riforma dell’Antico Duomo di B. Alfieri
WATTEMBACH: Iter Austriacum

NOVARA - Antico Duomo - Documenti

I. Vita Sancti Gaudentii. - (Acta SS.Januarii 26)

Per idem tempus beatissimus vir (S.Gaudenzio) inter moenia urbìs, non longe ubi nuper Sanctae Dei Matrìs ecclesia sita cognoscitur, quoddam hospitiolum, an coenobii claustra, circumspectum ad habitandum expetierat... .

Per illud vero tempus (c. 418?) basilica, ubi nunc Dei Sacerdos, miro decore humatus resurrectionis tempus expectat, summo nixu uisere dudum ab eo construi coepta, sed necdum perfecta recta remanserat quam postmodum vir beatus Agapius cum omni honore consummatam perfecit. Interea destituta plebs gemina tristitia, tam pro excessu Pastoris, quam pro minus perfecta basilica, tantum angorem sustinere non valens, super pavimentum prostrati, humanum supra modum mugitum reddebant, ita dumtaxat ut nec etiam ministris Ecclesiae permetteretur libertas officii persolvendi.

Tamdem vir Sanctissimus plebem, quam corpore, non affectu reliquerat, spiritu visitare properat - nec mora - Coelitus divina inspiratio sic omnium corde perfudit, ut venerabile corpus in sanctam Dei Matris ecclesiam, non humano Sepulcro, sed reservandum solo deponi deberet, usque dum paedicta aula tanti Pontificis praeparata a viro reverendo Agapio successore consummata perficeretur... Inter haec B. Agapius una cum omni populo antedictam basilicam ingenti sumptu, cultuque eximio consummatam, debitis coeremoniis dedicaverunt. Senis deinde post defunctum mensibus, bis senis diebus additis, sanctum corpus incorruptum, velut unius diei post funus, summo honore sepulchro tradiderunt.

II. Cod. n. 2507, philol. 401 - (Bibl. Naz. Vienna - Ed. Wattembach)

VII. - Epistola archiepiscopi ad papam.
I(nnocentio) universali patri et domino, Romanae catholicae et apostolicae sedis summo pontifici, G(ualterus) sanctae Ravennatis ecclesiae minister licet indignus, omnimodam revereutiam et debitam obedientiam.
Postquam divina providentia vos (1) ad summum christianae religionis adduxit (2), et in beati Petri cathedra collocavit, ante quidem dilectum dilectissimum et reverentissimum sicut debuimus excoluimus, et vestris preceptionibus, quas per legatos vel per epistolas vestros nobis fecistis, summo amore parere studuimuS.Ea propter multorum inimicicias incurrimus et multas minas et persecutiones a pravis ho minibus perpessi sumuS.Sed nullae perversorum hominum minae, nullus terror, nulla tyrannica rabies a vestra me dilectione poterit separare, quem in solitudine (3) verae fidei et in fundamento firmissimae petrae novimus confirmatum et Christi munimine solidatum. Sed cum beato Noe clausus in archa inter acquas diluvii posita, longanimiter expectabo dum columba manibus eius missa, virentibus foliis olivae ad eam redeat. Quod per Dei gratiam in vestro adventu futurum speramus, de quo vestrae paternitatis sanctitatem rogamus per vestra scripta certificari, ut sic scismaticorum superbia reprimi et fidelium corda valeant sublevari.

VIII. - Responsio.
Salutatio ut superius.
Affectionem tuam et devotionem erga nos, venerande frater, et (4) circa sanctam Romanam et apostolicam ecclesiam, iam pridem nobis cognitam et multis argumentis probatam, pleniter laudamus et laudando approbamuS.Tu es enim viride sarmentum manens in vite, botros ubere (5) producens, sancti Spiritus gratia deebriatos, de quibus merum exprimitur quo hausto ulterius non sititur. Quo circa, religiosissime frater, te velut speciale membrum Christi veneramur et venerando diligimus ecclesiam tuam esaltare, quae iam dudum a pravis hominibus depressa est, et restaurare in quibuscunque poposceris et poterimus, tuae dilectionis gratia destinavimus.
De adventu vero nostro, super quo certificari postulasti, paucis adverte (6). Transalpinati sumus Aste resurrectionem Domini celebravimus inde rogatu Novariensium ad eorum urbem perreximus et illorum maiorem ecclesiam precibus civium consecravimus.
Fraternitati igitur tuae per presentia scripta mandamus, ut sine tarditate nobis Papiam obviam venias.
Data Novariae XV. Kalendas Maias.


(1) Nos.
(2) Opicem duxit.
(3) Soliditate?
(4) et manca nel ms.
(5) Amadesi ha, forse più correttamente uberes.
(6) Nel MS.vi è averte

III. Iscrizioni ed altri monumenti antichi esistenti nella città di Novara raccolti e delineati da me Sacerdote Carlo Francesco FRASCONI, Cerimoniere Maggiore della Cattedrale - (mS.Arch. Capitolare, fogl. 19 e seguenti)

Pavimento di mosaico nella Cattedrale.
... Sia il pavimento del presbiterio che quello della nartece ossia della nave maggiore della nostra Cattedrale, sono a mio credere del secolo nono od al più tardi del decimo, tal epoca lo dimostrano i quadrati che veggonsi ai nomi di S.Marco e di S.Luca, ai rispettivi simboli degli evangelisti nel presbiterio: Lucas - Marc. Veggasi la carta n. 1.
Nel circolo interno dell’abside di cui ancora rimangono la vestigia all’ingresso del coro, è delineato a mezzo figura Adamo situato alla destra dell’albero intorno a cui è attorcigliato il serpente. La figura di Eva per la vetustà del tempo manca totalmente. In uno dei circoli laterali (cancellature) ... Nell’altro circolo vi è una figura mancante del capo per l’antichità (cancellature).
Lateralmente all’altare sono delineati due per parte, uno superiormente all’altro quattro circoli in cui sono descritti i simboli dei quattro Evangelisti. Dalla parte del Vangelo vi è il bue alato con un libro e l’epigrafe: Lucas ed inferiormente l’aquila parimenti col libro ed il motto: Iohs.
Dal corno dell’epistola vi è il leone alato con un libro e coll’epigrafe Marc e sotto di esso con libro ed il motto Mat.
A dinotare poi che il Vangelo fu pubblicato in tutte quattro le parti del mondo, sono delineati negli angoli esterni dei circoli predetti quattro figure per parte rappresentanti i quattro venti.
Nello spartimento di mezzo immediatamente avanti l’altare vi è un quadrato diviso in vari riparti e sopra di esso verso l’Altare medesimo è delineata una croce con raggi. In tutto il musaico veggonsi incorniciati pesci, colombe con rami d’ulivo ed altri animali giusta l’uso dei primi cristiani... .
(... Discute poi il valore dei simboli e l’opinione espressa nelle schede del Canonico di S.Gaudenzio Bartoli che il pavimento della Cattedrale fosse dedicato al sole osserva che doveva esaminare con maggior diligenza e criterio ambedue i pavimenti, quello del presbiterio e della nartece: avrebbe osservato che ambedue sono della medesima mano e corrispondonsi i disegni per conseguenza sono stati fatti in tempo nel quale la Città aveva già abbracciata la fede cristiana).

Pavimento della nartece ossia della nave.
Il pavimento di questa parte della Chiesa è assai mancante in più luoghi per la sua vetustà e va sempre più spegnendosi pel frequente muoversi di banchi in occasione delle funzioni.
Due gran circoli compongono la prima e terza di lui porzione essendo la parte di mezzo lavorata a quadratura acuta. Entro i circoli ed al di fuori del quadrato sono disposti all’intorno figure di bestie, alcune delle quali sono, a dir vero orribili: vi ha in alcun luogo anche qualche figura umana e di uccello.
I contorni e gli ornati sono bene disegnati.
Il disegno da me fatto esprime per intero tutto il mosaico tuttora esistente, che è di lunghezza Br ... e di larghezza Br ... - Veggasi la carta n. 2.
Nel primo circolo incominciando dalla porta della Chiesa scorgesi tuttora quasi interamente un cavallo marino - sopra il medesimo veggonsi le vestigia d’un uccello, cioè parte d’un ala e della coda e parte del collo colla testa e parte dell’ali e la coda d’un altro uccello.
Presso il cavallo facendo il giro intorno il predetto circolo leggesi la parola PISCI, poiché doveva qui essere espresso qualche pesce marino ora mancante. A questi succedeva altra bestia della quale rimangono ora soltanto le gambe anteriori. Leggesi immediatamente MARINO VITULUS nel modo espresso nella carta N. 3. (Primo circolo della porta) il quale vitello tuttora esiste. Leggesi in appresso DRACO, non Drago come ha fatto delineare il Canonico Bartoli, vedi Carta N. 5 di cui non rimane altro che il finale della coda attorcigliata. L’ultima bestia che rimane in questo circolo è un cane marino sebbene non siavi espressa la sua epigrafe, vedi le carte segnate N. 3.
Nel quadrato acuto di mezzo vi è delineato un drago, una chimera, altra bestia con testa di cane, con testa coronata di denti acuti. Dal collo del medesimo cane sortono altre quattro piccole teste di cani. In questo strano quadrato è stato fra gli altri rimesso un pezzo di mosaico rappresentante una mezza figura giovane vestita di tunica, intrecciato di colore vermiglio. Il capo è cinto dal nimbo con cui voglionsi fregiare i Santi. Presso il capo vi è un’S che potrebbe probabilmente interpretarsi Sanctus, ma terminando qui il pezzo rimesso nel pavimento restiamo al buio sulla significazione di questa figura. Vedi carta N. 4.
(... Discute poi l’opinioue del Canonico Bartoli che detta figura rappresentasse il Sole)... .
Questa parte di mosaico è talmente consumata che a primo aspetto non si può ben intendere se sia un esagono ovvero un quadrato acuto.
Il Canonico Bartoli che lo fece copiare cinquanta o sessanta anni or sono lo credette un esagono. Vedi carta N. 4.
Mostrandovi accurata diligenza si capisce che è un quadrato acuto.
Nel terzo circolo vi è delineato un uomo armato di spada e scudo in atto di investire un cignale, che si avventa contro in aperta campagna. Succede un leone che fuggendo si rivolge addietro osservando un leopardo che inseguendolo è già per atterarlo. Ambedue questi animali hanno la loro epigrafe: LEO - LEOPARDUS.
Parimenti vi è ivi rappresentato un cervo che fugge investito da due cani, uno dei quali coi denti gli afferra la coda.
Nella parte superiore vi è un uccello senza epigrafe.
Negli angoli dei circoli veggonsi delineati vasi, un minotauro con una donna nuda sedente su due grandi ali.
Nella carta sotto il N. 6 viene espresso il disegno dei circoli di questo mosaico della nave predetta fatto copiare dal Canonico Bartoli. Si ha però da osservare che gli animali non sono copiati fedelmente.
Il predetto mosaico è di lunghezza Br... e di larghezza Br... .

IV. BIANCHINI, Le cose rimarchevoli della Città di Novara.

Duomo.
... La porta principale del tempio è decorata esteriormente da due vetuste colonne di marmo con capitelli d’ordine indistinto: da due colonne sostenute s’erge al limitare una tribuna, che si sporge nell’interno da altre due superiormente sorretta, finiente in frontispizio: nello intercolonio inferiore avvi ancora la verga di ferro alla quale nelle solennità maggiori si appendeva un gran velo... .
A lato delle porte minori due scalette, una delle quali è ancora conservata, davano accesso al portico superiore, denominato il Matroneo ed alle due torri laterali al frontone della Basilica. Dal Matroneo, parte la più essenziale delle Basiliche tanto d’oriente che d’occidente, che con soddisfazione integro e nella sua originalità ancora si ammira, le sacre vergini, le matrone e le altre femmine assistevano alla celebrazione de’divini uffici, e sulla ritonda marmorea tavola nel medesimo collocata vi ponevano le loro oblazioni.
... L’interno scompartimento segue la figura di una croce latina, ha tre navate, una principale e due minori tre differenti generi d’architettura mostra nel suo insieme, l’antico, il gottico, stato nel secolo XV per rafforzare la fabbrica aggiunto ed il moderno: sostengono le navi laterali alcune colonne di marmo cipollino, ed altre di marmo africano con basi e capitelli informi e per fino di selce: nel pavimento si scorgono gli avanzi d’un fine mosaico, più ben conservato nell’elevato santuario, in cui maestrevolmente lavorati veggonsi gli emblemi de’quattro Evangelisti, e nel centro una croce di porfido. Otto cappelle state aggiunte dopo il sec.XI, tempo della istituzione de’particolari ecclesiastici beneficj, oltre dell’altare maggiore accrescono a questa cattedrale la sua decorazione.

Portico del paradiso, torre delle campane e case parrocchiali.
Un portico a quattro arcate di struttura gottica con colonne di granito isolate, posto a settentrione della basilica viene con antica denominazione appellato Paradiso, fecit atrium ante ecclesiam quod nos Romana consuetudine paradisum appellamus (° Macri Hierolexicon sive sacrum dictionarium verbo Paradisus). - Sotto di questo portico prima del 1364 si rendeva la ragione eravi non sono molti anni il marmo, sul quale salendo il tubatore del podestà bandiva le sentenze, ed ancora vi si conserva in oggi un vecchio capitello, che serviva di pietra per la giudiziale cessione de’beni (° Petri Azarii Chronicon): questo portico mette alle case dei parrochi e ad una torre quadrata finiente in bassa cupola coperta di rame, di vasi di sasso recentemente ornata.

V. BIANCHINI, Il Duomo e le scolture del Corpo di guardia.

II - Forma primiitva della Basilica.
La gentilesca Basilica esistente in Novara, che S.Gaudenzio primo Vescovo della Città convertiva poscia in Tempio cristiano, e che trovasi in oggi nella eguale situazione di allora, era composta di tre navate, la principale nel mezzo spaziosa con arcate più alte, le due laterali più ristrette colle volte più basse, e dalla mediana con filari di marmoree colonne divise sopra di queste un loggiato pure con colonne e balaustrata, che riceveva la luce da finestrelle arcuate.

IV. - Avanzi dell’antica Basilica civile o delubro nel Duomo.
Duole veramente il dovere le frequenti volte ascoltare le querele di certi visitatori di questo Tempio, agli occhi de’quali non presentandosi architettura ardita e sontuosa, né ornamenti ricchi ed abbaglianti, lo dicono rozzo e deforme, e fanno voti per la sua totale ricostruzione.
... Grandiose reliquie della vetusta gentilesca Basilica civile sono le tre navi, le marmoree colonne che dividono dalla mediana le navi minori, l’elevato Santuario ed i portici superiori, che dov’erano le vecchie cantorie con savio accorgimento vennero or ora alla forma primiera restituiti.
Documento poi dell’antichità di questo Tempio... si è la mancanza della confessione sotto dell altare maggiore...

V. - Mutamenti ed aggiunte della Basilica dal sec.quinto al sec.undecimo.
... Ai lati di mezzodì e di tramontana due porte sono state costrutte, le cimase delle quali rimangono ancora, sebbene in parte nascoste da fabbricati posti in ambo i lati a cavaliere della chiesa.
Per convocare il popolo alle notturne e diurne liturgie, non essendovi ancora il trovato delle campane, ne’fianchi della facciata del Tempio si ersero due torri... .
Il pavimento dello grande navata e del presbiterio, del secolo nono, fu lavorato a musaico.
Minacciando nel secolo decimoquinto, la Basilica, ruina ed introdottasi sino dal secolo undecimo l’usanza di moltiplicare nelle Chiese gli altari, alterossi sommamente il carattere e l’euritmia del Tempio: a varie delle colonne di marmo, rese della vetustà rovinose, altre del tutto deformi e di selce si surrogarono, il che mostra la miseria dei tempi di cotali restaurazioni per rafforzare la fabbrica intera, si costrussero nella nave mediana dei grossi pilastri, ne’quali alquante delle colonne delle navi minori s’inchiusero a quei pilastri, degli archi di stile tedesco, a sesto acuto, si sono imposti, e si fecero volte colle croci di S.Andrea.
Per queste innovazioni, venne la navata principale ristretta e colla apposizione degli organi, buona parte del portico superiore, denominato anche Matroneo, si ascose però i lati della Chiesa allargaronsi mercé della costruzione di varie cappelle. In proseguimento poi del pronao antistante alla porta maggiore, pur esso alterato da speroni a sostegno della fronte, si condusse con ruderi di colonne d’ogni sorta un atrio ignobile e rozzo di forma quadrata, onde transitare a coperto del Duomo al sepolcro di Ombrena Polla, divenuto battisterio, e la piazzetta a cimitero fu destinata.

IX. - Musaico del Presbiterio.
Tra gli avanzi che della venerevole sua antichità ancora la Basilica conserva, e non soggiacquero all’avverso destino di tanti altri monumenti per le mutazioni nella medesima dal secolo XI a questa parte accadute, primeggia il prezioso mosaico del pavimento del presbiterio, imperciocché quello della grande navata, il tempo e gli uomini hanno in totalità quasi distrutto...
Quello del nostro Duomo, che di marmo bianco e nero, e da alquante piastrelle di porfido e di serpentino è pur esso composto, sia per la estensione che presenta, sia per le figure simboliche delle quali abbonda, e sia per l’epoca lontana cui appartiene, è monumento insigne da gloriarsene qualunque illustre Città...
All’ingresso del presbiterio, l’antico musaico principia, che stendevasi sino all’abside, da cui la Basilica era dapprima conterminata.
In nove campi partito, conta braccia novaresi 22 di lunghezza, per 17 di larghezza una fascia dentellata lo bordeggia intorno, e l’un campo dall’altro divide.
Il primo campo, salendo a sinistra per la gradinata al prebisterio, di figura quadrilungo, vedesi in fondo nero, lavorato a foggia di una grata composta di anelli che si aggruppano quello di mezzo è compartito a croci bianche risultanti da intersecazioni di tanti cerchii uguali il terzo è lavorato come il primo, ma in fondo bianco nel centro del primo e del terzo campo avvi un quadrato di porfido ad indicare il sito di collocare i legii pel canto dell’epistola e dell’evangelio nella messa solenne, quello di mezzo, un tondo pure di porfido contiene, sul quale stava il diacono quando a’catecumenti leggeva la professione di fede, e poco sopra un’ampia croce di porfido anch’essa, ornata alle sue estremità di piastrelle di serpentino, si vede.
Conviene di credere, che nella età in cui questo pavimento venne formato, la legge di Costantino che proibiva di improntare nel suolo croci, onde l’augusto segno della Redenzione non si calpestasse, già fosse in disuso caduta a’sovra descitti tre campi, grottesche di fogliami di zucche e di lappola giran d’intorno.
Nella linea dentellata che separa i primi tre campi da quelli che si succedono, era un tempo la cancellata di ferro, a modo di quella che ancora nel presbiterio dell’Ambrogiana Basilica esiste: si rinvennero di fatto i pertugi in cui stavano le aste del cancello piantate, e per serbarne memoria, con due pietre quadrate il sito venne segnato.
De’tre successivi scompartimenti, quello di mezzo fu sempre nudo, imperocché venne lo spazio dal primitivo altare, che nella cappella di S.Agabio ancora si serba, occupato ed allorquando l’altro di rame dorato con colonne spirali ed ombracolo fu costruito, una parte della medaglia, rappresentante Adamo ed Eva è stata nascosta.
Una greca da figure simboliche interrotta ricinge i due quadrati esistenti in ambo i fianchi delle are distrutte negli angoli dei quadrati medesimi sono figurate le cornacchie ed i venti, circondate da fascie a dentelli emergono poscia le quatro medaglie, nelle quali gli alati animali simboleggianti gli Evangelisti sono rappresentati.
Terminava l’antico musaico coll’abside della Basilica mercé di due linee, l’una continua e l’altra spezzata i campi laterali erano in fondo bianco lavorati a croci nere, risultanti anch’esse da intersecazioni di cerchii: ma prolungato in oggi il presbiterio, l’abside antica scomparve con savio accorgimento però, mediante pezzetti di rosso marmo, il luogo del l’abside stessa viene indicato (1).
Conservossi il grande quadrato di mezzo, composto, egualmente da greca interrotta da figure simboliche con un rombo da semplici linee nere in fondo bianco formato, nel di cui centro una medaglia rappresenta Adamo ed Eva dappresso all’albero proibito, ed al cui tronco si avviticchia il maligno serpente: quei nostri progenitori mostrano di avere diggià contravvenuto al divino comando, dacché hanno di foglie recinti i lombi.
Dai quattro canti del rombo semplicemente delineati diramansi de’tondi nei quali sono effigiati degli omicciatoli versanti acqua dalle anfore, per significare i fiumi Geon, Phison, Tigris, ed Euphrates che circondavano il paradiso terrestre: qui il vetusto musaico finisce.

X. - figure simboliche del musaico.
... Ad indicare i quattro Evangelisti disegnaronsi i mistici animali alati...
Da vicino ai simboli degli evangelisti si dipinse la cornacchia... ed i venti stessi in atto di soffiare;... molte colombe furono egualmente delineate;... veggonsi anche dei pesci;... sono infine delle lepri inseguite dai cani e dai cacciatori...
Non è però ignoto il metodo usato dagli artefici nel delineare il musaico novarese: dessi in prima lo incisero sopra la tela incerata, la quale applicata sullo strato del preparato cemento, lasciava in questo l’impronta di quanto figurare si voleva, ma la tela ben non rispondeva al divisamento, imperocché la rete dei fili, per l’assorbita umidità, diffìcilmente la sua regolare disposizione conservare poteva, dal quale emergente accade, che le figure geometriche, nelle quali il nostro musaico è scompartito, non seguono una direzione perfettamente quadrata testimonii della nostra asserzione sono i pezzetti di tela che lo Artefice continuatore e restauratore del mosaico ha rinvenuti.

XI. - Proseguimento del musaico.
La edificazione del nuovo coro elittico importò la necessità di estendere l’opera musaica, tanto davante che di retro al sontuosissimo altare che venne or ora a finimento condotto.
Chiamato Giovanni Battista Avon da Solimbergo nella provincia di Udine, paese della Venezia, diede egli mano al lavoro, e con tanta maestria ed intelligenza, imitando l’antico, travagliò, che diffìcilmente il vecchio dal nuovo musaico distingui.
Allargò in prima di tutto il musaico antico con una fascia a scacchi ed a crocette nel voto campo, altra volta occupato da’demoliti altari, posto nel centro dell’opera tessulare, figurò l’artefice Avon una croce armena col mistico Agnello, e le sette lampade, e le ventiquattro corone dentate, dinotanti i seniori dell’Apocalisse negli angoli dell’esteso quadrato rappresentò quattro vasi colle spighe del frumento, ed all’ingiro pampini e grappoli, ad indicare il pane ed il vino, materia del Sagrificio della nuova legge.
Vicino al primo de’gradi del moderno altare raffigurossi nel mezzo il candelabro del tempio di Solima, con due aquile romane aventi negli artigli rami d’alloro, mercé de’quali segni dinotare si volle la distruzione della santa città dall’UomoDio predetta, e dalle romane legioni, sotto il comando di Tito Vespasiano, consumata spietatamente.
Negli scompartimenti laterali alla medaglia di Adamo ed Eva, gli anelli, le croci e le altre decorazioni ornamentali del vetusto musaico sono state imitate.
Ai fianchi dell’altare rappresentaronsi in due tondi il sagrificio di Abramo e di Noè uscito dall’arca, e nel centro del coro, a significare, la orazione e le quotidiane salmodie de’sacerdoti, un angelo si delineò con libro ed incensiere, e la eggenda: Dirigatur, Domine, oratio mea sicut incensum in conspectu tuo: le rimanenze della superficie elittica, di vasi rappresentanti le quattro stagioni, di stelle, di gruppi, di augelli e di fogliami diversi furono lavorate in ultimo ed a complemento dell’opera, mediante due linee, continuata l’una e l’altra spezzata, si è l’abside antica ripetuta... .


(1) Sono piccole tessere di marmo rosso nel mosaico tuttora riconoscibili. (Nota P. V.).

VI. RACCA, Del Duomo e del Battistero di Novara.

I. - Pagina 15-17.
Sia adunque (lo studioso) compiacente di visitare e verificherà se in realtà la corte quadrata, che sta davanti al Tempio Santo, da portici circondata non sia propriamente quell’area o claustro, dai latini chiamata atrio od impluvio, nel cui mezzo esisteva la Fiala... se gli stessi portici non siano veramente il Nartece esteriore, cogli intercolunni ancora chiusi da cancelli di muro, anticamente da grate di legno sormontati... Visiti e verifichi e troverà appunto come nelle più magnifiche Basiliche, eziandio nel Duomo nostro apresi l’accesso da tre porte sotto del Nartece esteriore... quindi vedrà l’intercolunnio della porta maggiore munito ancora di quella verga di ferro dai Basilicografi menzionata, cui nei giorni di solennità il gran velo si appendeva, ed entrando nella Chiesa ammirerà la bellissima tribuna a due ordini, che nell’interno si sporge, quasi separata dall’aula della Chiesa, sorretta da due grosse colonne...
Entrando poiché egli sia nell’interno... gli si presenteranno oggetti di devozione e santità... le sorprendenti gallerie che girano tutt’intorno alla Chiesa superiormente alle navi minori ed al pronao esteriore... la divisione dell’aula in tre navi, nella maggiore delle quali stavano in siti distinti gli altri tre ordini di penitenti, gli audienti cioè, i sostrati ed i genuflettenti e nelle minori gli uomini e le donne secondo il costume d’allora costantemente praticato, separati gli uomini, cioè nella meridionale e nella settentrionale le femmine (Cfr. il Manoscritto esistente nell’Archivio della Cattedrale: Ordo divinorum officiorum) la spiegata forma di una nave cotanto dai scrittori dimostrata, per cui nell’aula delle Chiese a raffigurazione della navicella di S.Pietro si discendeva all’ingresso per alcuni gradini, ed al Santuario si ascendeva per un’elevatezza corrispondente o maggiore (... I gradini di discesa scompariranno in parte nell’occasione che si farà il nuovo pavimento) lo scompartimento in vera croce... ed il Santuario posto all’oriente ... Mutata per nuove istituzioni nel lungo giro degli anni la disciplina ecclesiastica i portici esteriori del tempio... vennero destinati alle tumulazioni dei cadaveri. - Tale destinazione, o per meglio dire ostinatezza dei mortali di volere, che le loro spoglie giacessero nei recinti consacrati all’eterno, rendeva poco dignitoso, anzi poco decente l’ingresso alla casa del Signore, e perciò il sapiente Vescovo Bescapé nell’anno 1594 fece spianare la corte, onde in essa si interrassero le salme dei morti, e, ponendovi nel mezzo quella colonna di sasso colla croce che ancora sussiste, la consacrò al pubblico cimitero.
Questa saviissima disposizione non venne in seguito turbata e dall’ora in poi i portici suddetti furono sgombri affatto d’ogni sepoltura, ma la corte venne chiamata, come ancora oggidì si chiama, cimitero. Al presente ben dire si ponno questi portici un Museo di marmorei mausolei, di iscrizioni sacre e sepolcrali, non che di reliquie di sculture dei bassi tempi, le quali in parte vennero raccolte da quelle chiese che nei primi anni del secolo nostro furono chiuse... .
Nell’interno della Chiesa per quanto alle tre navi risguarda, ben pochi sono i mutamenti seguiti, poiché oltre alla costruzione delle sei Cappelle lungo le navi minori, che non alterò punto la primitiva struttura del tempio e fu la cagione soltanto per cui vennero chiuse le due porte laterali, altro di variato non avvi che quegli archi acuti sorretti da pilastroni nella nave di mezzo, i quali furono aggiunti per rinforzo ai preesistenti semicircolari circa la metà del secolo XV... .
La cupola che si eleva in quello spazio, ove la Chiesa si divide in croce... è quella stessa stata innalzata nella fondazione del Duomo...
Gli ornati che anticamente la fregiavano scomparvero dopo il 1680... In quel torno le braccia laterali del tempio la primitiva loro forma conservavano ancora. Il braccio sinistro da nessun altro ornamento era abbellito che dalle lapidi sepolcrali collocate alla memoria dei Canonici Archinto, Morbio, Bosio, Ponzone, e Della-Porta, che ora stanno raccolte sotto il pronao della Chiesa (Altri monumenti v’erano sparsi per la Chiesa, fra i quali per lavoro d’arte si distinguevano quelli di Francesco Caccia figlio di Ardicino, di Paolo Caccia, di Antonio M. Tornielli, di Lorenzo Gallarati e di Boniperti, tutti Canonici: ora sono sotto il detto pronao).
Il braccio destro nella vece aveva nello sfondo una porta che metteva all’episcopio con di sopra la Tribuna, donde i Vescovi ai sacri Misteri assistevano nei lati vi erano due altari, dei quali uno dedicato a S.Bartolomeo e l’altro ai tre Re Magi e di bellissimo compimento gli servivano i due grandiosi monumenti che ora del pari si ammirano sotto lo stesso pronao alla memoria innalzati dei beneficentissimi uomini Arcidiacono Langhi... ed Amico Canobio...
Avvegnaché quel piissimo vescovo di Pietro Martire Ponzone che questa diocesi reggeva sul finire del XV° secolo, per collocare le ossa del secondo Novarese Pastore S.Agabio in un altare più corrispondente alle sue glorie, il suo divisamento avesse esposto di ridurre in cappella il braccio sinistro, e di più per tant’opera precedesse coll’esempio offrendo non poco danaro, come si rinviene nei decreti della sua pastoral visita fatta nell’anno 1592 tuttavia egli si morì senza che fosse effettuato il suo bel pensiero. Tantoché la riduzione delle dette braccia in cappelle veramente maestose coi bellissimi altari, devesi alle pietose cure di due Vescovi del passato secolo...
Quella porzione della Basilica, che nelle rivoluzioni di tanti anni andò soggetta a mutamenti maggiori si è il Santuario, che anticamente Bema si appellava. Era in origine ristretto assai, ed il muro semicircolare che lo chiudeva, finiente in alto in una volta sferica, absida chiamato, terminava, come si verificò dalle vestigia rinvenute negli scavi fatti per il novo altare, appena dopo quello spazio di pavimento in cui veggonsi effigiate in mosaico le figure di Adamo e di Eva. Nel mezzo eravi 1’altare, e di dietro sorgeva la cattedra del Vescovo con in giro de’sacri ministri gli stalli, detti sintronos in greco, confessus in latino. Vuolsi che il primo unico altare fosse quella marmorea mensa sorretta da cinque colonnette, che si conserva fuori dei cancelli della cappella di S.Agabio, e del quale la seguente inscrizione la ricordanza tramanda ai posteri:
     Super - Altare - Hocce
     Pontifices - et - Presbyteri Prisci
     Sanctas - Novariensis - Ecclesiae
     Solemniter - Faciebant
La cerchia dell’Absida antica, aumentatosi il numero de’Canonici, rimase angusta di troppo, perché in essa eseguire si potessero con decoro e maestà le sacre funzioni, ed il Capitolo fece abbattere circa l’anno 1580 quel primitivo Coro, ed un altro più spazioso e di quadrata struttura erigere, che terminava in quelle linea, ove si addentella la curva di quello di recente costruzione. Nel bel mezzo sorgeva l’altare sotto l’arco, che il Presbitero del Coro divideva, e sebbene quasi tutto di legno ad intagli inaurati ei fosse costrutto, tuttavolta non mancava di certa quale splendidezza nei dì solenni, e quando di lastre d’argento veniva coperto, rappresentanti in rilievo le immagini degli Apostoli e degli Evangelisti. L’arco superiore era traversato da una trave lavorata a rabeschi e tutta d’oro adornata, sulla quale s’alzava sino alla volta un gran crocifisso, avanti al quale nelle solennità e nelle feste venivano accesi sette gran cerei di 200 oncie caduno, che accrescevano decorazione e lustro, allorché oltre a cento aumentavasi il numero delle lampade di illuminazione di prospetto al Santuario. Il Presbitero era chiuso da’cancelli di sasso con aste di ferro, i quali nel 1594 furono levati, e sostituita la balaustrata di marmo rossiccio che ancora esiste, in allora qualificata di Marmo finissimo e di forma insigne. In questo tempo fu lasciata nella sua integrità una piramide laterizia antichissima dell’altezza di più di dodici braccia novaresi, eretta nel Presbitero alla parte dell’Evangelo, nella quale era fama ne’tempi del Bescapé, che si riponesse il SS.Sacramento... .
... Piramidi di tal fatta innalzavansi nelle Chiese principali nei primi secoli del cristianesimo per collocare in alto il cereo pasquale, come ne fa apposito ricordo il Pelliccia parlando degli antichi usi cristiani.

VII. PARETO, Il Duomo di Novara.

P. 352.
La parte inferiore della facciata è un porticato. Nella superiore gira una galleria chiusa che mette in comunicazione le due gallerie o tribune laterali per le donne.
La facciata fu coperta da un intonaco, ma non lo era probabilmente all’epoca in cui fu edificata ... .

P. 351.
Vedemmo la tavola di quest’autore tedesco dal signor conte Edoardo Mella di Vercelli e potemmo riconoscervi qualche errore importante (Osten).
Le torri laterali vi si trovano assai più larghe di ciò che sono in realtà perché probabilmente, non avendo il disegnatore che la pianta del porticato anteriore e credendo vi poggiassero sopra credette non dover farle portare a falso. Le nostre sono adatte e la nostra pianta spiega chiaramente come non corrispondono a tutta l’arcata d’angolo del detto porticato.
Vedemmo pure dal prelodato conte Mella un taglio delle tribune che alquanto differisce dal nostro che rappresenta lo stato attuale delle cose.

VIII. Osten, Die Bauwerke ...

Planche XV.
Le portique occupe en entier le prémier plan de cette planche: il n’y a pas d’autres matériaux que des briques.

Coupe XVI.
La cathédrale est una Basilique a cinq nefs ayant una galerie qui dans un etat primitif laissait voir la toiture degagée au demi de la nef centrale et de nefs laterales
La costruction s’étant operée à l’aide de débris de monuments antiques et les chapiteaux corinthiens ne corrispondant point exactement avec les futs on peut en conclure que la Basilique est de meme date que la baptistère.

IX. A. RICCI, Storia dell’architettura.

[pag.100].
L’architettura della basilica principale novarese, misera anzichenò, è un chiaro esempio della diligenza che si aveva a quei dì che niuna chiesa mancasse di alcuna di quelle parti che per diretto o per indiretto sono al tutto proprie dell’indole e dello scopo dei templi cristiani.
La sua struttura presenta degli archi circolari senza trabeazione delle colonne isolate e delle finestre basse.
... sono altresì manifesti in lei alcuni restauri parte dell’ottavo secolo, parte del XV.

X. J. DURAND, Les pavés-mosaiques.

La Cathédral de cette ville est un monument dont une moitié, encore ancienne, a beaucoup d’analogie avec l’église Saint Ambroise de Milan ainsi, elle est précédée d’un atrium et les arcades de la nef sont surmontées de galeries avec cette particularité, toutefois, qu’elles se rejoignent en bas, au-dessus de la porte d’entrée.
Le transept et le choeur sont moderneS.Tout le sol de cette église est couvert d’un pavé en mosaique de l’espèce que je viens de désigner ... .
Au-devant de ces sujets et à l’entrée du choeur, on voit une croix dont les quatre branches, égales et en porphyre, sont terminées par des ronds en verre antique, e qui est traversée par un X de même matière.
Le transept est occupé par un cercle formé par un serpent qui se mord la queue et qui contient le monogramme du Christ, accompagné par l’alpha et de l’oméga. Au-dessous, des ornements s’enlancent entre deux vases d’où sortent des flammes rouges.
Tout le sol de la nef est couvert par trois immenses cercles, contenant: le premier, un pélican dont les petits boivent le sang qui coule de l’ouverture qu’il se fait aux entrailles: le second, un autre oiseau ressemblant assez à un aigle qui combat un serpent et le troisième, un phénix dans le feu.
Au-dessus du phénix est le soleil figuré par un visage entouré d’un cercle rayonnant. Indépendamment de ce que je viens de décrire, il y a un foule de détail, comme torsades greques, poissons, animaux chimériques, vases, plantes, fleurs, oiseaux, losanges, carrés, paons, ceps de vignes, etc.
Enfin, tout en bas de la nef sur le seuil de la porte, on lit cette inscription tracée en grandes lettres:
     XIHIHHHΔΔΔΠII
C’est peut-être une millésime très-moderne, 1838 par exemple, qu’on se serait amusé à faire en lettre grecques, supposition qui m’est suggérée par le bon état et la parfaite conservation de ce morceau qui, s’il était ancièn, devrait être usé, exposé comme il c’est au frottement des pieds de ceux qui entrent dans l’eglise.
Le même observation, du reste, doit s’appliquer à tout le pavé de le nef, qui a dû être refait en entièr resterait à savoir jusqu’à quel point on a copié au imité le pavé précédent.
Le pavé du choeur a sans doute èté retouché aussi. Mais moins cependant, aisi que le prouvent ces iscriptions.
Ajoutous que le reste de l’église, bas-côtés et chapelles, est pavé également en mosaïques mais du moins, sauf un fragment dans une chapelle où l’on voit un cerf et peut-étre un autre dans la sacristie, celles - ci sont bien évidemment modernes: le style des ornements l’indique suffisamment, et j’y ai vu, moi-même, travailler en 1838.

XI. Mothes, Die Baukunst des mittelalters.

[Pag. 281-282].
Kurz nach 726 wurde der Dom von Novara, der unter Ariwald arianisirt worden war, rekatolisirt, wobei die 0rientirung umgekehrt worden zu sein scheint, wenn dies nicht schon unter Gaudentius geschehen war, da das Baptisterium der Westseite gegenüber liegt und den Eingang im Osten hat. (Nach Racca. Ill. d. Duomo e del batt. di Novara 1837.
Danach ist das S.71 Gesagte zu ergänzen das S.133 Gesagte zu berichigen.
Weder oster noch Hubsch erwahnen die orientirung).
Die an der Innenseite des Ietzigen Haupteinganges stehende Loggia mag der Rest des alten Ciborium sein.
An Stelle des fruheren Vorhalle, also am Ostende des Schiffes, wurde ein Querschiff mit Vierungs kuppel angelegt und uber den inneren Seitenschiffen Emporen aufgebracht: doch könnte das auch 917 geschehen sein, wo Berengar dem Bischof Dagobert reiche Stiftungen für die Kirche übergab. Iedenfalls gehören vierungskuppel und Emporen, nach den wenigen Theilen, welche die, spateren Reparaturen verschont haben, weder der Zeit um 390, noch den Bauten von 1020 un 1124 an. Die Verstärkung der Pfeiler, welche die Arkanden in gruppen theilen (erst 3 Bogen, dann 2, dann wieder 3), zu der an Sta. Prassede erinnerernden Form, mögte man eher der Zeit un 917, als der um 730 zuschreiben und damit villeicht, auch die Emporen, an denen sich nicht die unteren Säulenstellungen wiederholen (wie Hübsch Taf. LIV falschlisch zeichnet. Vgl Osten a. a. O. S.96 u. Taf. 14 ff) Sondern welche sich... nach dem Mittelschiff zu in grossen Bögen zwischen jenen Pfeilern öffnen.
Die Vierungs kuppel hat zwar im 15 Jahrh neue Decorationen erhalten, lässt aber die ursprungliche, der in S.Agostino zu Spoleto sehr ähnliche, Form noch erkennen.
Dem Umbau von 1020 gehört die Ueberwolbung der schiffe an, also anch die Verbindung der Pfeiler durch Quergurte (ob diese in sehr stumpfen Spitzbogen gewolbten Gurte schon 1020 oder 1124 diese Form erhielten, lasse ich dahingestellt) ferner Sammtliche würfel kapitäle des Innern, welche scharf eingesetze Scheiben und Kampfer würfel haben, dem Bau des Bischofs Litifred von 1124 aber der Hof, sowie die Vorhalle, kurz alle Theile, deren Säulen keine Füsse un stumpfe Wülfer capitäle ohne Kampfer wurfel haben (Bianchini, Guida di Novara, 1828) dem Bau um 730 dagegen die Thürme und der über der vorhalle aufragende Giebel.

XII. FASSÒ, Del Duomo...

S’immagini il lettore di collocarsi a pochi passi davanti all’ingresso del Battistero (che tuttora sussiste nella sua integrità) e di rivolgersi verso levante e tosto ... rammenterà il portico corrente sui tre lati del cortile sacro nel cui mezzo ergevasi una colonna sormontata dalla croce eretta dal vescovo Bescapé nel 1594.
Rammenterà la gran facciata rettangolare col portico terreno in 7 luci, ad arcate semi-circolari poggianti sui capitelli in aggetto, portati pur essi da semi-colonne addossate a pilastrate, la cui pianta formava un quadrato disposto per diagonale: verso il cortile siffatti pilastri erano rinforzati da speroni in muratura a sezione quadra a guisa di barbacani i due centrali più grossi salivano solo alla fascia sopra le arcate, mentre gli altri sei si protraevano fino al tetto in modo che la parte superiore al portico era divisa in cinque campi dai detti pilastri, rimanendo il campo centrale, assai più largo dei laterali, a testimoniare l’ordinamento delle vecchie decorazioni prima che si facesse quel rappezzo.
Malgrado tali speroni assai sporgenti risaltava tuttavia la disposizione della decorazione superiore alle arcate divisa in due zone orizzontali, quella superiore ad archeggiature su alti piedritti con interposte finestrelle semi-circolari, e quella inferiore con fascia a risalti o denticoli sopra le arcate, e due ordini di archetti, restando più ricco quello di mezzo per il maggior campo da decorare, ed intersecati verticalmente da semi-colonnette sulle mezzerie delle arcate e finestre.
Tanto alla zona superiore che alla inferiore corrispondevano internamente due gallerie sovrapposte al portico, come si vede dallo spaccato della tavola III. - L’assenza di corniciature alla sommità della facciata farebbe supporre un ristauro ed un alzamento del tetto, probabilmente avvenuto quando si costruirono gli speroni e quando venne aperto il finestrone semi-circolare.
Sul muro che divideva il portico antistante e gallerie sovrapposte dalla Chiesa si ergeva il frontone coll’archeggiatura sui due lati rampanti a peduccio verticale, e nel timpano eravi aperto il gran finestrone in tre scomparti formanti un semi-circolo.
Al vertice del frontone stava un archetto di marmo che portava scolpita nel mezzo la croce di consacrazione inscritta nel circolo e che terminava alle due estremità in due teste umane, con la scritta: De ligno ve: crucis in lettere onciali.
Questo frammento venne riposto al vertice del frontone attuale sotto la galleria. Completavano la facciata le due torre laterali di forma rettangolare col fianco minore verso la facciata, aventi le archeggiature alla sommità sotto le gronde e le finestrelle bifore pure semi-circolari.
Infine per l’osservatore a distanza, il Tempio vedevasi pure sormontato da cupola ottagona (segnata sulla facciata della tavola III, con tetto a piramide ed illuminata da lanterna al vertice.
Penetriamo ora nell’interno, e colla scorta della tav. II, noi vediamo l’ordinamento designato dalla facciata tradursi in fatto: quindi una grande nave centrale e due minori per cadun lato: quella di mezzo corrispondente alle tre arcate centrali del portico esterno, le altre minori a caduna delle rimanenti arcate.
La nave maggiore nel senso della lunghezza era divisa in tre scomparti, due eguali ed estremi e l’intermedio di minore grandezza.
I rinfianchi o speroni della facciata si ritrovano di nuovo nell’interno, tanto addossati ai pilastri maggiori della navata, quanto ai pilastri della cupola: siffatte aggiunte davano all’interno un aspetto poco grazioso e siccome restringevano la larghezza della nave devono avere suggerito al ristauratore l’idea di impostarvi gli arconi a sesto acuto per non abbassarli di troppo col pien centro che doveva essere la forma dei costoloni più antichi tale circostanza faceva dire a qualcuno meno istruito che la parte antica del monumento fosse di architettura gotica.
Tre volte a crociera con costoloni coprivano la nave maggiore. Le due navi laterali alla maggiore erano divise in altezza da gallerie che correvano a livello di quella soprastante al portico esteriore, colla quale erano altresì in comunicazione.
Siffatte gallerie, dette anche matronei dall’uso cui servivano nei primi tempi, erano sostenute da volte poggiate ai pilastroni della nave maggiore, a colonne isolate ed interposte ai suddetti, non che ai pilastri formati da colonne addossate e dividenti le navi intermedie dalle due estreme.
Anche le gallerie superiori prospettavano verso la nave maggiore per arcate sostenute da colonne con capitelli di marmo e decorate da parapetti.
In fondo alla nave maggiore al disopra della porta centrale vedevasi eretta una tribuna sostenuta da due colonne marmoree e coperta da baldacchino a frontone, parimenti sostenuto da due colonne isolate: questa tribuna era praticabile dalla galleria sopra il portico - la tavola IV, offre un’idea abbastanza chiara di questa costruzione, sebbene non esattissima, dell’ultimo stato di cose che fu quello che precedette la demolizione.
I capitelli delle colonne sostenenti il baldacchino trovansi tuttora sovra due colonne allo sbocco del corridoio che unisce la Canonica all’Episcopio.
Le due navi estreme trovansi scompartite in cappelle, come lo indica la pianta generale, oltre alla poca parte che di esse occupavano le due torri: sul lato di settentrione, cioè verso la piazza, le cappelle avevano maggior sfondo che non fosse la larghezza della nave estrema: la maggior sporgenza di queste cappelle verso la piazza s’allineava con un portico pubblico decorante la piazza la porzione di questo portico verso levante, in quattro grandi arcate a sesto acuto poggianti su colonne ottagone, con volte a costoloni, chiamavasi il portico del paradiso: al disopra delle arcate vedevasi verso piazza un fregio di terra cotta bellissimo e che meritava d’essere rimosso e conservato altrove.
Al lato di mezzodì del Duomo trovasi addossato il grandioso scalone del palazzo vescovile, la cui costruzione datava soltanto dallo scorso secolo.
In corrispondenza alla cupola ottagona esistevano le cosidette braccia della croce latina alla qual forma volevasi già fin dallo scorso secolo ridurre tutto il tempio: due grandi cappelle laterali alla cupola, disegnate e costrutte dal conte Alfieri, erano coperte da volte a tazza: i due grandiosi altari di S.Lorenzo e di S.Agabio che vi stavano di fronte furono collocati in capo alle due navate laterali del Duomo attuale.
Il pavimento della navata maggiore era a mosaico antico come quello del presbiterio, nella maggior parte guasto, rappezzato e rimodernato quello del presbiterio si conserva tuttora pressoché intatto.
Il disegno predominante della nave antica era quello dei circoli intrecciantisi: un pezzo di tal pavimento vedesi incrostato sul muro del Collegio Gallarini verso la via Dominioni, con altri frammenti di decorazione scultoria dello stesso tempio...
Come si disse dapprincipio, nella distruzione del tempio si ebbero a scoprire le forme anteriori al XVII secolo e cominciando dalla cupola, non fu senza interesse l’avervi trovate immurate le gallerie di 3 archetti per ogni lato dell’ottagono, con due colonnette di sasso e colla finestra nell’archetto di mezzo pur essa arcata a semicircolo.
Uno dei capitelli di dette colonnette si potè conservare intero e vedesi tuttora posto sopra una colonna al piede della scala della Curia Vescovile.
Questo capitellino presenta la forma cubica per metà della sua altezza con caulicoli rudimentali racchiudenti un segno simbolico diverso per ogni faccia, e nella parte inferiore mediante due ordini di foglie stecchite, esili ed uguali viene raccordata la forma quadrata superiore col sommoscapo circolare della colennetta.
Negli spigoli tra le faccie del tamburo della Cupola eravi uno sporto o lesena sporgente che inquadrava ciascuna faccia, e superiormente vi correva il solito ordine d’archetti come nella parte superiore della facciata. Qualche indizio si ebbe pure del coprimento dei pennacchi, cioè del triangolo rampante o dell’emisfero, ma più probabilmente del primo, perché s’accordava cogli archetti interni sovvraposti e crescenti che costituivano il pennacchio.
La cupola cosi restituita dalle misure rilevate vedesi rappresentata nella tavola Va dove è parimenti raffigurato il frontone della facciata secondo il disegno datone dal succitato Federico Osten.
Molte analogia si scorge tra questa Cupola e quella della Basilica di S.Michele Maggiore di Pavia: a differenza che in quest’ultima vi ha una seconda galleria soprastante a quella delle finestre.
Nei quattro pilastroni della cupola si rinvennero parimenti le forme dei preesistenti come si veggono nelle figure qui di contro, cioè il primo pel pilastro verso il prebisterio ed il secondo per quello verso la navata: il diverso tratteggio distingue la parte interna da quella appiccicata al contorno.
Secondo il Bianchini queste opere di rivestimento dei pilastroni, e dei nuovi arconi, con stile architettonico ben diverso dal precedente, si fecero nel secolo XV: anche nei pilastri d’angolo delle due braccia della croce si rinvennero le sezioni interne, come nei centrali, e ciò proverebbe che le due braccia non furono fabbricate di pianta dal conte Benedetto Alferi nel secolo scorso, ma bensì soltanto da lui ridotte a cappelle colla costruzione delle tazze e colla riforma della decorazione architettonica secondo lo stile predominante già nel precedente restauro dei pilastroni della Cupola.
Medesimamente nella nave maggiore si rinvennero le sezioni interne, come si scorge dalla qui unita figura dello scomparto medio.
Tutti questi elementi icnografici concordano colla struttura verticale e colla decorazione ad archi della facciata e dei fianchi, in quel poco che si rinvenne di conservato dietro le fabbriche addossate al Duomo posteriormente, per assegnare a questo monumento il VII o l'VIII secolo.